Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte costituzionale (di Giorgia Padua)


Dimensione costituzionale del diritto al silenzio e obblighi procedurali

(C. cost., sent. 5 giugno 2023, n. 111)

La tutela del diritto al silenzio della persona sottoposta alle indagini o imputata in un procedimento penale ha raggiunto una latitudine più ampia a seguito della recente pronuncia della Consulta con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale parziale dell’art. 64, comma 3, c.p.p. e dell’art. 495, comma 1, c.p., in modo da garantire che lo stesso diritto sia esteso anche alle domande sulle proprie qualità personali.

segue

La questione sottoposta all’attenzione della Corte ha ad oggetto una duplice dimensione, sostanziale e processuale. Sul primo versante, infatti, il ricorrente ha invocato l’incostituzionalità dell’art. 495 c.p., per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede l’esclusione della punibilità in caso di false dichiarazioni rese, in relazione alle circostanze di cui all’art. 21 disp. att. c.p.p., da chi non sia stato previamente avvertito sulla facoltà di non rispondere. Quanto al profilo processuale, è stata denunciata l’asserita illegittimità costituzionale dell’art. 64, comma 3, c.p.p., in riferimento al solo art. 24 Cost., nella parte in cui non prevede l’obbligo di avvertire l’indagato (o l’im­putato) circa la predetta facoltà prima di qualunque tipo di audizione nel procedimento penale. In sintesi, il giudice a quo ha assunto che il diritto al silenzio, corollario implicito del diritto di difesa presidiato dall’art. 24 Cost., non si limitasse alle circostanze relative al fatto di reato ma si estendesse, altresì, a quelle – cui fa riferimento l’art. 21 disp. att. c.p.p. – che riguardano la persona indagata o accusata, al di fuori delle generalità in senso stretto. Per tale ragione, il rimettente ha ritenuto che la disciplina penalistica e processualpenalistica a tutela del diritto al silenzio dell’indagato non potesse prescindere da un avvertimento circa la facoltà di non rendere dichiarazioni relative alle circostanze personali (condizioni patrimoniali e familiari, eventuali soprannomi, esistenza di precedenti condanne penali) e dalla conseguente esclusione della punibilità per il reato di false dichiarazioni a pubblico ufficiale in assenza del predetto avviso. Nel rispondere al quesito sottopostole, la Corte ha dapprima verificato la correttezza del presupposto interpretativo dell’ordinanza di rimessione. Nell’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, infatti, le domande sulle circostanze personali dell’indagato non sono considerate attinenti all’esercizio di difesa, di talché non richiedono l’avvertimento circa la facoltà di esercitare il proprio diritto al silenzio e giustificano la punibilità della persona che, interrogata sulle proprie qualità personali, abbia dichiarato il falso. Il Giudice delle leggi, tuttavia, ha ritenuto che una simile impostazione non appare rispettosa delle esigenze di salvaguardia del diritto di difesa, anche alla luce degli obblighi internazionali ed eurounitari vincolanti per il nostro Paese. Una tutela effettiva del diritto al silenzio, invero, deve estendersi anche a quelle circostanze che, pur non riguardando direttamente il fatto di reato, siano comunque rilevanti per il procedimento penale e suscettibili di produrre un impatto ai fini del [continua..]

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Fascicolo 5 - 2023