Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Le impugnazioni agli effetti civili dopo la riforma “Cartabia”: la “nuova” accessorietà dell'azione risarcitoria da reato (di Gianluca Varraso, Professore ordinario di Diritto processuale penale – Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano)


A fronte dell’obiettivo preminente della celerità e dell'efficienza del procedimento penale, il d.lgs. n. 150/2022 determina il venir meno delle eccezioni all’accessorietà dell’azione civile disciplinate dagli artt. 576 e 578 c.p.p., in caso di impugnazione delle parti agli effetti civili. La scelta conseguente in sede di gravame di “trasferire” al giudice civile, a fronte di un appello o di un ricorso per cassazione ammissibile, l'azione esercitata ai sensi degli artt. 74 c.p.p. e 185 c.p. esalta il principio di autonomia delle giurisdizioni, creando non secondarie difficoltà interpretative sulla natura e la disciplina del processo in “prosecuzione” davanti al giudice naturale.

Remedies for civil interests after “Cartabia” reform: the ancillary protection of civil rights at the appellate stage of the criminal proceeding

The primary objective of the Italian Legislative Decree No. 150 of 2022 is to improve the efficiency and speed of the criminal justice system. In such context, the so called “Cartabia reform” amended the provisions that require the criminal appellate courts to decide on the civil claims lodged against the accused (Articles 576 and 578 of the Italian Code of Criminal Procedure). The choices made emphasise the separation of the jurisdiction in criminal matters from the jurisdiction in civil cases, while at the same time diminish the ancillary protection of civil rights at the appellate stage of the criminal proceeding. The Author identifies that such new approach may lead to significant difficulties.

SOMMARIO:

1. L’accessorietà dell’azione civile da reato - 2. La dichiarazione di costituzione agli «effetti civili» ex art. 78 lett. d c.p.p. e le interrelazioni con le novità in tema di impugnazioni - 3. Dall’accertamento «senza condanna» … - 4. … al rinvio per prosecuzione davanti al giudice civile ai sensi degli artt. 578, comma 1-bis e 573, comma 1-bis, c.p.p. - 5. La natura del giudizio di rinvio davanti al giudice civile: il contrasto interpretativo e giurisprudenziale - NOTE


1. L’accessorietà dell’azione civile da reato

Già nell’immediatezza dell’entrata in vigore del codice di procedura penale del 1988 si era evidenziato che l’inserimento dell’azione civile da reato nel processo penale ne accresce la complessità, ampliando il numero delle parti e il relativo oggetto [1] e non favorendo, in questo modo, la celerità e la concentrazione di tale processo. Non stupisce, di conseguenza, che il d.lgs. n. 150/2022, attuativo della legge delega n. 134/2021 già nella sua intestazione finalizzata all’efficienza della giustizia penale e alla stessa “celere definizione dei procedimenti giudiziari” [2], abbia inciso sulla disciplina delle questioni civili derivanti da reato, portando a “compimento” o, comunque, proseguendo verso una piena autonomia tra le giurisdizioni [3]. La strada maestra seguita è stata il rafforzamento dell’accessorietà dell’azione civile ex artt. 74 e 185 c.p.p., che si fonda sull’art. 538, comma 1, c.p.p., rispetto all’azione penale [4]. L’accoglimento della domanda alle restituzioni o al risarcimento all’interno del processo penale presuppone una «sentenza di condanna» [5], come già avveniva sotto il codice del 1930 [6]. La condanna in senso formale, che accerta la colpevolezza ogni oltre ragionevole dubbio dell’impu­tato e, quindi, la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi e soggettivi del reato che è la fonte del­l’obbligazione civile ai sensi dell’art. 185 c.p., rappresenta nel giudizio di primo grado condicio sine qua non del provvedimento dell’organo giurisdizionale sulla domanda civile: se emette sentenza di proscioglimento sia per ragioni processuali che di merito, il giudice, fuori del caso della particolare tenuità del fatto, non deve pronunciarsi sulla domanda risarcitoria o restitutoria; se emette sentenza di condanna provvede, altresì, sulla domanda accogliendola o rigettandola. La costituzione di parte civile è destinata a subire, in questo modo, tutte le conseguenze e gli adattamenti derivanti dalla funzione e dalla struttura del processo penale [7]. E la parte eventuale deve essere consapevole, laddove eserciti le proprie pretese davanti al giudice penale, dell’impossibilità di ottenere una decisione sulla propria domanda laddove il giudizio di primo grado si concluda con una [continua ..]


2. La dichiarazione di costituzione agli «effetti civili» ex art. 78 lett. d c.p.p. e le interrelazioni con le novità in tema di impugnazioni

Le interrelazioni tra le “nuove” forme dell’azione civile da reato e la inedita disciplina in tema di impugnazione agli effetti civili assumono particolare rilevanza ai fini di cui si discute in ragione della modifica all’art. 78, lett. d), c.p.p. che impone, a pena di inammissibilità della dichiarazione di costituzione di parte civile, di enunciare le ragioni che giustificano la domanda «agli effetti civili». Si è già negato in un primo arresto giurisprudenziale che a tale modifica sia da collegare un qualsiasi elemento di novità [10]. Si è parlato di “una mera precisazione terminologica”, nonché di un riferimento “già scontato”, “non potendo la parte civile interloquire sui profili strettamente penalistici” [11]: Questa lettura non è condivisibile, per ragioni di ordine letterale e logico sistematico. Dopo la novella, il danneggiato dal reato deve indicare nell’atto di costituzione da depositare, a pena di inammissibilità, nell’udienza preliminare o nell’udienza predibattimentale (v. art. 79, comma 1, c.p.p.), non più soltanto in modo puntuale l’esposizione delle ragioni che giustificano la domanda (la causa petendi), ma anche il petitum, almeno secondo quanto risulta dagli atti di indagine depositati fino a quel momento. La nuova formulazione dell’art. 78, lett. d), c.p.p. supera la giurisprudenza che si accontenta[va] per la validità della domanda risarcitoria e restitutoria del mero richiamo al capo di imputazione descrittivo del fatto, contestato nella richiesta di rinvio a giudizio, nel decreto di citazione diretta a giudizio o che dispone il giudizio immediato e direttissimo [12]. In primo luogo, il riferimento agli effetti civili sta ad indicare per ragioni testuali una piena assimilazione della dichiarazione di cui si discute all’atto di citazione ex artt. 163 e 164 c.p.c. [13]. Rimane la discussione dibattimentale ai sensi dell’art. 523, comma 2, c.p.p., con il deposito finale delle conclusioni (la disciplina sul punto non è cambiata), il momento fondamentale per precisare il petitum. Il nuovo obbligo contenutistico dell’atto ex art. 78, lett. d), c.p.p., al fine di garantire le stesse finalità fissate dal codice di procedura civile per l’atto introduttivo del processo significa una maggiore attenzione [continua ..]


3. Dall’accertamento «senza condanna» …

Il quadro normativo di riferimento per le questioni civili, per lo meno sino al d.lgs. n. 150/2022, appariva più complesso, anche in termini di lettura di sistema, nel giudizio di impugnazione a fronte del verificarsi in tale sede della prescrizione (e dell’amnistia), nonché per il consolidarsi del capo penale della sentenza di primo grado in ragione del solo gravame della parte civile avverso una sentenza di proscioglimento [17]. In base all’art. 578, comma 1, c.p.p., quando nei confronti dell’imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni e al risarcimento dei danni cagionati dal reato a favore della parte civile, la Corte d’appello e la Corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, devono decidere sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili. Ai sensi dell’art. 576 c.p.p., la parte civile, oltre ad impugnare i capi della sentenza di condanna che riguardano l’azione civile, può proporre ai soli effetti civili impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento per qualsiasi causa pronunciata nel giudizio di primo grado [18]. Si tratta[va] di norme in deroga alla regola contenuta nell’art. 538 c.p.p. [19], pensate dal legislatore, in primo luogo, per salvaguardare la parte civile dal non liquet dovuto all’inefficienza del sistema processuale, che non riusc[iva] a pervenire alla conclusione nei tempi imposti dagli artt. 157 ss. c.p. e, comunque, a cause indipendenti dalla volontà della stessa parte civile; in secondo luogo, per consentire alla stessa una rivalutazione del proscioglimento in primo grado davanti al giudice penale al fine di rilevarne l’erroneità, pur in assenza di un appello o di un ricorso per cassazione del pubblico ministero o dell’imputato. È indubbia la diversità delle situazioni disciplinate dalle due norme, ma un elemento, ai fini di cui si discute, le accomuna. Come si esprime la giurisprudenza delle sezioni unite, ci si trova[va] di fronte, da un lato, ad un accertamento del fatto di reato fondativo della responsabilità ex art. 185 c.p. in tutti i suoi elementi costitutivi “in via incidentale” nell’art. 578 c.p.p. [20], dall’altro lato, ad una “condanna virtuale” a fronte di una erronea sentenza di [continua ..]


4. … al rinvio per prosecuzione davanti al giudice civile ai sensi degli artt. 578, comma 1-bis e 573, comma 1-bis, c.p.p.

I dubbi sono stati affrontati e risolti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 182/2021 [30], con argomentazioni poste a fondamento di una lettura convenzionalmente orientata che non convincono. Secondo la Consulta, il giudice penale deve infatti verificare, in ragione di una lettura convenzionalmente orientata, se sia integrata la fattispecie civilistica dell’illecito aquiliano (art. 2043 c.c.) secondo il criterio del più probabile che non, ovvero se quella condotta sia stata idonea a provocare un danno ingiusto sanzionabile con il risarcimento del danno: non se il fatto, contestato nell’imputazione, presenti gli elementi costitutivi della condotta criminosa [31]. E si richiamano a sostegno le sentenze delle sezioni unite “Tettamanti” [32], “Sciortino” [33] e “Milanesi” [34] che, a dire della Consulta, non imporrebbero nel giudizio di impugnazione o di revisione “un accertamento, principale o incidentale, sulla […] responsabilità penale dell’imputato, ben potendo contenere l’apprezzamento richiestogli entro i confini della responsabilità civile” [35]. Al di là degli sforzi profusi dalla Consulta nella sentenza n. 125/2021 con una lettura eterodossa, la riforma Cartabia consente di risolvere in radice le questioni di legittimità convenzionale e costituzionale della disciplina originaria di riferimento [36]. In primo luogo, la l. 27 settembre 2022, n. 134, nell’introdurre, per quanto interessa, l’impre­scrit­tibilità dei reati con l’emissione della sentenza di primo grado o del decreto penale di condanna finisce per travolgere proprio l’art. 578, comma 1, c.p.p., determinandone un’abrogazione implicita per i reati commessi dopo il 1° gennaio 2020 [37]. A fronte dell’impugnazione di una sentenza di condanna anche al risarcimento del danno da parte dell’imputato o del pubblico ministero, nei limiti dell’art. 593 c.p.p., non sarà più possibile per questi reati emettere sentenza ex art. 129 c.p.p., ovvero decidere sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, risultando esclusa, anche in astratto, la declaratoria di prescrizione che giustificava la disciplina de qua nel giudizio di appello e con essa l’accertamento [continua ..]


5. La natura del giudizio di rinvio davanti al giudice civile: il contrasto interpretativo e giurisprudenziale

Il giudizio di rinvio è definito “in prosecuzione” davanti al giudice naturale sia nell’art. 578, comma 1-bis, c.p.p. che nell’art. 573, comma 1-bis [48], ma sembra tutt’altro che agevole sostenere che in considerazione del trasferimento dell’azione civile da reato al giudice civile competente non sarebbe necessario alcun atto di impulso della parte interessata e che il giudice civile deciderà in base ai motivi di appello o di ricorso proposti davanti al giudice penale, senza esigenza di emendare l’atto di impugnazione [49]. La Relazione sembra andare in questa direzione parlando di “automatica progressione in sede civile” [50]. Ma è la stessa Relazione subito dopo ad affermare “analogamente a quanto previsto dall’art. 622 cod. proc. pen.” [51]. Pare più corretto anche per ragioni sistematiche, in attesa delle motivazioni delle sezioni unite [52], riferirsi agli approdi contenuti nella sentenza “Cremonini”, proprio in tema di art. 622 c.p.p. [53]. L’atto di impulso contenuto nel dispositivo della sentenza di non doversi procedere di cui all’art. 578, comma 1-bis, c.p.p., ovvero l’ordinanza di rinvio al giudice civile ex art. 573, comma 1-bis, c.p.p. danno avvio ad un procedimento che anche laddove lo si qualifichi in prosecuzione e, a maggior ragione, se ritenuto autonomo, è atto necessario, ma non sufficiente per una corretta instaurazione del nuovo processo civile che deve seguire le regole contenute negli artt. 392 ss. c.p.c., in tema di “riassunzione della causa” [54]. Centrale appare all’interno del nuovo modello processuale prefigurato dalla riforma proprio l’atto di riassunzione, il quale deve rivestire le forme della citazione ex art. 137 c.p.c. È indubbio che il dovere di fondare la decisione sulle “prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel processo civile”, come si esprimono le nuove disposizioni, pare evidenziare quale unico legame necessario rispetto al processo penale, ispirato sempre a ragioni di economia processuale, la piattaforma probatoria già assunta nelle forme del codice di procedura penale [55]. È altrettanto vero che l’oggetto del processo civile in prosecuzione non può essere delimitato o specificato solo dall’atto di impugnazione presentato ai [continua ..]


NOTE
Fascicolo 5 - 2023