Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte di giustizia Ue (di Elisa Grisonich e Veronica Tondi)


Verso una piena salvaguardia del reinserimento sociale del ricercato cittadino extra UE nel quadro del MAE

(Corte di giustizia UE, Grande Sezione, 6 giugno 2023, causa C‑700/21)

di Elisa Grisonich

La decisione in commento chiude positivamente il percorso di dialogo instaurato dalla Corte costituzionale italiana nel novembre 2021 con la formulazione di due rinvii pregiudiziali alla Corte di giustizia, entrambi fortemente legati al tema del rapporto tra mandato di arresto europeo e protezione dei diritti fondamentali.

Dopo la sentenza adottata nella causa C-699/21 (sulla quale, v. in questa Rivista, 2023, p. 814), intervenuta a valle del rinvio pregiudiziale sollevato dalla Consulta con ordinanza n. 216 del 2021 (C. cost., 18 novembre 2021, n. 216), mediante la pronuncia de qua i Giudici di Lussemburgo hanno risposto alle due questioni pregiudiziali prospettate nell’ordinanza n. 217 del 2021 (C. cost., 18 novembre 2021, n. 217).

segue

Nella fattispecie concreta veniva in gioco l’esecuzione di un MAE in Italia, emesso da un tribunale della Romania nei confronti di un cittadino moldavo condannato in Romania a cinque anni di reclusione con sentenza definitiva. In un primo momento, la Corte d’appello di Bologna, richiesta di eseguire il MAE, vi aveva dato corso; la relativa pronuncia era stata, tuttavia, impugnata in Cassazione, la quale aveva annullato il provvedimento. Dietro stesso invito della Suprema Corte, la Corte d’appello bolognese aveva a quel punto deciso di sollevare questione di legittimità costituzionale della normativa interna attuativa della decisione quadro 2002/584/GAI. Veniva lamentata la supposta lesione degli artt. 2, 3, 27, comma 3, Cost., degli artt. 11 e 117 Cost., avuto riguardo, come parametri interposti, all’art. 4, punto 6, decisione quadro 2002/584/GAI e all’art. 7 Carta di Nizza, nonché dell’art. 117 Cost., in relazione agli artt. 8 CEDU e 17 P.i.d.c.p. A essere censurato era, in particolare, l’art. 18-bis l. 22 aprile 2005, n. 69 secondo cui, in base alla formulazione precedente alla riforma intervenuta nel 2021 (d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10), e applicabile al caso di specie, la Corte d’appello può rifiutare l’esecuzione dell’euro-mandato disposto per eseguire una pena o una misura di sicurezza privative della libertà con riferimento a un ricercato «cittadino italiano o cittadino di altro Stato membro dell’Unione europea, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, sempre che la corte di appello disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno». Siffatta previsione, a parere della Corte d’appello di Bologna, avrebbe indebitamente ristretto il motivo di rifiuto facoltativo alla consegna fissato dall’art. 4, punto 6, decisione quadro n. 584, giacché non consente in maniera assoluta (pure nella formula attualmente in vigore) di negare l’esecuzione di un MAE a fronte di un cittadino di Stato terzo. Dal canto suo, in armonia con l’idea di una costruttiva cooperazione tra sistemi di tutela, la Corte costituzionale riteneva necessario, prima di qualsiasi vaglio di costituzionalità, chiedere l’intervento dei Giudici di Lussemburgo, al fine di chiarire la conformità della disciplina interna rispetto a quella eurounitaria. Venivano così formulate due questioni pregiudiziali. Con la prima, la Corte di giustizia era invitata a chiarire se l’art. 4, punto 6, decisione quadro 2002/584/GAI, letto alla luce dell’art. 1, § 3 della medesima fonte e dell’art. 7 CDFUE, fosse da ritenersi in contrasto con una normativa, quale quella italiana, che, nell’ambito dell’esecuzione di un MAE, impedisce l’operatività del motivo di rifiuto alla consegna di ricercati [continua..]

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Fascicolo 5 - 2023