Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Esperienze oltre confine (di Gabriella Di Paolo, Professoressa ordinaria di Diritto processuale penale – Università degli Studi di Trento)


L'Autrice traccia una panoramica sullo stato dell'arte della giustizia riparativa in alcuni Paesi europei.

Foreign experiences

The author gives an overview of the state of the art of restorative justice in some European countries.

SOMMARIO:

1. Premesse di metodo: cosa cercare e dove cercarlo - 2. Il paradigma della giustizia riparativa nell’esperienza francese - 3. La giustizia riparativa nell’ordinamento spagnolo - 4. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Premesse di metodo: cosa cercare e dove cercarlo

“Esperienze oltre confine”: un titolo ambizioso per una trattazione necessariamente sintetica, ma al contempo utile a cogliere la ricaduta delle numerose fonti internazionali e sovranazionali nei sistemi di altri Paesi.

Prima di provare a guardare verso un orizzonte così vasto e impegnativo, si rendono necessarie alcune premesse di carattere metodologico. Nel volgere lo sguardo “oltre confine”, per ricostruire, sia pure per cenni, le esperienze straniere in materia di giustizia riparativa, è inevitabile sciogliere preliminarmente due nodi problematici, comuni a tutti gli studi di diritto comparato. Occorre chiarire, infatti, qual è l’oggetto specifico della ricerca (“cosa cercare”) e verso quali ordinamenti orientare l’indagine (“dove cercare”).

Quanto alla prima questione (“cosa cercare”), va da sé che la verifica sulla realizzazione del paradigma riparativo in altri ordinamenti esige anzitutto un ambito definitorio, perché sotto l’etichetta “giustizia riparativa” o restorative justice [1] possono ricondursi realtà multiformi, tanto che non si riscontra unanimità di vedute su questo concetto [2].

È peraltro vero che le fonti sovranazionali e internazionali hanno consentito di elaborare una sorta di “grammatica minima” della restorative justice (RJ), di cui si è avvalso anche il legislatore delegato nell’art. 42 del d.lgs. n. 150/20022. In tale disposizione si è infatti chiarito che per “giustizia riparativa” si intende «ogni programma che consente alla vittima del reato, alla persona indicata come autore dell’offesa e ad altri soggetti della comunità, di partecipare, liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore» e che per “esito riparativo” deve intendersi «qualunque accordo, risultante da programmi di giustizia riparativa, volto alla riparazione dell’offesa e idoneo a rappresentare l’avvenuto riconoscimento reciproco e la possibilità di ricostituire la relazione tra i partecipanti».

Ebbene, da tali definizioni normative emerge nitidamente come il legislatore delegato abbia optato per il c.d. “modello olistico” di giustizia riparativa [3], ossia un modello basato sull’idea di una possibile ricomposizione del conflitto generato dal reato anche nella sua componente emotiva, per il tramite dell’ascolto reciproco e del riconoscimento dell’altro. A questo stesso modello è quindi parso opportuno fare riferimento nell’analisi delle esperienze straniere, ai fini del presente contributo.

Rispetto alla seconda questione (“dove cercare”), la pressante necessità di delimitare l’ambito della ricerca si è posta in quanto gli studi diritto comparato [4] e l’Handbook on restorative justice programmes recentemente pubblicato dalle Nazioni Unite [5] hanno reso evidente che non c’è continente, nel nostro pianeta, in cui non siano emerse forme di giustizia riparativa. Senza alcuna pretesa di esaustività, si spazia dalla giustizia indigena dell’America latina o dell’Australia, alle commissioni di verità e riconciliazione del Sudafrica [6], passando per le esperienze di quei Paesi che vivono grandi conflitti politico-sociali come guerre civili e terrorismo (in Africa e nel sud America), per giungere, infine, alle esperienze maturate nel nord America e negli altri Paesi di common law, nonché alle sperimentazioni avviate in seno all’Eu­ropa continentale.

Insomma, la restorative justice offre un “modello di risposta al reato” flessibile, che può essere adattato ai vari sistemi giuridici e ai diversi contesto socio-culturali in cui si inserisce, e che, proprio in virtù di tale duttilità, ha assunto, a seguito della sua “istituzionalizzazione” in ambito penale, le forme più varie, tanto da resistere ad ogni tentativo di generalizzazione.

I programmi di giustizia riparativa esistenti nel mondo variano infatti notevolmente da Paese a Paese, sotto molteplici profili, ad esempio:

-   per le formalità da seguire per innescarli;

-   per gli obiettivi perseguiti;

-   per il rapporto di tali programmi con il procedimento penale, in quanto talvolta essi “intersecano” il processo penale, altre volte si svolgono in modo del tutto indipendente da esso.

Ulteriori fattori di differenziazione sono dati, tra l’altro:

-   dalla misura in cui è ammessa la partecipazione a tali programmi degli operatori della giustizia (difensori, pubblico ministero, giudice);

-   dalla titolarità (pubblica o privata) dei servizi di giustizia riparativa, talvolta gestiti da strutture pubbliche, altre volte da associazioni non governative.

Infine, e soprattutto, i programmi di restorative justice offerti dai vari Paesi sono estremamente diversificati per contenuto: ad esempio, nella Guida metodologica sulla giustizia riparativa elaborata dal Ministero della giustizia francese nel 2020 [7] sono individuati ben sette tipi di programmi di giustizia riparativa praticabili in Francia [8], anche se alla fine, secondo il già citato Handbook on restorative justice programmes, le pratiche maggiormente diffuse nel mondo sono essenzialmente tre.

Anzitutto, la Victim Offender Mediation di matrice anglosassone (VOM), ossia la mediazione, basata su incontri tra la vittima e l’autore del reato.

In secondo luogo, le cosiddette “conferenze” (restorative conferencing), che si differenziano dalla VOM perché negli incontri vengono coinvolti anche soggetti diversi da quelli menzionati (ad esempio, familiari o amici dell’autore del reato e della vittima, rappresentanti della comunità etc.).

Infine, i cosiddetti “circoli” (circles), che derivano dalla tradizione degli indigeni del Nord America e sono stati adattati in ambito penale per varie finalità: ad esempio, possono venire impiegati nella fase del sentencing, per individuare la pena da ritenersi più congrua; per aiutare i detenuti, a fine pena, a reintegrarsi nella società e in famiglia; per gestire casi di conflitti tra gruppi sociali, all’interno di uno Stato o di un’altra realtà territoriale, oppure per gestire hate crimes e così via.

Premesso questo ampio e variegato ventaglio di forme di giustizia riparativa, e data l’impossibilità di svolgere – evocando il titolo dell’importante analisi comparata di Richard Vogler [9]a world view of restorative justice, ai fini del presente contributo si è scelto di concentrare l’attenzione sulle esperienze specifiche di due Paesi, ossia la Francia e la Spagna. In quanto Stati membri dell’Unione europea, al pari dell’Italia, entrambi si sono dovuti confrontare (con esiti, come vedremo, piuttosto diversi) con gli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione Europea, in particolar modo dalla direttiva 2012/29/UE del Parlamento e del Consiglio sulla tutela della vittima di reato [10], la quale può essere senz’altro considerata un importante “vettore” per la giustizia riparativa nell’ambito della c.d. “piccola Europa”.

Di tali ordinamenti si cercherà di tratteggiare – senza pretesa alcuna di esaustività – tanto il quadro normativo di riferimento, quanto le prassi emerse al di là (e indipendentemente) dalle previsioni legislative. Come un fiume carsico che scorre sotterraneo, per lungo tempo, frammenti di restorative justice hanno infatti trovato terreno fertile, pure in assenza di una disciplina organica, in quelle norme che ne valorizzano indirettamente gli esiti (i c.d. “istituti ospiti” [11]), per riemergere con forza in superficie solo di recente, a seguito delle riforme indotte negli Stati contraenti proprio dalla direttiva 2012/29/UE.


2. Il paradigma della giustizia riparativa nell’esperienza francese

Per quanto riguarda la Francia, forme di giustizia riparativa (in particolare, la mediazione) sono state sperimentate nella prassi già dagli anni Ottanta, molto prima che tale istituto trovasse un concreto riconoscimento normativo [12]. Ciò è stato possibile grazie all’ampia discrezionalità di cui gode il pubblico ministero francese nell’esercizio dell’azione penale.

Nel contesto francese, infatti, la mediazione rappresenta anzitutto una delle alternative all’azione penale (precisamente uno dei casi di quella che viene indicata come la “terza via” (troisième voie) o “archiviazione condizionata”). Essa ha trovato una compiuta disciplina dapprima nell’art. 41 c.p.p., così come modificato nel 1993 (al fine di prevedere genericamente, in capo al pubblico ministero, il potere di offrire, alla vittima e all’autore del reato, un percorso di mediazione) [13] e poi, nel 2004, nell’art. 41-1 c.p.p. (quando con la l. n. 99-515 è stata dettata una disciplina molto articolata delle soluzioni alternative all’azione penale, prevedendone in dettaglio le modalità applicative) [14].

In questa sede non è possibile approfondire l’argomento, ma è sufficiente ricordare che quest’ultima norma consente al pubblico ministero di sospendere l’esercizio dell’azione penale se ritiene che la misura proposta sia in grado di assicurare la riparazione del danno, oppure la cessazione del turbamento sociale provocato dal reato oppure, ancora, sia in grado di contribuire alla risocializzazione del reo.

Quanto all’ambito applicativo della mediazione quale “terza via”, va sottolineato che non sono previste limitazioni di tipo oggettivo, in base al tipo di reato per cui si procede, con l’eccezione, dal 2014, dei reati di violenza familiare. In relazione a tali reati, si è espressamente previsto che il percorso di mediazione possa essere attivato solo su richiesta della vittima. Inoltre, se dopo la mediazione le violenze si ripetono, non sarà possibile procedere a un’ulteriore mediazione e, salvo circostanze particolari, il pubblico ministero avvierà una “composizione penale” (composition pénal) o eserciterà l’azione penale. Dal 2020, infine, la possibilità di mediazione è radicalmente esclusa in caso di violenze all’interno della coppia [15].

Peraltro, sempre dal 2004, il ventaglio delle misure riparative che possono essere proposte dal procuratore ai sensi dell’art. 41-1 c.p.p. è stato decisamente ampliato, in quanto, a fianco della mediazione (art. 41-1, n. 5) – che resta la misura di justice restaurative in assoluto prevalente nella prassi, oltre che l’unica basata su un incontro tra la vittima e l’autore del reato – sono state previste altre misure, e precisamente: l’ammonimento penale, cioè l’invito formale al rispetto della legge (n. 1); l’invio dell’indagato a una struttura sanitaria, sociale o professionale, con obbligo di frequenza di corsi di formazione o di responsabilizzazione (n. 2); la richiesta all’indagato di regolare la propria posizione (n. 3) o di risarcire il danno causato (n. 4). La gamma delle misure adottabili è stata ulteriormente ampliata con varie interpolazioni successive al 2019, che hanno via via aggiunto anche la richiesta all’autore dei reato di non frequentare determinati luoghi (n. 7), la richiesta all’indagato di non incontrare la vittima (n. 8) o eventuali corresponsabili o complici (n. 9), la richiesta di versare un “contributo di cittadinanza” a favore di associazioni per il sostegno delle vittime (n. 10) oppure, in caso di reati commessi ai danni dei Comuni, la richiesta di rispondere alla proposta di transazione proveniente dal Sindaco [16]. Si tratta, all’evidenza, di misure che nulla hanno a che fare con il c.d. approccio puro od olistico, connotato dall’incontro tra le parti e il riconoscimento reciproco, in vista della ricostruzione della ricostruzione della relazione lacerata dal reato.

Va infine sottolineato – ed è questo forse uno degli aspetti più critici dell’istituto in esame – che il protagonista della mediazione quale “terza via“ è il procuratore della Repubblica titolare dell’azione penale: è lui che decide l’avvio del percorso di giustizia riparativa ex art. 41-1 c.p.p., e la norma richiede, tra l’altro, quale condizione legittimante, il solo consenso della vittima, essendo caduto, dal 2010, il riferimento iniziale all’accordo delle parti [17]. Il procuratore conserva l’ultima parola anche sull’esito della mediazione e in relazione all’incidenza di tale esito sull’archiviazione del caso: infatti, in caso di esito positivo, il procuratore può decidere, discrezionalmente, di esercitare comunque l’azione penale [18]. Per la delicatezza di tali poteri, sono previsti oneri informativi nei confronti dell’indagato, che verosimilmente sarà poco incoraggiato ad impegnarsi in percorsi di mediazione avendo sul capo, qualunque sia il loro esito, la spada di Damocle dell’esercizio dell’azione penale.

Profili di criticità sono stati rilevati, per concludere, anche rispetto alle garanzie dell’accusato: da un lato per la presenza solo eventuale del difensore durante l’incontro mediativo [19]; dall’altro lato, e soprattutto, perché il dovere di riservatezza in capo ai “mediatori del procuratore” sembrerebbe valere soltanto nei confronti di soggetti terzi, ma non nei confronti del parquet, con conseguente rischio di utilizzo, contra reum, degli elementi emersi nella “conca” della mediazione [20].

Nel contesto del presente contributo non appare necessario soffermarsi ulteriormente sull’istituto della mediazione su invito del procuratore ai sensi dell’art. 41-1 c.p.p., se non per rimarcare che la disposizione in discorso ha rappresentato, fino al 2014, l’unica “apertura normativa” a percorsi di justice restaurative per adulti. L’assenza di norme in grado di promuoverla espressamente ha determinato un ricorso estremamente ridotto alla giustizia riparativa, limitato tendenzialmente alla sola mediazione [21] e a reati di lieve entità, e per di più innestato nella fase preliminare del procedimento penale (le enquêtes prèliminaires, prima della decisione del procureur sull’azione penale), in funzione di diversion [22].

Questa marginalità della mediazione risulta confermata dalle statistiche antecedenti alla riforma del 2014, le quali hanno evidenziato come il ricorso a tale istituto fosse limitato all’1,5% dei casi, peraltro con un andamento decrescente del numero di mediazioni attivate a favore di altervatives aux poursuite meno dispendiose in termini di tempo e risorse (come l’archivizione secca o la composition pénal) [23].

Come anticipato, il quadro normativo francese è cambiato in maniera significativa dopo 2014, in conseguenza della l. n. 896 del 15 agosto 2014, la cosiddetta Loi Toubira, che dando attuazione – tra l’altro – alla direttiva 2012/29 UE sulla protezione e assistenza delle vittime di reato, ha inserito nelle disposizioni preliminari al codice di procedura penale un nuovo articolo, l’articolo 10-1, interamente dedicato alla giustizia riparativa. Tale disposizione garantisce sostanzialmente alla vittima e all’autore del reato che abbia riconosciuto il fatto (elemento, quest’ultimo, di grande rilievo sistematico), la possibilità di essere inviati a una misura di giustizia riparativa, in tutti i procedimenti penali e in ogni stato e grado del procedimento, anche nella fase dell’esecuzione della pena [24]. Sempre la stessa legge ha previsto pregnanti oneri informativi nei confronti della vittima, in relazione al suo diritto ad accedere a misure di giustizia riparativa [25], e si è altresì sancito che la riparazione del pregiudizio cagionato dal reato, sotto forma di risarcimento del danno o di «una misura di giustizia riparativa», venga inserita tra i diritti riconosciuti alla vittima nel corso dell’esecuzione della pena ai sensi dell’art 707 c.p.p.

Tali innovazioni hanno aperto nuovi, importanti spazi per la valorizzazione di forme la giustizia riparativa, permettendo altresì di superare le criticità insite nella mediazione attivata dal procuratore ai sensi dell’art. 41-1 c.p.p.

La Loi Toubira sembra infatti aver allineato il sistema francese ai principi sanciti dalle fonti internazionali e sovranazionali, in quanto essa sancisce, da un lato, che il consenso espresso e informato di vittima ed autore del reato costituisca il presupposto imprescindibile per l’avvio di misure riparative; dall’altro lato, che queste ultime siano gestite da un soggetto terzo e imparziale, adeguatamente formato, sotto il controllo dell’autorità giudiziaria o dell’amministrazione penitenziaria. Si stabilisce altresì (profilo estremamente importante), il carattere confidenziale delle misure riparative, con conseguente “impermeabilità” del procedimento penale rispetto a quanto emerge nel corso del programma riparativo. Infine, e soprattutto, l’introduzione dell’art. 10-1 ha contribuito a dare un nuovo, vigoroso slancio al movimento per lo sviluppo della restorative justice in Francia, poiché essa segna un punto di svolta in relazione ai rapporti tra giustizia riparativa e giustizia punitiva tradizionale: da strumento alternativo (di diversion, da innestare preliminarmente alle decisioni dell’azione penale), il paradigma riparativo viene elevato a strumento autonomo e complementare alla risposta penale “classica”, innestabile, ove possibile, in ogni segmento del procedimento penale (anche in fase esecutiva) e finalizzato ad aiutare la vittima a “ricostruirsi”, a responsabilizzare l’autore del reato circa le conseguenze del suo comportamento e a favorire il ripristino della pace sociale [26]. Riemerge con forza, dunque, quella dimensione “relazionale” e “curativa” che connota il c.d. modello “puro” od “olistico” di giustizia riparativa.

Alla luce di queste innovazioni normative, si ha l’impressione che sistema francese abbia scommesso maggiormente, rispetto al passato, sulla operatività delle forme di giustizia riparativa [27], come dimostra anche il fatto il Ministro della giustizia abbia emanato, nel 2017, una circolare sulla messa in opera della giustizia riparativa proprio al fine di sottolineare l’ampiezza della possibilità di accesso alle misure di giustizia riparativa (in tutte le fasi del procedimento), per disciplinare nel dettaglio i presupposti e i limiti di attivazione delle varie procedure riparative nonché per chiarire i rapporti tra la giustizia riparativa e la giustizia penale tradizionale [28]. Inoltre, nel 2020 è stata pubblicata, sempre a cura del Ministero della giustizia, anche una Guida metodologica sulla giustizia riparativa, con il dichiarato intento di facilitare l’attuazione concreta della restorative justice [29], ulteriormente incoraggiata dal legislatore nel 2020 [30], con l’innesto, nella parte regolamentare del codice di procedura penale, di un nuovo articolo, ossia l’art. D1-1-1 – (contenuto nel titolo preliminare, Capitolo 1-bis, intitolato De la justice restaurative), concepito per rafforzare il diritto delle persone interessate – vittime e autori di reato – di vedersi proposta una misura di giustizia riparativa, laddove fattibile, da parte di tutte le autorità giudiziarie (pubblico ministero, giudice istruttore, presidente della trial court, giudice dell’esecuzione) che intervengono nelle varie fasi del procedimento penale, dalla notizia del reato alla fase esecutiva [31], anche in caso di prescrizione dell’azione penale, provvedimento di archiviazione o non luogo a procedere. Infine, su un diverso piano, ma sempre in linea di continuità con la politica di promozione poc’anzi delineata, si colloca la istituzione di una fitta rete di servizi pubblici di giustizia riparativa, con attivazione graduale di un ampio ventaglio di programmi riparativi.

Nonostante simili aperture e slanci, se spostiamo lo sguardo dal dato normativo alla prassi – ossia ai dati statistici pubblicati relativamente al periodo 2019-2021 – i risultati sono tutt’altro che confortanti e pongono in luce che il paradigma riparativo non è ancora riuscito a integrarsi concretamente nel sistema.

Indagini su scala nazionale (Enquete National) commissionate dal Ministero della giustizia e condotte dall’Institut Français pour la Justice Restaurative [32] circa il numero dei programmi di giustizia riparativa attivati nel Paese, grazie alla stipula di convenzioni tra i vari attori (pubblici e privati) coinvolti, e il numero di misure [33] di giustizia riparativa concretamente adottate ai sensi dell’art. 10-1 delle disposizioni preliminari al c.p.p. (e delle persone in esse coinvolte), attestano che:

-   nel biennio 2019 – 2020 [34], a fronte della messa in opera di centinaia di programmi sul territorio francese, risultano attivate e concluse, in tutto il Paese, soltanto 38 misure di giustizia riparativa (di cui 37 consistenti in “mediazioni riparative”), con coinvolgimento di 134 persone [35]; nel 2021, risultavano ancora in corso 21 misure attivate nel 2020 [36];

-   nel 2021 [37], a fronte della messa in opera di centinaia di programmi sul territorio francese [38], il numero di misure di giustizia riparativa concretamente attivate e concluse è aumentato: da 38 misure (rapportate a un bienno), si è passati a 39 (nell’arco di un solo anno), di cui 37 consistenti in “mediazioni riparative”, 1 consistente in Cercles de Sotien et de Responsabilisation, 1 consistente in Recontres Détenus/Condamnés – Victimes), con coinvolgimento di 54 persone [39]; nel 2022, risultavano ancora in corso 83 misure attivate nel 2021 [40].

I dati relativi 2022 non sono ancora disponibili [41], ma nonostante la tendenza alla crescita emersa nel 2021, è ragionevole attendersi una “fotografia” non molto diversa dalla precedente, poiché gli stessi studi che hanno rilevato il dato numerico evidenziano altresì che uno dei principali ostacoli alla piena operatività della giustizia riparativa è rappresentato dalla difficoltà di trovare vittime disponibili a incontrare l’autore del reato o ad accettare percorsi di mediazione riparativa [42], oltre il fatto che queste procedure richiedono molto tempo (tra la proposta di una misura riparativa e i primi incontri può trascorrere un anno, anche due). Infine, elemento tutt’altro che trascurabile, pesa la circostanza che mancano risorse specifiche (anche in termini di capitale umano e competenze).

In questo contesto di “incompiutezza” spicca, quindi, come fuor d’opera (in quanto inattesa e non imposta normativamente) l’esperienza maturata durante il lungo processo che si è svolto, tra il 2021 e 2022, per l’attentato terroristico del 13 novembre 2015 al Bataclan. Nell’enorme spazio riservato, durante il processo in corte d’assise, in un’aula appositamente allestita a tal fine, al racconto delle vittime (si noti: centinaia di vittime, che a quasi sei anni dall’attentato hanno potuto, per la prima volta, incontrare gli imputati e narrare la sofferenza che hanno vissuto) [43] molti hanno infatti intravisto l’eco di certe pratiche di giustizia riparativa sperimentate nei casi di crimini di massa [44], questa volta, però, in un inedito – e virtuoso – intreccio con la giustizia punitiva tradizionale [45]. A dimostrazione, ancora una volta, di come la realtà (e la fantasia degli operatori) spesso superi i confini, a volte angusti, del dettato normativo.


3. La giustizia riparativa nell’ordinamento spagnolo

Passando ora al sistema spagnolo – in cui vige, come nel nostro Paese, il principio di obbligatorietà nell’azione penale – è utile segnalare in via preliminare che pure in questo contesto, come già in Francia, l’unica misura riparativa concretamente praticata con una certa ampiezza è la mediazione.

La mediazione risulta infatti sperimentata diffusamente già dagli anni Novanta (in particolare dal 1993 in poi), e ciò nonostante l’inerzia del legislatore spagnolo, il quale fino al 2015 ha dimostrato scarso interesse per la giustizia riparativa, salvo due significative eccezioni: una in positivo (per ammetterla espressamente), l’altra in negativo (per vietarla).

Per quanto riguarda la prima, si allude all’apertura verso la mediazione nell’ambito del processo penale minorile, realizzata con la legge organica 5/2000, con la quale si è ammessa una sorta di temperamento al principio di obbligatorietà dell’azione penale in caso di raggiungimento di un accordo tra la vittima e il minore, consentendo l’archiviazione del caso.

Per quanto riguarda la seconda, si tratta del divieto (che riguarda anche il processo penale degli adulti) di ricorrere a procedure di mediazione in casi di violenza contro le donne (cioè in tutti i casi attribuiti alla competenza dei tribunali speciali in materia di violenza di genere). Si tratta di un divieto, è bene ricordarlo, che ha superato il vaglio della Corte di Lussemburgo, nella sentenza Magatte Gueye del 2011, con la quale la Corte di Giustizia ha ribadito che gli Stati membri hanno un certo margine di apprezzamento nell’escludere dalla procedura meditativa determinati reati, in considerazione della loro particolare natura [46].

Ebbene, in questo contesto di sostanziale “anomia” sul piano processuale, nel 2015 qualcosa si è mosso e la giustizia riparativa ha cominciato a fare capolino (almeno formalmente) anche nel sistema processuale spagnolo, in conseguenza della legge di attuazione della direttiva 2012/29 UE sui diritti della vittima (la legge n. 4/2015 del 27 aprile) e del relativo decreto di attuazione emanato nel dicembre dello stesso anno per disciplinare le Oficina de Asistencia a las Victimas de Delito (decreto n. 1109 del 15 dicembre 2015) [47].

In questi testi normativi si prevede, infatti, che le vittime potranno accedere (anche per il tramite delle Oficinas de Asistencia) a servizi (non meglio definiti) di giustizia riparativa, nei casi stabiliti dalla legge, per ottenere una adeguata riparazione materiale e morale dei danni derivanti dal reato.

Siamo al cospetto, senza dubbio, di un segnale di apertura verso il paradigma riparativo, ma si tratta di un segnale ancora troppo timido e rimasto, peraltro, ancora isolato.

Il vero problema dell’approccio spagnolo sta nel fatto che ad oggi non è stata ancora emanata la normativa necessaria per attuare i suddetti servizi di giustizia riparativa, e nemmeno per dare una disciplina organica alla mediazione, la quale continua ad essere praticata in tutto il Paese grazie al forte impulso dato dal Consejo General del Poder Judicial (che ha stipulato una serie di protocolli a sostegno di numerosi progetti pilota e di iniziative locali) [48] e facendo leva sulle norme di diritto penale sostanziale che indirettamente valorizzano l’esito positivo della mediazione. Quali “istituti ospiti” o “vettori” della mediazione si pensi, ad esempio, alle norme che danno rilevanza, come circostanza attenuante, in sede di determinazione della pena, al risarcimento del danno alla vittima [49]; oppure a quelle che hanno riconosciuto alla mediazione finalizzata alla riparazione un ruolo essenziale ai fini dell’accesso ai benefici penitenziari oppure ai benefici della sospensione o sostituzione della pena privativa della libertà personale [50].

Nella perdurante situazione di anomia, le prospettive concrete per il futuro della giustizia riparativa in Spagna appaiono tutt’altro che chiare. Gli studiosi spagnoli concordano nel ritenere che a sistema processuale invariato, vigendo il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, si può soltanto immaginare, per il futuro, un sistema di restorative justice “complementare” alla tradizionale giustizia punitiva [51]. Ammesso e non concesso che il legislatore spagnolo voglia effettivamente avviarsi in questa direzione, la strada da percorrere appare ancora molto lunga. Nell’attesa delle necessarie riforme processuali, un primo passo molto significativo, che potrebbe fungere da modello per l’intero Paese, è rappresentato dalla legge regionale adottata il 9 marzo 2023 in Navarra, la prima Comunità Autonoma spagnola a dotarsi di una compiuta disciplina per regolamentare concretamente l’erogazione di servizi di giustizia riparativa astrattamente previsti dalla legge statale del 2015 [52]. Con tale legge regionale si è inteso dare una base legale ai servizi da tempo attivati a livello locale, nell’ambito di un progetto pilota. A ulteriore dimostrazione di come la buona volontà degli operatori e della società civile siano fattori decisivi per la promozione della giustizia riparativa, al di là (e nonostante) il dato normativo.


4. Considerazioni conclusive

Per concludere, alcune considerazioni che riguardano le esperienze maturate nel contesto della “piccola Europa”.

Abbiamo visto che nonostante le fonti internazionali e la direttiva 2012/29 UE sulla tutela della vittima il cammino di avvicinamento a forme di giustizia riparativa nel senso pieno del termine (il modello “olistico” da cui abbiamo preso le mosse) si preannuncia lungo, tortuoso e a più velocità.

L’adozione di una disciplina organica, come è accaduto in Francia e nel nostro Paese, è senza dubbio condizione necessaria, ma non sufficiente per la piena operatività della restorative justice. Occorrono anche risorse specifiche (e quindi investimenti) per potervi dare seriamente corso.

Ma non è soltanto una questione economica: la difficoltà a trovare vittime disponibili ad un incontro con l’autore del reato (plasticamente emersa nei recenti studi francesi), pone in luce che vi sono anche ostacoli di natura culturale.

La giustizia riparativa richiede – è il refrain di tutti gli studi in materia – un cambio di paradigma. E ciò non solo negli “attori” del processo penale (i c.d. “professionisti del sistema giustizia”: magistrati, avvocati, forze dell’ordine) ma anche nell’opinione pubblica e in tutti i soggetti, pubblici o privati, che interagiscono, a qualsiasi titolo, con le vittime o gli autori dei reati.

Si potrà quindi scommettere seriamente sull’innovazione veicolata dalla giustizia riparativa solo quando sarà davvero maturata e interiorizzata, anche dal pubblico [53], l’idea che la giustizia riparativa offre un quid pluris: perché essa è in grado di risanare le ferite che il diritto e la giustizia punitiva non possono curare e quindi può rispondere in modo diverso, ma più ravvicinato, ai bisogni più profondi delle persone.


NOTE

[1] Sui termini “giustizia riparativa” e “restorative justice”, cfr. G. Mannozzi, Traduzione e interpretazione giuridica nel multilinguismo europeo: il caso paradigmatico del termine “giustizia riparativa” e delle sue origini storico-giuridiche e linguistiche, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, p. 137.

[2] Parla di «entità dai contorni molto sfumati», tutte accomunate dal fatto di essere orientate a introdurre un modello alternativo di giustizia penale, G. Mannozzi, La giustizia senza spada, Milano, Giuffrè, 2003, p. 44. Diffusamente in argomento, tra i molti, G. Mannozzi, La giustizia riparativa. Formanti, regole, parole, Torino, Giappichelli, 2017; A. Ciavola, Contributo alla giustizia consensuale o riparativa all’efficienza dei modelli di giurisdizione, Torino, Giappichelli, 2010; D. Certosino, Mediazione e giustizia penale, Bari, Cacucci, 2015; V. Patané, Percorsi di giustizia riparativa nell’ordinamento italiano, in M. Bargis-H. Belluta (a cura di), Vittime di reato e sistema penale. La ricerca di nuovi equilibri, Torino, Giappichelli, 2017, p. 545 ss.; V. Bonini, Considerazioni sparse sul ruolo della persona offesa nella restorative justice: profili critici e potenzialità espansive, in G. De Francesco-E. Marzaduri (a cura di), Il reato lungo gli impervi percorsi del processo, Torino, Giappichelli, 2016, p. 149 ss.

[3] Così, ad esempio, A. Presutti, Aspettative e ambizioni del paradigma riparativo, in Sist. pen., 14 novembre 2022; Ead, Porte aperte al paradigma riparativo nella L. 27 settembre 2021, n. 134 di riforma della giustizia penale, in Sist. pen., 20 luglio 2022.

[4] Ad esempio, D. Van Ness, An overview of restorative justice around the world, 22 aprile 2005, paper presentato al Workshop 2, organized by the International Centre for Criminal Law Reform and Criminal Justice Policy, Bangkok, Thailand, 18-25 April 2005, disponibile in https://biblioteca.cejamericas.org/handle/2015/4767. Cfr. anche lo Speciale “La giustizia riparativa nella prospettica comparata”, pubblicato in Riv. it. dir. e proc. pen., 2015, con contributi di D. Stendardi, Per una proposta legislativa in tema di giustizia riparativa: spunti di riflessione dall’analisi degli ordinamenti degli Stati Uniti e del Regno Uniti, ivi, p. 1899; B. Spricigo, La giustizia riparativa nel sistema penale e penitenziario in Nuova Zelanda ed Australia: ipotesi di complementarietà, ivi, p. 1923; L. Della Torre, Attuazione di meccanismo di “restorative justice” in alcuni paesi sudamericani e nella penisola iberica: delle differenti sfumature di un paradigma alternativo di giustizia, ivi, p. 1943; E.M. Mancuso, La giustizia riparativa in Austria e in Germania; tra legalitätsprinzip e vie di fuga dal processo, ivi, p. 1958; I. Gasparini, La giustizia riparativa in Francia e Belgio tra istituti consolidati e recenti evoluzioni normativa, ivi, p. 1982. V. anche E. Mattevi, Una giustizia più riparativa, Napoli, Esi, 2017, p.181-257; K. Sumerer,Diversion” e giustizia riparativa. Definizioni alternative del procedimento penale in Austria, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2018, p. 143; G. Delattre-C. Willms, After decades of restorative justice in Germany: thoughts on the need for a strategic re-orientation, in The International Journal of Restorative Justice, 2020, vol. 3 (2), pp. 282-294; M. Jimeno Bulnes, Mediacion penale y/o justicia restaurativa: status quo, in La Ley. Mediacion y arbitraje, n. 13, ottobre 2022, e accessibile anche in https://diariolaley.laleynext.es/Content/Inicio.aspx.

[5] Handbook on restorative justice programmes, Second Edition, 2020, UNODC, Vienna, in www.unodc.org/documents/justice-and-prison-reform/20-01146_Handbook_on_Restorative_Justice_Programmes.pdf.

[6] Cfr. G.L Potestà-C. Mazzuccato-A. Cattaneo (a cura di), Storie di giustizia riparativa. Il Sudafrica dall’apartheid alla riconciliazione, Bologna, Il Mulino, 2017.

[7] Cfr. Guide méthodologique de la justice restaurative, aprile 2020, in www.justice.gouv.fr/guide-methodologique-justice-restaurative.

[8] In particolare: Les rencontres détenus / victimes (RDV); Les rencontres condamnés / victimes (RCV); Les médiations restauratives ou médiations auteurs/victimes (MR); Les conférences restauratives ou conférences du groupe familial (CR); Les cercles de soutien et de responsabilité (CSR); Les cercles d’accompagnement et de ressources (CAR); Les cercles restauratifs (CCR). Queste misure possono essere classificate in tre categorie principali, a seconda delle persone coinvolte e del rapporto tra di esse: (1.) Incontri diretti tra autore e vittima (2.) Incontri indiretti tra autore e vittima (3.) Gruppi di sostegno. Cfr. Guide méthodologique de la justice restaurative, cit., p. 7.

[9] R. Vogler, A world view of criminal justice, I ed., Abingdon-New York, Routledge, 2005.

[10] Direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI, in G.U.U.E. del 14.11.2012, L 315/57.

[11] V. Bonini, Evoluzioni della giustizia riparativa nel sistema penale, in Proc. pen. giustizia, 2022, n. 1, §. 2.

[12] Sull’evoluzione della giustizia riparativa in Francia, e sulle profonde trasformazioni in corso nell’ultimo decennio, dopo la riforma del 2014, cfr. R. Cario, Restorative Justice in France: Standards and Deviations, in International Journal on Criminology, vol. 8, n. 2, 2021, p. 31. In aggiunta ai riferimenti bibliografici contenuti nella nota n. 191, v. anche L. Carpentieri, Restorative justice in France: obstacles for the application of a truly restorative approach to fFench dispute resolution, 2009, in www.antoniocasella.eu/
restorative/carpentieri_2009.pdf
.

[13] Nella versione successiva alla riforma del 1993 (Loi n° 93-2 du janvier 1993 – art. 5) l’ultimo comma dell’art. 41 c.p.p. prevedeva quanto segue: «Le procureur de la République peut enfin, préalablement à sa décision sur l’action publique et avec l’accord des parties, décider de recourir à une médiation s’il lui apparaît qu’une telle mesure est susceptible d’assurer la réparation du dommage causé à la victime, de mettre fin au trouble résultant de l’infraction et de contribuer au reclassement de l’auteur de l’infraction». Tale disposizione è stata abrogata con la legge del 1999 (Loi n° 99-515 du 23 juin 1999 – art. 1), che ha inserito la mediazione nell’art. 41-1 c.p.p., come una delle ipotesi riconducibili alla “terza via”.

[14] Nella versione successiva alla riforma del 1999, l’art. 41-1 c.p.p. recitava come segue: «S’il lui apparaît qu’une telle mesure est susceptible d’assurer la réparation du dommage causé à la victime, de mettre fin au trouble résultant de l’infraction ou de contribuer au reclassement de l’auteur des faits, le procureur de la République peut, préalablement à sa décision sur l’action publique, directement ou par délégation:

1° Procéder au rappel auprès de l’auteur des faits des obligations résultant de la loi;

2° Orienter l’auteur des faits vers une structure sanitaire, sociale ou professionnelle;

3° Demander à l’auteur des faits de régulariser sa situation au regard de la loi ou des règlements;

4° Demander à l’auteur des faits de réparer le dommage résultant de ceux-ci;

5° Faire procéder, avec l’accord des parties, à une mission de médiation entre l’auteur des faits et la victime.

La procédure prévue au présent article suspend la prescription de l’action publique.».

Dal 1999 ad oggi, la disposizione in discorso è stata oggetto di modifiche per ben tredici volte. Le interpolazioni hanno ampliato ulteriormente il catalogo delle misure alternative al classment sans suite, precisandone altresì contenuti e limiti. Per la versione attualmente vigente e tutte le versioni precedenti, cfr. www.legifrance.gouv.fr/codes/article_lc/LEGIARTI000044569854/2023-01-01/.

Il quadro delle procedure alternative all’azione penale è completato dagli art.41-2 e 41-3 c.p.p., dedicati alla composition pénal, considerata l’espressione più forte della “terza via” (e molto prossima all’esercizio dell’azione penale), ma non rilevante ai fini della presente indagine per l’assenza della dimensione relazionale e della spontanea responsabilizzazione del reo nei confronti della vittima, mediante una condotta positiva. Nell’ambito di tale istituto, l’indagato che abbia riconosciuto la propria responsabilità si vede “prescrivere”, dal procuratore, alcune condotte (tra le altre: il versamento di una somma di denaro allo Stato, il divieto di uscire dal territorio nazionale, lo svolgimento di lavoro di pubblica utilità non retribuiti, alle quali si aggiunge anche la riparazione, se la vittima è identificata) la cui osservanza determina l’estinzione dell’azione penale. Si tratta di condotte nelle quali la dottrina intravede carattere punitivo, tanto da parlare di “pene complementari” e da paventare il rischio di una incontrollata privatizzazione della giustizia penale, per la possibilità di infliggere sostanzialmente una pena senza dar corso al giudizio. Così, E. Mattevi, Una giustizia più riparativa, cit., p. 196, cui si rinvia anche per gli opportuni riferimenti bibliografici alla dottrina francese.

[15] La norma attualmente vigente, modificata nel 2020, esclude la possibilità di mediazione nei casi di violenza domestica di cui all’articolo 132-80 del Codice penale, ossia aggravati dalla circostanza che il reato è stato commesso all’interno della coppia, dal coniuge, dal convivente o dal partner legato da un patto civile di solidarietà (Pacs).

[16] Nella versione dell’art. 41-1 c.p.p. attualmente vigente, si prevede che il procureur de la République possa – direttamente o a mezzo di delegati o di un mediatore – una volta soddisfatte le condizioni esposte in precedenza, e prima della sua decisione sull’azione penale:

«1°. Emettere un ammonimento penale in prova all’autore del reato che ha ammesso la propria colpevolezza, ricordandogli gli obblighi previsti dalla legge o dai regolamenti e le sanzioni previste, e informandolo che questa decisione sarà riesaminata se commette un altro reato entro un periodo di due anni; questo periodo è fissato a un anno per i reati minori. L’ammonimento può essere emesso solo dal pubblico ministero o da un suo delegato; non può essere emesso nei confronti di una persona già condannata o a seguito di un reato di violenza contro le persone o di un reato commesso nei confronti di una persona che ricopre una pubblica autorità o una carica pubblica elettiva. Nel caso in cui il reato abbia causato un danno a una persona fisica o giuridica, l’ammonimento può essere emesso solo se il danno è già stato riparato o se viene applicata anche la misura di cui al punto 4°;

Indirizzare l’autore del reato a una struttura sanitaria, sociale o professionale; questa misura può consistere nel far frequentare all’autore del reato, a sue spese, un tirocinio o un corso di formazione presso un servizio o un’organizzazione sanitaria, sociale o professionale, e in particolare un tirocinio di cittadinanza, un tirocinio per la responsabilità genitoriale, un tirocinio di sensibilizzazione per combattere l’acquisto di atti sessuali, un corso di formazione per prevenire e combattere la violenza domestica e di genere, un corso di formazione per combattere il sessismo e sensibilizzare alla parità tra donne e uomini, o un corso di formazione per sensibilizzare sui pericoli dell’uso di stupefacenti; nel caso di un reato commesso alla guida di un veicolo terrestre a motore, questa misura può consistere nel completamento, a proprie spese, di un corso di sensibilizzazione alla sicurezza stradale;

Chiedere all’autore del reato di regolarizzare la sua situazione rispetto alla legge o ai regolamenti. In particolare, ciò può consistere nel cedere allo Stato la cosa che è stata usata o che si intendeva usare per commettere il reato o che è stata il prodotto del reato. La cessione può essere effettuata anche a favore di una persona giuridica senza scopo di lucro designata dal pubblico ministero, quando si tratta di beni di proprietà dell’autore del reato e sui quali nessun terzo può vantare diritti;

Chiedere all’autore del reato di risarcire il danno causato. Tale riparazione può consistere, in particolare, nella restituzione, nel ripristino dei locali o dei beni danneggiati o in un pagamento finanziario alla vittima o a qualsiasi persona fisica o giuridica che abbia dovuto sostenere spese per il ripristino dei locali o dei beni danneggiati;

Su richiesta o con l’accordo della vittima, organizzare una mediazione tra l’autore del reato e la vittima. Se la mediazione ha successo, il Pubblico Ministero o il mediatore del Pubblico Ministero redige un rapporto, che viene firmato da lui stesso e dalle parti e di cui viene consegnata una copia; se l’autore del reato si è impegnato a pagare i danni alla vittima, quest’ultima può, alla luce di questo rapporto, chiedere il recupero utilizzando la procedura di ingiunzione di pagamento, secondo le regole stabilite dal Codice di procedura civile. Nei casi di violenza domestica di cui all’articolo 132-80 del Codice penale, la mediazione non è possibile;

6° Nel caso di un reato commesso contro il coniuge, il convivente o il partner di un patto di solidarietà civile della vittima, o contro i figli della vittima o del coniuge, del convivente o del partner, chiedere all’autore del reato di risiedere al di fuori della casa o della residenza della coppia e, se del caso, di astenersi dal comparire nella casa o nella residenza e, se necessario, di ricevere assistenza sanitaria, sociale o psicologica; le disposizioni di questo 6° si applicano anche quando il reato è commesso dall’ex coniuge o partner della vittima, o dalla persona che era legata alla vittima da un patto di solidarietà civile, nel qual caso il domicilio interessato è quello della vittima. Ai fini di questo 6°, il Procuratore di Stato acquisirà o farà acquisire il parere della vittima, nel più breve tempo possibile e con ogni mezzo, sull’opportunità di chiedere all’autore del reato di vivere al di fuori dell’abitazione della coppia. Salvo circostanze particolari, questa misura viene adottata quando gli atti di violenza sono suscettibili di essere ripetuti e la vittima ne fa richiesta. Il pubblico ministero può specificare le modalità di copertura dei costi di questo alloggio per un periodo da lui stabilito, che non può superare i sei mesi;

7° Chiedere all’autore del reato di non presentarsi, per un periodo non superiore a sei mesi, in uno o più luoghi specifici in cui è stato commesso il reato o in cui risiede la vittima;

8° Chiedere all’autore del reato di non incontrare o ricevere, per un periodo non superiore a sei mesi, la vittima o le vittime del reato designate dal pubblico ministero, direttamente o per il tramite delle persone indicate nel primo paragrafo, o di entrare in contatto con questa o queste vittime;

9° Chiedere all’autore del reato di non incontrare o ricevere, per un periodo non superiore a sei mesi, i corresponsabili o eventuali complici indicati dal pubblico ministero, direttamente o per il tramite delle persone menzionate nello stesso primo paragrafo, o di non entrare in contatto con loro;

10° Chiedere all’autore del reato di versare un contributo (contribution citoyenne) a un’associazione di sostegno alle vittime di cui agli articoli 10-2 e 41 del presente codice situata nell’ambito della giurisdizione del tribunale o, in mancanza, della corte di appello. L’importo di tale contributo, che non può eccedere l’importo previsto dal primo comma dell’articolo 131-13 del codice penale, è stabilità dal pubblico ministero in base alla gravità dei fatti nonché alle risorse e alle spese dell’autore del reato;

11° Nei casi previsti dall’articolo 44-1 del presente Codice e previo parere del sindaco, invitare il trasgressore a rispondere a un’intimazione del sindaco al fine di raggiungere un accordo. Se il trasgressore non risponde alla convocazione o se non si raggiunge un accordo, il sindaco informa il pubblico ministero.

La procedura prevista da questo articolo sospende la prescrizione dell’azione penale.

Se il trasgressore non ottempera al provvedimento a causa del suo comportamento, il pubblico ministero, a meno che non vi siano nuove prove, provvede a trovare un accordo o ad avviare il procedimento».

[17] I. Gasparini, La giustizia riparativa in Francia e Belgio, cit., p. 1987, la quale prosegue osservando come il consenso venga “recuperato” in altre fonti (come circolari). Cfr. anche E. Mattevi, Una giustizia più riparativa, cit., p. 200, secondo la quale per la dottrina più sensibile il consenso dell’indagato deve ritenersi implicito e quanto meno i mediatori devono preoccuparsi di raccoglierlo.

[18] I. Gasparini, La giustizia riparativa in Francia e Belgio, cit., p. 1990.

[19] I. Gasparini, La giustizia riparativa in Francia e Belgio, cit., p. 1989.

[20] I. Gasparini, La giustizia riparativa in Francia e Belgio, cit., p. 1988; E. Mattevi, Una giustizia più riparativa, cit., 206.

[21] Una parte della dottrina propone di valorizzare il buon esito della mediazione anche in sede di commisurazione della pena, fase sententielle, facendo leva su istituti come la sospensione condizionale della pena. L’Institut Français pour la Justice Restaurative propone altresì di valutare la possibilità di impiegare i sentencing circles nel corso del dibattimento in Assise, coinvolgendo esponenti della collettività particolarmente toccati dall’evento criminoso, in collaborazione o sostituzione della giuria popolare. Sul punto, si rinvia a I. Gasparini, La giustizia riparativa in Francia e Belgio, cit., p. 1985.

[22] I. Gasparini, La giustizia riparativa in Francia e Belgio, cit., p. 1984, 1987.

[23] E. Mattevi, Una giustizia più riparativa, cit., p. 207 ss.

[24] Art. 10-1 delle disposizioni preliminari c.p.p.: «A l’occasion de toute procédure pénale et à tous les stades de la procédure, y compris lors de l’exécution de la peine, la victime et l’auteur d’une infraction, sous réserve que les faits aient été reconnus, peuvent se voir proposer une mesure de justice restaurative.

Constitue une mesure de justice restaurative toute mesure permettant à une victime ainsi qu’à l’auteur d’une infraction de participer activement à la résolution des difficultés résultant de l’infraction, et notamment à la réparation des préjudices de toute nature résultant de sa commission. Cette mesure ne peut intervenir qu’après que la victime et l’auteur de l’infraction ont reçu une information complète à son sujet et ont consenti expressément à y participer. Elle est mise en œuvre par un tiers indépendant formé à cet effet, sous le contrôle de l’autorité judiciaire ou, à la demande de celle-ci, de l’administration pénitentiaire. Elle est confidentielle, sauf accord contraire des parties et excepté les cas où un intérêt supérieur lié à la nécessité de prévenir ou de réprimer des infractions justifie que des informations relatives au déroulement de la mesure soient portées à la connaissance du procureur de la République».

[25] R. Cario, Restorative Justice in France, cit., p. 37, il quale sottolinea l’importanza che la vittima sia adeguatamente informata, sin dall’inizio del procedimento penale, del suo diritto ad ottenere il ristoro dei danni patiti con ogni mezzo adeguato, anche mediante misure di giustizia riparativa.

[26] Cfr. l’intervista rilasciata dal Ministro della Giustizia del 1° marzo 2023, accessibile sul sito istituzionale in www.
justice.gouv.fr/actualites/actualite/justice-restaurative-2
, in cui si afferma espressamente che la justice restaurative «C’est une mesure complémentaire à la sanction pénale qui a pour objectifs d’aider la victime à se reconstruire, de responsabiliser l’auteur par rapport aux conséquences de son acte et contribuer au rétablissement de la paix dans la société civile. Les deux grands principes sont la confidentialité des échanges et l’autonomie par rapport à la sanction pénale. Les conditions préalables sont: la reconnaissance des faits par l’auteur, l’information et le consentement express des participants et la présence d’un tiers indépendant et formé sur ces mesures».

L’autonomia e il carattere complementare della restorative justice di cui all’art. 10-1 è il filo conduttore di tutte le fonti secondarie elaborate dal Ministero della Giustizia – tra le altre, la Circolare 15 marzo 2017 sulla mise en œuvre de la justice restaurative, p. 8 o la Guida metodologica del 2020, p. 8 – ed è sottolineata anche negli studi dell’IFJR, secondo i quali la giustizia riparativa è stata introdotta dal legislatore del 2014 per rispondere alla “crisi” della giustizia penale, alla sfiducia e insoddisfazione manifestata dai cittadini nei confronti della risposta penale tradizionale: la giustizia riparativa è stata quindi presentata come uno strumento per consentire alle vittime e agli autori di reati di trovare una risposta alle loro aspettative (cfr. l’Enquête Nationale sur la Justice Restaurative 2020, p. 5-6, in https://www.justicerestaurative.org/wp-content/uploads/2021/04/EN-2020.pdf.).

[27] Così anche R. Cario, Restorative Justice in France, cit., p. 36 ss.

[28] Circulaire du 15 mars 2017 relative à la mise en œuvre de la justice restaurative applicable immédiatement suite aux articles 10-1, 10-2 et 707 du code de procédure pénale,issus des articles 18 et 24 de la loi n° 2014-896 du 15 août 2014 in www.legifrance.gouv.
fr/circulaire/id/42000 .
In perfetta linea di continuità con la Circolare (cfr. § 3.1., L’autonomie de la measure), nella Guida metodologica del 2020 si sottolinea efficacemente che la JR non va confusa con la mediazione penale o altra misura riparatoria di cui all’art. 41-1 c.p.p., perché le misure di JR di cui all’art. 10-1 non rappresentano un’alternativa all’azione penale. Ancorché i meccanismi implementati in tutte queste misure siano simili, le conseguenze legali sono diverse. Pertanto, la misura di justice restaurative non fa parte del procedimento giudiziario, non è disposta dall’autorità giudiziaria e quindi non costituisce una decisione relativa all’esercizio dell’azione pubblica (Guide méthodologique de la justice restaurative, aprile 2020, cit., p. 8).

[29] Guide méthodologique de la justice restaurative, aprile 2020, cit.

[30] Décret n° 2021-1516 du 23 novembre 2021 tendant à renforcer l’effectivité des droits des personnes victimes d’infractions commises au sein du couple ou de la famille. Questo ulteriore intervento viene giustificato, da un lato, con la necessità di precisare che la misura di JR disposta autonomamente in sede stragiudiziale deve essere “fattibile”, cioè adeguata e compatibile con eventuali limitazioni (divieti o obblighi) imposte nel parallelo procedimento penale (ad esempio, divieti di entrare in contatto con la vittima) (cfr. Guida Metodologica, cit., p. 17, 6); dall’altro, con la necessità di sollecitare i magistrati alla stipula delle convenzioni necessarie per la messa in opera di programmi di JR, perché in certi casi la sottoscrizione delle convenzioni ha richiesto mesi o addirittura anni e l’assenza di convenzioni di partenariato rappresenta uno dei fattori frenanti il concreto sviluppo della JR (cfr. Così l’Enquête Nationale sur la Justice Restaurative 2020, cit., p. 14).

[31] La norma in discorso prevede che «Outre le cas prévu par le 1° de l’article 10-2, la possibilité pour la victime ou l’auteur d’une infraction de participer à une mesure de justice restaurative relevant de l’article 10-1 lui est proposée, lorsque cette mesure paraît envisageable:

1° Par le procureur de la République ou le délégué du procureur de la République, lors de la mise en œuvre d’une alternative aux poursuites ou d’une composition pénale, à tout moment de la procédure;

2° Par le juge d’instruction, à tout moment de l’information, et notamment lorsqu’il reçoit la plainte avec constitution de partie civile de la victime ou qu’il procède à la mise en examen de la personne poursuivie;

3° Par le président de la juridiction de jugement, à tout moment de l’audience et après avoir rendu la décision sur l’action publique et sur l’action civile;

4° Par le juge de l’application des peines en application du 2° du IV de l’article 707.

Lorsque les conditions prévues par l’article 10-1 sont réunies, et notamment que l’auteur de l’infraction a reconnu avoir commis les faits qui lui sont reprochés, les mesures de justice restaurative peuvent être mises en œuvre y compris si la prescription de l’action publique est acquise. En cas de décisions de classement sans suite, de non-lieu, de relaxe ou d’acquittement dans des procédures concernant des infractions sexuelles commises par des majeurs sur des mineurs dont la commission est reconnue par leur auteur mais qui sont motivées par la prescription de l’action publique, le procureur de la République vérifie si une mesure de justice restaurative est susceptible d’être mise en œuvre».

[32] Nell’Enquete Nationale 2020 a cura dell’Institut Français pour la Justice Restaurative (IFJR) si chiarisce che dopo la riforma normativa del 2014, il primo passo per rendere operativa la restorative justice e integrarla nel sistema è stato quello di sviluppare gli elementi metodologici e organizzativi operativi necessari per avviare i primi programmi. Sulla base di questi primi esperimenti, l’IFJR ha condotto valutazioni approfondite tra il 2015 e il 2018. Queste hanno dimostrato tutto il potenziale della RJ in termini di soddisfazione delle aspettative dei partecipanti (anche se in gran parte delusi dal sistema di giustizia penale), di potenziamento delle competenze dei professionisti coinvolti nell’attuazione dei programmi e di miglioramento delle condizioni in cui essi svolgono i loro compiti nei confronti delle persone assistite. Tuttavia, queste valutazioni hanno coinvolto solo piccoli campioni e hanno assunto la forma di una diagnosi locale piuttosto che di una valutazione destinata a essere generalizzata. Si sono concentrate su alcuni partecipanti e professionisti coinvolti in una misura nell’ambito di un programma. Dal 2017, l’IFJR ha perseguito l’obiettivo di misurare l’impatto della RJ sul sistema di giustizia penale, conducendo un’indagine nazionale. Inizialmente, l’obiettivo era quello di misurare la portata del fenomeno. A partire dal 2017, l’IFJR ha condotto un’indagine sistematica sui programmi che si dichiarano finalizzati all’attuazione di misure di giustizia riparativa ai sensi dell’articolo 10-1 CPP. Cfr. l’Enquête Nationale sur la Justice Restaurative 2020, p. 5-6. I risultati delle varie indagini nazionali sono disponibili in www.
justicerestaurative.org/les-resultats-en-france/.

[33] Il termine “programma” si riferisce ai progetti che riuniscono i partner (pubblici e privati) che desiderano attuare una o più misure di restorative justice, sulla base di un accordo di partenariato già siglato o in corso di redazione, secondo la Circolare Ministeriale del 2017; il termine “misura” si riferisce, invece, a una situazione specifica e indica un meccanismo operativo che riunisce i soggetti interessati dalla commissione di un reato e che vengono coinvolti in un processo di giustizia riparativa. Un programma di giustizia riparativa mira a implementare molteplici misure di giustizia riparativa, talvolta di tipo diverso. Così l’Enquête Nationale sur la Justice Restaurative 2020, cit., p. 10.

[34] Cfr. l’Enquête Nationale sur la Justice Restaurative 2020, cit.

[35] Scorporando i dati, nel 2019 risultano realizzate (ossia adottate e terminate) 30 misure riparative, con coinvolgimento di circa 100 partecipanti; nel 2020, le misure realizzate (adottate e terminate) risultano soltanto 14, con coinvolgimento di 43 persone. Tuttavia, il 2020 non può essere considerato rappresentativo a causa dell’emergenza sanitaria, che ha segnato una battuta di arresto nella messa in opera delle misure, per le note difficoltà agli incontri interpersonali. Cfr. Enquête Nationale sur la Justice Restaurative 2020, p.17-18.

[36] l’Enquête Nationale sur la Justice Restaurative 2021, cit., p. 21.

[37] Cfr. Enquête Nationale sur la Justice Restaurative 2021, in www.justicerestaurative.org/wp-content/uploads/2022/05/EN-2021.pdf.

[38] Cfr. Enquête Nationale sur la Justice Restaurative 2021, cit., p. 15

[39] Cfr. Enquête Nationale sur la Justice Restaurative 2021, cit., p. 17.

[40] Cfr. Enquête Nationale sur la Justice Restaurative 2021, cit., p. 21.

[41] Nel momento in cui si scrive, l’Enquête Nationale sur la Justice Restaurative 2022 non è ancora stata pubblicata. Tuttavia, nel Rapport d’activité de l’IFJR – 2022, p. 58, in www.justicerestaurative.org/wp-content/uploads/2023/07/Rapport-dactivite-IFJR-2022.pdf, si conferma la tendenza a una crescita del numero di misure riparative attivate e del numero di persone coinvolte, nonché la prevalenza della mediazione riparativa («Il peut donc être fait le constat, en 2022, dun très net accroissement de la justice restaurative comparativement aux années précédentes, faisant de lannée 2022 une année record. Si les mesures de justice restaurative sont principalement des médiations, l’on note une timide reprise des RCV-RDV. Les mesures sont toujours massivement pratiquées au stade postsententiel, mais l’on observe de plus en plus de mesures proposées au stade présententiel. Elles concernent toujours des délits graves et des crimes en immense majorité»).

[42] Cfr. l’intervista rilasciata dal Ministro della Giustizia del 1° marzo 2023, accessibile sul sito istituzionale in www.justice.gouv.fr/actualites/actualite/justice-restaurative-2, secondo la quale il «contatto faccia a faccia con gli autori di reato è raramente incoraggiato da chi .... circonda [le vittime]. L’idea che la società abbia un ruolo da svolgere nel reinserimento dei condannati non fa parte della nostra cultura in Francia. Di conseguenza, è difficile trovare volontari. Eppure questi volontari rappresentano la società civile e sono essenziali per il processo di riparazione».

[43] Cfr. Bataclan: il processo del secolo raccontato da Emanuel Carrère, in La Repubblica, 15 aprile 2022, 23 aprile 2022, 21 maggio 2022, 25 giugno 2022. Un resoconto giornalistico esaustivo dello svolgimento del processo si trova oggi nel volume: E. Carrère, V.13 Cronaca giudiziaria, Milano, Adelphi, 2023.

[44] Sull’importanza della dimensione narrativa nell’esperimento di giustizia di transizione compiuto in Sudafrica, con l’audizione di circa 21.000 vittime nell’arco di sette anni, cfr. A. Visconti, Narrazioni di ingiustizia, giustizia come narrazione, in AA.VV., Storie di giustizia riparativa, cit., pp. 89-91.

[45] Cfr. Shoshana Levy, Helin Köse, Lucille Vida, France: terrorist attacks trial proves an unforeseen experience of restorative justice, 6 settembre 2022, in www.justiceinfo.net/en/106087-france-terrorist-attacks-trial-proves-unforeseen-experience-restorative-justice.html. Gli Autori sottolineano che la Corte ha dedicato più di sei settimane all’audizione di 399 parti civili (su circa 2.300 vittime costituitesi parte civile). Le vittime hanno potuto fornire un resoconto della violenza inflitta dagli attacchi terroristici del 13 novembre 2015. Alcune di loro hanno parlato a lungo delle sofferenze subite e dell’entità delle perdite subite, anche se questo non era lo scopo dell’udienza secondo la legge, poiché la Corte non si sarebbe pronunciata sul loro risarcimento (garantito da un apposito Fondo statale). Inoltre, il loro discorso è stato completamente libero: la Corte non ha interrotto o messo in discussione le testimonianze rese davanti a sé. Anche gli avvocati dell’accusa e degli imputati si sono astenuti dal farlo, mettendo così da parte il contraddittorio tipico dei processi penali tradizionali.

Inoltre, dovendo affrontare la sfida della partecipazione di centinaia di parti civili, la Corte ha voluto permettere di parlare a tutti coloro che lo desideravano e si è accordata con gli avvocati delle parti civili a tal fine. È stata creata una radio web con accesso sicuro per offrire alle parti civili che non potevano (o non volevano) viaggiare la possibilità di seguire il procedimento in diretta. In modo del tutto inedito, per prepararle al processo, l’associazione Paris Aide aux Victimes ha predisposto un’assistenza logistica e un sistema di supporto psicologico in prossimità dell’aula e per telefono, per tutta la durata del processo. Grazie a questa particolare attenzione, alcune vittime hanno descritto il processo come uno spazio di espressione liberatorio e salutare e come una tappa della loro ricostruzione.

Infine, diversi sociologi, islamologi e personalità politiche, tra cui l’ex presidente francese François Hollande, sono stati chiamati come testimoni dai rappresentanti delle vittime. Nonostante non fossero a conoscenza dei fatti, la Corte non si è opposta. Queste testimonianze avevano chiaramente uno scopo diverso da quello di fornire prove all’accusa o alla difesa. Come parte del restorative process, questi interventi sono stati in grado di fornire alle vittime risposte sui complessi fenomeni sociali, politici e internazionali che hanno causato la loro sofferenza.

Inoltre, diversi sociologi, islamologi e personalità politiche, tra cui l’ex presidente francese François Hollande, sono stati chiamati come testimoni dai rappresentanti delle vittime. Nonostante la loro ignoranza del caso penale, la Corte non si è opposta. Queste testimonianze avevano chiaramente uno scopo diverso da quello di fornire prove all’accusa o alla difesa. Come parte del processo di riparazione, questi interventi sono stati in grado di fornire alle vittime risposte sui complessi fenomeni sociali, politici e internazionali che hanno causato la loro sofferenza.

[46] Corte di Giustizia (Quarta Sezione) del 15 settembre 2011, nelle cause riunite Cause riunite C‑483/09 e C‑1/10, procedimenti contro Magatte Gueye e Valentín Salmerón Sánche, in eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=ecli:ECLI:EU:C:2011:583.

[47] Real Decreto 1109/2015, de 11 de diciembre, por el que se desarrolla la Ley 4/2015, de 27 de abril, del Estatuto de la víctima del delito, y se regulan las Oficinas de Asistencia a las Víctimas del Delito. Tali strutture, istituite nel 1995 per i reati violenti e contro la libertà sessuale, sono state oggetto di regolamentazione per assicurare a tutte le vittime i diritti previsti dalle fonti europee. Cfr. E. Mattevi, Una giustizia più riparativa, cit., p. 240.

[48] Cfr. E. Mattevi, Una giustizia più riparativa, cit., p. 250.

[49] Cfr. M. Jimeno Bulnes, op. cit., IV.

[50] Cfr. M. Jimeno Bulnes, op. cit., §. IV, che allude alla modifica dell’art. 84.1 c.p., con la Ley Organica 1/2015, che ha espressamente aperto alla “mediazione-post sententiam” consentendo la sospensione dell’esecuzione della pena in caso di «ottemperanza dell’accordo raggiunto tra le parti a seguito di mediazione».

[51] Ancora, M. Jimeno Bulnes, cit., §. V.

[52] Si tratta della Ley Foral 4/2023, de 9 de marzo, de justicia restaurativa, mediación y prácticas restaurativas comunitarias, in https://bon.navarra.es/es/anuncio/-/texto/2023/57/0, con un primo commento di Orge Ollero Péran, Director del Servicio de Ejecución Penal y Justicia Restaurativa del Gobierno de Navarra, in www.euforumrj.org/en/entrevista-Jorge-Ollero. L’Autore sottolinea che la legge in discorso non introduce alcuna modifica alla normativa processuale (cioè non disciplina gli effetti che la giustizia riparativa può avere sulle sanzioni o sul processo penale, trattandosi di materie di competenza esclusiva dello Stato), ma si limita a disciplinare l’erogazione di servizi di restorative justice da tempo erogati all’interno di un progetto pilota. Per una piena e compiuta realizzazione del paradigma riparativo, appare dunque necessaria, un’azione sinergica dello Stato e delle Comunità Autonome: il primo dovrebbe regolare gli effetti della giustizia riparativa sul processo penale; le seconde dovrebbero garantire servizi di giustizia riparativa di alta qualità.

[53] Grazie ad adeguate azioni di comunicazione sulle potenzialità delle misure di RJ e sul grado di soddisfazione espresso dalle persone che le sperimentano.