Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Le intercettazioni preventive dei Servizi di informazione per la sicurezza: profili problematici di una discussa riforma (di Chiara Rosa Blefari. Dottoranda in Procedura penale – Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”)


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Le intercettazioni preventive costituiscono da sempre uno dei temi più discussi nell’ambito del diritto processuale penale, soprattutto in virtù del fatto che realizzano una compressione di taluni diritti fondamentali (su tutti quello alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni), senza che apparentemente vi sia alcuna garanzia di imparzialità e terzietà, come invece succede per le intercettazioni di cui agli artt. 266 ss. c.p.p. Per quanto concerne le intercettazioni preventive dei Servizi di Sicurezza, già da tempo si auspicava una riforma che si ponesse come obiettivo quello di andare a dirimere alcuni contrasti e dissipare il velo fitto di perplessità che si erano generati intorno a questo particolare istituto. La novella legislativa intervenuta in argomento (art. 1, comma 684, l. 29 dicembre 2022, n. 197) ottiene solo parzialmente i risultati sperati; pur andando definire meglio i contorni sfumati di alcune disposizioni, lo fa prediligendo una sede, quella della legge di bilancio, poco opportuna per affrontare una tematica così ricca di risvolti significativi. In aggiunta, gli interventi dirimenti da molti auspicati non si sono tradotti in una presa di posizione decisa da parte del legislatore, ma in un tentativo (solo parzialmente riuscito) di consolidare quel bilanciamento di diritti ed esigenze che da sempre si tende a garantire in questa complessa materia.

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Preventive interception of Security Intelligence: profiles and issues of a discussed reform

Preventive interception has always been one of the most discussed issues in the field of Criminal procedural law, especially because of the fact that they achieve a compression of certain fundamental rights (on all the freedom and secrecy of communications).With regard to preventive interception by the Security Services, for some time now there has been a desire for a reform whose aim was to resolve certain conflicts and to dispel the thick veil of perplexity that had arisen around this particular institution. The reform is, therefore, carried out by the new Government in office, but only partially obtains the desired results; while intervening, in fact, going to better define the nuanced outlines of some provisions, it does so by preferring a seat (l. 29 dicembre 2022, n. 197) that little space reserves to a theme so important and rich in significant implications.

SOMMARIO:

1. Le intercettazioni preventive: tra esigenze investigative e tutela dei diritti fondamentali - 2. Le intercettazioni preventive dei Servizi di informazione per la sicurezza: la recente riforma - 3. Riflessioni conclusive - NOTE


1. Le intercettazioni preventive: tra esigenze investigative e tutela dei diritti fondamentali

Nel variegato panorama degli strumenti investigativi, le intercettazioni si distinguono per essere un mezzo particolarmente invasivo. In relazione alla specifica finalità perseguita, si parla di intercettazioni disciplinate dagli artt. 266 ss. c.p.p. [1] e intercettazioni preventive: le prime hanno la funzione di consentire la prosecuzione delle indagini, mentre le seconde rivestono una funzione di pubblica sicurezza, essendo destinate alla prevenzione dei reati. In sostanza, queste ultime rappresentano captazioni di conversazioni o comunicazioni (telefoniche, ambientali, domiciliari o telematiche) e attività di monitoraggio sulle comunicazioni, espletabili a prescindere dall’esistenza di una notitia criminis [2]. L’introduzione nel nostro ordinamento delle intercettazioni preventive è stata resa necessaria per tutelare, in via anticipata, un potenziale danno alla sicurezza pubblica o all’ordine pubblico, in relazione a delitti che destano un rilevante allarme sociale (su tutti i reati di stampo terroristico) [3]. Già con le “normali” intercettazioni [4] è particolarmente complesso operare un bilanciamento tra le diverse esigenze in gioco [5]; con quelle preventive, poi, la necessità di individuare un giusto (seppur precario) equilibrio tra i diritti fondamentali e la tutela della sicurezza dello Stato si rende ancora più stringente. Le intercettazioni preventive [6] sono sempre state guardate con sospetto, ponendosi in dubbio la possibilità di riconoscere, a livello costituzionale, il principio di prevenzione [7]. In particolare, detto strumento di indagine ha sollevato diversi dubbi di legittimità costituzionale: intanto, la mancanza di una espressa previsione in Costituzione del riconoscimento delle esigenze preventive tra i valori che possano dar luogo a una compressione dei diritti fondamentali, quali, su tutti, la libertà e la segretezza delle comunicazioni, renderebbe, di per sé, tale strumento, a rischio di illegittimità. In secondo luogo, la disciplina delle intercettazioni preventive [8] desta preoccupazioni in relazione al fatto che il potere di autorizzare le operazioni spetti al Procuratore della Repubblica e non al giudice, come invece, previsto dalla disciplina dettata dall’art. 267 c.p.p., che sembrerebbe maggiormente garantista dei diritti tutelati all’art. 15 della Carta [continua ..]


2. Le intercettazioni preventive dei Servizi di informazione per la sicurezza: la recente riforma

Per meglio comprendere le questioni sorte in relazione alla riforma delle intercettazioni preventive, risulta indispensabile una – seppur breve – panoramica sul ruolo e le attività dei Servizi di intelligence italiani. L’intelligence è lo strumento di cui lo Stato si serve per raccogliere, custodire e diffondere ai soggetti interessati le informazioni rilevanti per la tutela della sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e delle imprese. In Italia tale compito è stato affidato, con l. 3 agosto 2007, n. 124, al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), il cui Direttore generale è nominato direttamente dal Presidente del Consiglio dei ministri, e alle due agenzie operative AISI (dimensione interna della sicurezza nazionale) ed AISE (dimensione esterna) [13]. Per quanto riguarda le funzioni specifiche, tra le più importanti vi è quella della raccolta di dati e informazioni. In relazione alle intercettazioni preventive da parte dei Servizi di informazione per la sicurezza, queste sono state introdotte nel nostro ordinamento con d.l. 27 luglio 2005, n. 144, convertito in l. 31 luglio 2005, n. 155; nello specifico all’art. 4, come strumento di contrasto al terrorismo, soprattutto di matrice internazionale [14]. Caratteristica peculiare di questa tipologia di intercettazioni è il fatto che vengono effettuate in un momento antecedente alla commissione di un delitto; per quanto molto simili per natura alle intercettazioni preventive di polizia, di cui all’art. 226 disp. att. c.p.p., esse se ne differenziano proprio perché ad effettuarle sono i Servizi di informazione per la sicurezza. Sono, pertanto, inquadrabili come un tertium genus, non catalogabile né come intercettazione di cui agli artt. 266 e ss. c.p.p., né come intercettazione preventiva di polizia [15]. È evidente il cambio di scenario rispetto a quello classico in cui si è soliti inquadrare le intercettazioni; se già quelle preventive risultano avulse dal contesto procedimentale, con quelle condotte dai Servizi di intelligence si assiste a un vero e proprio cambiamento dei soggetti “esecutori” delle attività [16]. Non è più, quindi, la polizia, longa manus del pubblico ministero, bensì operatori non inseriti all’interno di un contesto giudiziario ma organizzati e diretti dall’organo governativo, a [continua ..]


3. Riflessioni conclusive

Le intercettazioni, latamente intese, rappresentano un valido strumento investigativo dal quale, ad oggi, non si può prescindere; lo dimostrano i numerosi interventi legislativi volti, in alcuni casi ad ampliarne la portata o, in altri, ad introdurre nuove tipologie di captazioni [26]. In alcune circostanze, poi, ricorrere ad uno strumento così invasivo risulta indispensabile per reprimere alcuni reati particolarmente gravi. Nel caso delle intercettazioni preventive dei Servizi di intelligence, il panorama muta parzialmente e le problematiche, in parte solo accennate in riferimento a quelle di cui agli artt. 266 ss. c.p.p., diventano, invece le protagoniste di un acceso dibattito. I dubbi sorti intorno alle intercettazioni preventive dei Servizi si spiegano alla luce del fatto che queste si configurano come uno strumento slegato dal controllo giurisdizionale e affidato alle mani di soggetti dipendenti dall’autorità governativa. Tali preoccupazioni risultano, tuttavia, in parte attenuate, laddove si comprendano la necessità e l’indi­scussa utilità di tale strumento investigativo. Negli ultimi anni, infatti, attentati terroristici di varia matrice hanno messo a dura prova la resistenza e la resilienza di intere Nazioni; non da ultimo, il nostro Paese ha dovuto, in qualche modo, garantire la corretta tenuta del sistema di sicurezza. In gioco ci sono non solo la stabilità e l’ordine nazionale, ma anche la tutela di tante vite umane che verrebbero fortemente messe a rischio da un attentato terroristico. In tale ottica, leggendo le disposizioni relative alle intercettazioni dei Servizi di intelligence, risulta chiaro che il legislatore non abbia voluto sacrificare inutilmente talune libertà, ma solo in qualche modo limitarle, in vista della tutela di altri interessi fondamentali. È vero che un maggior sforzo in sede di riforma poteva essere fatto, come è vero che la sede prescelta per la modifica legislativa poteva e doveva essere altra. L’argomento meritava, infatti, di occupare la scena in maniera esclusiva, considerate le numerose implicazioni che ne derivano; in aggiunta, definire e tracciare in maniera tassativa i presupposti ed i limiti per poter ricorrere alle intercettazioni preventive doveva essere l’obiettivo principale del legislatore. Uno sforzo maggiormente descrittivo ed esaustivo doveva, altresì, essere dedicato ai soggetti esecutori [continua ..]


NOTE