Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Decisioni in contrasto (di Paola Corvi)


La condanna della parte civile soccombente al pagamento delle spese processuali nei giudizi conseguenti alle impugnazioni di parte civile e pubblico ministro

Cass., sez. IV, 24 luglio 2023, n. 31812

L’art. 592 c.p.p. prevede che nei giudizi di impugnazione la parte privata che abbia proposto impugnazione, poi rigettata o dichiarata inammissibile, sia condannata al pagamento delle spese del procedimento. Il riferimento alla “parte privata” esclude naturalmente l’organo della pubblica accusa e consente di condannare alle spese anche soggetti diversi dall’imputato, sempre che questi risultino soccombenti all’esito del giudizio di impugnazione.

Con riferimento all’ipotesi in cui la sentenza sia stata impugnata tanto dal pubblico ministero, quanto dalla parte civile, è discussa in giurisprudenza la legittimità del provvedimento di condanna della parte civile impugnante al pagamento delle spese processuali. Al riguardo si sono delineati tre diversi orientamenti.

Secondo un’interpretazione della norma risalente, ma nuovamente affermata in una più recente pronuncia, nel caso di mancato accoglimento delle impugnazioni proposte avverso la sentenza di assoluzione sia dal pubblico ministero, sia dalla parte civile, non può pronunciarsi la condanna di quest’ul­tima al pagamento delle spese. In tal caso il presupposto per la condanna alle spese processuali è incrinato dalla considerazione che le spese sostenute per lo svolgimento del processo in grado di appello sarebbero state ugualmente sostenute indipendentemente dalla proposizione dell’appello ad opera della parte civile; inoltre a questa giurisprudenza non pare equo far gravare sulla parte civile anche gli oneri derivanti dall’attività del rappresentante della pubblica accusa, non essendo possibile discernere tra le spese collegate all’impu­gnazione dell’una o dell’altra parte: secondo questo indirizzo appare, infatti, arbitrario ogni criterio di ripartizione di tale onere, non esistendo nel processo penale alcun criterio idoneo a disciplinare questa ripartizione delle spese tra le parti, anche in considerazione della natura officiosa del procedimento (Cass., sez. IV, 16 aprile 2002, n. 14406; Cass., sez. III, 14 marzo 2019, n.11451). Le Sezioni Unite, chiamate a pronunciarsi al riguardo, hanno al contrario affermato che l’obbligo del giudice di condannare la parte civile al pagamento delle spese del processo nel caso di mancato accoglimento della impugnazione proposta contro la sentenza di assoluzione dell’imputato, sussiste anche quando analoga impugnazione del pubblico ministero sia stata proposta e disattesa (Cass., sez. un., 16 novembre 2005, n. 41476). Il tenore letterale della norma dell’art. 592, comma 1, c.p.p., infatti, non lascia dubbi circa la responsabilità per le spese processuali della parte civile, che sia risultata soccombente nel giudizio di impugnazione, senza possibilità di distinguere il caso in cui l’impugnazione della parte civile sia o no accompagnata anche dalla impugnazione del pubblico ministero. Tale conclusione si fonda peraltro anche su ragioni sistematiche: nel codice di procedura penale la responsabilità per le spese processuali si giustifica col principio della soccombenza, in base al quale esse sono poste a carico delle parti che hanno subito l’esito sfavorevole del giudizio, ma si può giustificare anche col principio di causalità, inteso nel senso che le spese processuali gravano su tutte le parti soccombenti che le hanno cagionate partecipando al processo, anche se del processo non sono state promotrici. Tuttavia, per comprensibili ragioni, il pubblico ministero è per principio esonerato dalla responsabilità per le spese, come si ricava dall’art. l’art. 592 c.p.p., che prevede la condanna alle spese processuali del giudizio di impugnazione solo della [continua..]

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