Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Regole di giudizio e udienza preliminare (di Paolo Ferrua, Professore emerito di Procedura penale – Università degli Studi di Torino)


Confondendo le regole di giudizio con i presupposti dei provvedimenti giurisdizionali, la riforma ‘Cartabia’ lascia immutata la regola che nel dubbio impone il rinvio a giudizio. La circostanza che il giudice dell’udienza preliminare debba pronunciarsi sulla ‘ragionevole previsione di condanna’ contraddice gravemente la logica del modello accusatorio, contemplato dalla Costituzione; e altrettanto va detto per lo spostamento dell’asse del processo verso la fase delle indagini preliminari, appesantita da vuoti formalismi e finestre giurisdizionali.

Judgment Rules and Preliminary Hearings

By confusing the rules for adjudication with the requirements for judicial action, the ‘Cartabia’ reform leaves unchanged the rule that referral for trial is required in cases of doubt. The fact that the preliminary hearing judge must pronounce on the ‘reasonable prospect of conviction' is highly inconsistent with the logic of the accusatory criminal proceedings; the same applies to the shifting of the axis of the trial towards the preliminary investigation phase, which is weighed down by empty formalisms and judicial windows.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Regole di giudizio e presupposti della sentenza di non luogo - 3. Diagnosi in vista di una prognosi - 4. Futuribili - NOTE


1. Premessa

La legge-delega Cartabia invitava il legislatore delegato a «modificare la regola di giudizio» stabilita per l’udienza preliminare, «nel senso di prevedere che il giudice pronunci sentenza di non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna» (art. 1 comma 9, lett. m), l. 27 settembre 2021 n. 134); una stringente direttiva di dettaglio che lasciava ben poco spazio al delegato, costretto a riprodurre tale e quale la formula della delega, muovendo tutt’al più alla ricerca di sinonimi: ogni variante rischiava di tradursi in un eccesso di delega, fonte di illegittimità costituzionale. Così, infatti, è avvenuto. Il nuovo terzo comma dell’art. 425 c.p.p. ripete, con la sola aggiunta del verbo (‘formulare’), la legge delega, disponendo che «il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna».


2. Regole di giudizio e presupposti della sentenza di non luogo

Parlando di modificare la regola di giudizio nell’udienza preliminare, il testo della delega non mostra, a dire il vero, una grande familiarità con il tema delle regole di giudizio, dato che le confonde con i presupposti della sentenza di non luogo a procedere. Crede di modificare la regola di giudizio nel­l’udienza preliminare, ma, in realtà, la lascia tale e quale. La regola di giudizio è la regola che riguarda il rapporto tra i due termini di un’alternativa decisoria e dice quale sia il provvedimento da adottare in caso di dubbio. Ora, tanto secondo il vecchio testo dell’art. 425 c.p.p., quanto secondo quello nuovo, la regola di giudizio resta la medesima: nel dubbio tra il rinvio a giudizio e la sentenza di non luogo, il provvedimento da adottare è in entrambi i casi il rinvio a giudizio. Mi spiego meglio. In un’alternativa decisoria occorre distinguere due termini: a) il termine ‘marcato’, che è quello di cui la legge fissa i presupposti per la sua adozione e che, di conseguenza, contiene la proposizione da provare; b) il termine ‘consequenziale’ che va affermato ogniqualvolta manchi la piena prova (oltre ogni ragionevole dubbio) dei presupposti contemplati per il termine ‘marcato’, e quindi anche in caso di prova insufficiente o dubbia. Mentre per il termine ‘marcato’, di regola, la legge contempla la motivazione, per quello ‘consequenziale’ può non essere contemplata (come accade, infatti, nell’alternativa tra sentenza di non luogo e rinvio a giudizio) [1]. La legge prevede quando debba essere pronunciata la sentenza di non luogo, della quale fissa i presupposti, e che rappresenta il termine ‘marcato’; non quando debba essere disposto il rinvio a giudizio, che costituisce il termine ‘consequenziale’. L’ovvia conseguenza è che, in assenza della piena prova dei presupposti richiesti per la pronuncia del non luogo, il provvedimento da adottare è il rinvio a giudizio. La regola di giudizio discende meccanicamente dal rapporto tra i due termini dell’alternativa decisoria, senza necessità, quindi, di essere, di volta in volta, espressamente enunciata; occorre enunciarla solo quando si intenda derogare a ciò che implicherebbe quel rapporto. Insomma, la riforma ‘Cartabia’, lungi dal mutare la regola di giudizio per l’udienza [continua ..]


3. Diagnosi in vista di una prognosi

Si discute se la nuova formula sia di tipo diagnostico e prognostico. In realtà – esattamente come accade nell’atto medico, dove la prognosi di una malattia è formulata dopo averla diagnosticata – si è in presenza di un doppio giudizio, vale a dire di una prognosi emessa sulla base di una diagnosi: diagnosi perché il giudice formula il suo convincimento in base allo stato degli atti, ossia secondo l’evidenza probatoria in quel momento disponibile; prognosi perché oggetto del giudizio è la non prevedibilità della condanna, ossia un avvenimento futuro. Ciò premesso, la formula proposta dalla delega non avrà grande influenza sui rapporti tra rinvio a giudizio e sentenza di non luogo, considerato che, al di là delle varianti, permane una sostanziale coincidenza tra ‘gli elementi non idonei a sostenere l’accusa’ (così l’originario comma 3 dell’art. 425 comma c.p.p.) e ‘gli elementi che non consentono una ragionevole previsione di condanna’ (così il nuovo testo). Chi non ha voluto comprendere il senso del primo testo, difficilmente capirà il messaggio veicolato dal secondo testo. Il principale effetto che ne può derivare per il gup è quello retorico, di tipo pedagogico, decifrabile come un monito a non eccedere nel rinvio a giudizio; effetto precario, destinato in breve tempo ad esaurirsi, come per lo più accade alle formule di carattere puramente esortativo. Se si aggiunge che, in un’alternativa decisoria, è inevitabile la tendenza a privilegiare, sin dove possibile, il provvedimento non motivato, si comprende facilmente come il rapporto tra rinvio a giudizio e sentenza di non luogo non si discosterà di molto dalle attuali percentuali [3]. In compenso, non è escluso che i giudici del dibattimento, invertendo istintivamente i termini della regola di giudizio, vedano in chi è rinviato a giudizio un imputato per il quale è già stata formulata una ragionevole previsione di condanna [4] (mentre, a stretto rigore, è soltanto mancata la prova negativa di tale previsione); e la circostanza che ad esprimere quella prognosi sia stato un giudice e non soltanto un pubblico ministero può fortemente nuocere all’imputato. Sotto questo aspetto bisogna distinguere tra la valutazione del pubblico ministero e quella del [continua ..]


4. Futuribili

Occorre riflettere se, nell’ottica di un recupero della centralità del dibattimento, non sia preferibile abolire il vaglio preliminare sull’accusa [5] o, quanto meno, ammetterlo solo a richiesta dell’imputato [6]. Vero è che già oggi l’imputato ha la possibilità di rinunciare all’udienza preliminare chiedendo il giudizio immediato. Ma la previsione dell’udienza preliminare solo su richiesta dell’imputato invertirebbe il rapporto tra regola ed eccezione che oggi si pone tra udienza preliminare e giudizio immediato. L’im­putato sarebbe posto di fronte alla responsabilità se accettare o no il rischio del pregiudizio che può derivare dall’esito positivo del vaglio giudiziario sul fondamento dell’accusa; e, prevedibilmente, si assisterebbe, con notevole vantaggio per i tempi processuali, ad una significativa riduzione del­l’ambito operativo di un istituto, come l’udienza preliminare, che non è essenziale alla logica del modello accusatorio. Non credo che l’assenza dell’udienza preliminare incoraggerebbe il rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero. Oggi la responsabilità del rinvio a giudizio è divisa tra pubblico ministero e giudice dell’udienza preliminare, il che la rende piuttosto debole; di due e di nessuno. La duplicità delle mani in cui passa questa scelta, paradossalmente, riduce le garanzie. La sequenza, più frequentemente di quanto non si creda, è all’incirca la seguente. Il pubblico ministero dice a sé stesso: «io chiedo il rinvio a giudizio, un giudice deciderà sulla richiesta e, se l’accoglie, ne sarà corresponsabile»; a sua volta, il giudice dell’udienza preliminare pensa spesso: «il pubblico ministero ha esaminato gli atti e ritenuto necessario il rinvio a giudizio; io posso tranquillamente disporlo; nulla è pregiudicato perché il giudice del dibattimento deciderà sulla colpevolezza, assolvendo o condannato; la sentenza di non luogo, invece, è destinata ad essere impugnata o a divenire irrevocabile». Se il giudice del dibattimento assolve, la responsabilità del pubblico ministero è ridotta, perché la scelta persecutoria è stata condivisa dal giudice dell’udienza preliminare [7]. Soppressa l’udienza preliminare, il [continua ..]


NOTE