Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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L'abnormità dell'ordinanza con cui il g.u.p. dispone la restituzione degli atti al p.m. sull'erroneo presupposto che debba procedersi con citazione diretta a giudizio: le sezioni unite invocano le norme sovraordinate (di Orietta Bruno, Ricercatrice confermata di Procedura penale – Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”)


Le certezze in tema di abnormità, riguardanti il profilo definitorio, si infrangono sul versante applicativo: l’assenza, nel codice di rito, in virtù di una ponderata scelta legislativa, di una disciplina della patologia, riserva alla prassi il rilievo circa la sua esistenza e la determinazione delle sue peculiarità; ciò, allo scopo di stabilire la possibilità di impugnare il provvedimento che ne è affetto. Nell’occasione, le sezioni unite, rimarcata la nozione di abnormità e ricostruito il dibattito, concepiscono una nuova ipotesi di tale invalidità, non solo attraverso un’interpretazione sistematica, ma pure investendo, nel ragionamento, i principi costituzionali. In una cornice monca di tassatività, l’apprezzamento circa l’apparato decisorio della sentenza è circoscritto alla vicenda concreta: nella materia, avrà un ruolo privilegiato la discrezionalità della giurisprudenza; pertanto, si riproporranno, agevolmente, diatribe e tentativi di superarle da parte dell’Adunanza plenaria.

The abnormality of the order by which the judge of the public prosecutor orders the return of the accused to the public prosecutor on the erroneous assumption that a direct summons must be issued: the United Sections invoke the superordinate rules

The certainties on the subject of abnormality, concerning the definitional profile, are shattered on the applicative side: the absence, in the code of procedure, by virtue of a well-considered legislative choice, of a discipline of the pathology, reserves to practice the relief on its existence and the determination of its peculiarities; this, in order to establish the possibility of challenging the measure that is affected. On this occasion, the united sections, having emphasised the notion of abnormality and reconstructed the debate, devise a new hypothesis of such invalidity, not only through a systematic interpretation, but also by investing, in the reasoning, the constitutional principles. In a framework lacking in taxability, the appreciation of the decisional apparatus of the ruling is circumscribed to the concrete case: in the matter, the discretion of the jurisprudence will play a privileged role; therefore, diatribes and attempts to overcome them by the plenary assembly will easily be repeated.

Le sezioni unite (di nuovo) sull’atto abnorme MASSIMA: È abnorme e, quindi, ricorribile per cassazione, l’ordinanza del giudice dell’udienza preliminare che, investito della richiesta di rinvio a giudizio, disponga, ai sensi dell’art. 33-sexies c.p.p., la restituzione degli atti al pubblico ministero sull’erroneo presupposto che debba procedersi con citazione diretta a giudizio: si tratta di provvedimento che impone all’organo d’accusa di compiere un adempimento processuale contra legem ed in violazione dei diritti difensivi, successivamente eccepibile; idoneo, pertanto, a determinare una indebita regressione, nonché la stasi del procedimento. PROVVEDIMENTO: (Omissis) RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 04 marzo 2021 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Prato ha disposto la restituzione degli atti al Pubblico ministero, rilevando che per le ipotesi di reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 10 marzo 2000, art. 4, delle quali erano chiamati a rispondere S.F. e S.A., con riguardo a dichiarazioni annuali presentate nel 2014 e nel 2016, rispettivamente per gli anni di imposta 2013 e 2015, avrebbe dovuto procedersi con citazione diretta, attesi i limiti edittali della pena prevista al momento del fatto. 2. Ha proposto ricorso il Pubblico ministero presso il Tribunale di Prato. Denuncia l’abnormità del provvedimento in relazione agli artt. 4, 416 e 550 c.p.p. con conseguente stasi del procedimento. Rileva che la pena originariamente prevista per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 4, fino al massimo di anni tre di reclusione, era stata aumentata fino ad anni quattro e mesi sei di reclusione dal D.L. n. 124 del 26 ottobre 2019, art. 39, comma 1, lett. d), conv. con modificazioni dalla L. n. 157 del 19 dicembre 2019. Invoca, dunque, l’orientamento giurisprudenziale (Sez. 3, n. 18297 del 04/03/2020, C., Rv. 279238) in forza del quale, nel caso di modifica normativa con la quale vengano introdotti più elevati limiti edittali, deve procedersi con richiesta di rinvio a giudizio ai sensi dell’art. 416 c.p.p., qualora la modifica sia già intervenuta al momento dell’esercizio dell’azione penale, dovendosi applicare il principio “tempus regit actum”, a prescindere dall’irretroattività sul piano sostanziale del trattamento deteriore. Rileva, su tali basi, che l’ordinanza impugnata non è solo erronea, ma ha determinato un’irreversibile stasi del procedimento, in quanto il Pubblico ministero dovrebbe ottemperare al provvedimento, esercitando l’azione penale con citazione diretta, ma ponendo in essere in tal modo un atto nullo. Richiama la giurisprudenza di legittimità (ancora Sez. 3, n. 18297 del 2020, che contiene ulteriori richiami), che in tale situazione ravvisa un profilo di abnormità del provvedimento, di cui chiede dunque l’annullamento. 3. Il [continua..]

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SOMMARIO:

1. Il caso - 2. Esegesi difformi - 3. Rilievi preliminari - 4. La nozione di abnormità - 5. La decisione - 6. Rilievi di sintesi - NOTE


1. Il caso

Il g.u.p. del Tribunale di Prato, con ordinanza del 4 marzo 2021, dispone la restituzione degli atti al p.m., rilevando che, per le ipotesi di reato di cui al d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 4, abbisogna procedersi con citazione diretta, attesi i limiti edittali della pena prevista al momento del fatto. Avverso la decisione ricorre l’organo d’accusa, segnalandone l’abnormità in riferimento agli artt. 4, 416 e 550 c.p.p. con conseguente stasi del procedimento: in origine, per l’illecito in parola, si prevede una pena sino al massimo di anni 3 (tre) di reclusione; essa viene aumentata ad anni 4 (quattro) e mesi 6 (sei) di reclusione dall’art. 39, comma 1, lett. d), d.lgs. 26 ottobre 2019, n. 124 (conv., con modificazioni, dalla l. 19 dicembre 2019, n. 157). Sicché, reputa trovi applicazione l’indirizzo giurisprudenziale ad avviso del quale, in ipotesi di palingenesi normativa con la quale vengono introdotti più elevati limiti edittali, l’azione penale segue le forme della richiesta di rinvio a giudizio ex art. 416 c.p.p.: ove l’opera novellatrice sia già intercorsa al momento del suo esercizio; si applica il principio “tempus regit actum” a prescindere dalla irretroattività, sul piano sostanziale, del trattamento deteriore [1]. L’impugnata ordinanza non sarebbe solo erronea, ma determinerebbe un’irreversibile stasi del procedimento in quanto il magistrato, per ottemperarvi, dovrebbe allestire la citazione diretta che risulterebbe, poi, nulla. Di conseguenza, costui ravvisa un profilo di abnormità della stessa di cui chiede l’annullamento [2]. Dinanzi alla Corte di cassazione, il procuratore generale chiede, a sua volta, quest’ultimo (senza rinvio) poiché l’atto giurisdizionale gravato costituirebbe la chiara manifestazione di un potere esercitato fuori dagli schemi legali, con anomala regressione del procedimento [3]. Ma, il Giudice di legittimità, rilevata l’esistenza di un contrasto interpretativo su tale profilo, il 1° ottobre 2021, rimette la questione alle sezioni unite.


2. Esegesi difformi

La strada dell’Adunanza plenaria, infatti, si apre a cagione della rielaborata querelle in materia. Più esattamente, il rimettente, dopo aver dato atto che il magistrato esercita, correttamente, l’azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio, alla luce del consolidato orientamento in forza del quale deve aversi riguardo al principio “tempus regit actum” e alla disposizione corrente al momento nel quale viene istruita, nell’evenienza già innovata [4], si sofferma sulla nozione di abnormità. Gli spunti provengono da una nutrita elaborazione giurisprudenziale, segnata da plurimi interventi delle sezioni unite, che, avviando dal principio di tassatività dei provvedimenti impugnabili e dei mezzi di gravame, sottolinea come l’abnormità sia categoria confezionata con l’intento di introdurre un correttivo a tale regola; può concernere, inoltre, sia il profilo “strutturale”, in quanto l’atto, per la sua singolarità, si pone oltre le architetture legislative, sia quello “funzionale”, poiché esso, pur non estraneo all’ordinamento, determina la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo [5]. Si distingue, per incisività, il principio in base al quale «È affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. L’abnormità dell’atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto [l’aspetto] funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo»[6]. Mercé detta considerazione, si evidenzia che, in ordine alla natura abnorme del provvedimento con cui, erroneamente, venga disposta la restituzione degli atti al p.m. (art. 33-sexies c.p.p.) persiste un contrasto interpretativo: vi sono delle sentenze le quali negano che il provvedimento di restituzione si ponga al di fuori dell’impianto normativo e [continua ..]


3. Rilievi preliminari

Prima di valutare il profilo dell’abnormità e la effettiva sussistenza di un contrasto interpretativo come segnalato dal rimettente, le sezioni unite si interrogano onde stabilire se il provvedimento con cui il giudice dell’udienza preliminare, investito della richiesta di rinvio a giudizio, abbia disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero, sul presupposto che debba procedersi con citazione diretta, sia o meno corretto e se, pertanto, la conseguente regressione del procedimento possa o meno dirsi indebita. Ora, nella specie, il fatto oggetto di contestazione viene commesso nella vigenza della disposizione più favorevole, ma l’esercizio dell’azione penale, mediante richiesta di rinvio a giudizio, risale ad epoca successiva all’introduzione della modifica legislativa che acuisce la sanzione. Mentre, dal suo, l’art. 550 c.p.p. definisce, selettivamente, i casi nei quali si ricorre alla citazione diretta a giudizio: negli altri, si procede con richiesta di rinvio a giudizio ai sensi dell’art. 416 c.p.p. Nello specifico, si prevede la citazione a giudizio, oltre che nei casi specificamente contemplati dal comma 2 di tale articolo, quando si tratti di contravvenzioni o di delitti puniti con la reclusione non superiore nel massimo ad anni quattro o con la multa, con determinazione della pena secondo disposizioni dell’art. 4 c.p.p. Tale norma ha natura processuale e non si occupa di stabilire il trattamento sanzionatorio e la disciplina applicabile ai reati, con effetti sostanziali, ma di regolare una sequenza procedimentale di atti volta a consentire l’ulteriore svolgimento del processo. In un quadro del genere, si nota, non può prescindersi dal riferimento a pronunce ormai consolidate della giurisprudenza delle sezioni unite, in forza delle quali, in linea con quanto stabilito dall’art. 11 delle disp. gen. (:la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo, vale a dire che la materia processuale è regolata dal principio “tempus regit actum” [13]); la norma disciplina non un fatto passato, ma presente o futuro, senza porsi in conflitto con il principio di irretroattività, salva l’intro­duzione di specifiche norme transitorie. Non rileva, al contrario, il diverso principio dettato, a fini sostanziali, dall’art. 2 c.p., dal quale si desume l’applicazione, anche retroattiva, del trattamento [continua ..]


4. La nozione di abnormità

Si addiviene alla pronuncia in commento passando dal concetto-filtro di abnormità: poiché il provvedimento impugnato è giuridicamente erroneo e determina una indebita regressione del procedimento, il nodo esegetico consegnato al vaglio dell’Adunanza plenaria esige di esplorare la sua invalidità, tema con riguardo al quale l’organo rimettente rileva, come anticipato, la sussistenza di un contrasto. Pleonastico sottolineare, si scrive, che l’istituto non trova, in virtù di una oculata scelta legislativa (desumibile anche dalla «Relazione al progetto preliminare del nuovo codice di procedura penale»), dislocazione nel codice di rito: si rinuncia a stabilire, expressis verbis, l’impugnazione dei provvedimenti affetti da tale vizio attesa a) «la rilevante difficoltà di una possibile tipizzazione» di tutte quelle fattispecie di eclatante sviamento del potere in grado di minare, in maniera significativa, la legalità della sequela procedimentale, alterandone lo svolgimento ed incidendo inevitabilmente sulle istanze di difesa, b) «la necessità di lasciare (…) alla giurisprudenza di rilevarne l’esistenza e (…) fissarne le caratteristiche» in vista di un eventuale gravame. Ecco che l’argomento forma oggetto di numerose pronunce delle sezioni unite che, negli anni, confrontandosi con tale patologia, cercano, non senza sforzi, di disegnarne l’esatto perimetro. Del resto, l’ingresso della categoria, nel panorama delle sanzioni processuali, si correla, ribadisce il Supremo consesso, al bisogno di assicurare la legittimità di ogni catena di atti e di scongiurare il rischio di anomalie che, insorte inaspettatamente e non riconducibili ad altra specie di patologia, siano tali, nondimeno, da alterare lo sviluppo del procedimento e da arrecare pregiudizio alle prerogative riconosciute alle parti. Da qui, l’ammissibilità, nell’evenienza, in deroga al principio di tipicità dei mezzi di impugnazione, del ricorso per cassazione, quando occorre rimuovere atti non viziati da nullità o inutilizzabilità e non sia stabilito altro strumento di gravame. Tali connotazioni dell’atto abnorme incidono, in negativo, sul tentativo definitorio: i) rilevano circostanze relazionate alle più diverse situazioni processuali e sfuggite, per i loro tratti distintivi, ad una diversa [continua ..]


5. La decisione

Sull’onda di tale ricostruzione, pure riguardo al concetto di abnormità, lo step ermeneutico successivo delle sezioni unite è vagliare la questione loro sottoposta. Si conferma l’esistenza di un contrasto interpretativo in ordine alla qualificazione, come colpito da tale vizio, del provvedimento con cui il giudice dell’udienza preliminare, indebitamente, restituisce gli atti al magistrato sull’erroneo presupposto che debba procedersi con citazione diretta a giudizio. Poi, si rende necessario un chiarimento: anche se è consuetudine delle pronunce in materia rinviare, senza distinguo, ai precedenti con i quali viene affermata o negata l’abnormità, le stesse si riferiscono, a ben guardare, a tre diverse tipologie di provvedimenti. Più esattamente, tra le decisioni che concludono per l’abnormità, ve ne sono alcune [35] che assimilano all’oggetto della sentenza in commento le ipotesi caratterizzate dall’erroneo apprezzamento della pena edittale prevista per il reato, al momento dell’esercizio dell’azione penale, sebbene dopo una modifica sopravvenuta rispetto alla data di commissione dello stesso. Altre [36], concernono vicende in cui non è debitamente sindacata la tipologia di crimine, rientrante tra le attribuzioni del collegio, o non viene computato, con esattezza, il tetto della sanzione in conseguenza del mancato conteggio di aggravanti ovvero dell’erronea qualificazione, come illecito autonomo, di casi per cui la pena discende, in realtà, dal calcolo di circostanze attenuanti ad effetto speciale. Infine, ulteriori pronunce [37] hanno ad oggetto circostanze nelle quali la restituzione degli atti è disposta alla luce della riqualificazione del fatto in reato a citazione diretta [38]. Di converso, si registrano pronunce che, nell’affrontare questioni sovrapponibili a quella di specie [39], negano la sussistenza della abnormità quando un’aggravante non è considerata rilevante al fine di concorrere al conteggio della sanzione [40] e laddove si disponga la restituzione degli atti basata sulla previa riqualificazione dell’accadimento in illecito per il quale è sancita la citazione diretta [41]. Orbene, tutte le sentenze menzionate, sostengono le sezioni unite, avviano dal (medesimo) quadro di riferimento dipinto dalle molteplici pronunce sempre [continua ..]


6. Rilievi di sintesi

L’argomento è accattivante [70]: malgrado sia bersaglio di solerzia interpretativa in letteratura e giurisprudenza riserva, ogni volta, sorprese [71] anche per la difficoltà di incanalare le ipotesi concrete nella complessa, quanto ingannevole, alternativa concettuale abnormità strutturale - abnormità funzionale in parte sovrapposta, in altra eterogenea [72]. Non si tralasci che la menzionata alea spalanca le porte ad una discrezionalità illimitata capace, per l’effetto, di congestionare l’organo di legittimità di ricorsi destituiti di fondamento. Nella vicenda in esame, a seguito di un’annosa diatriba, mai sopita, neanche dalle incursioni, ad intermittenza, dell’Adunanza plenaria, (proprio) quest’ultima detta la parola fine rispetto all’ennesima questione applicativa, sagomando un nuovo caso di abnormità [73] che si aggiunge al catalogo già esistente [74]. Se la materia, per natura, si presta ad atteggiamenti ondivaghi, è comunque innegabile che la sentenza di cui si discute non passa inosservata per la originalità del ragionamento logico-giuridico che si snoda lungo un doppio ordine di considerazioni [75]. In prima battuta, sulle problematiche di diritto intertemporale, mette a tacere ogni perplessità: in ambito processuale, diversamente da quel che accade con riferimento alla legge penale sostanziale dove vige il divieto di retroazione sfavorevole della previsione sostanziale, salvo che il novum determini conseguenze favorevoli per il reo [76], rileva la disciplina corrente al momento in cui la norma deve essere applicata; sicché l’esercizio dell’azione penale segue tale criterio (ergo, in fattispecie simili a quelle oggetto di annotazzione, essa deve assumere la veste della richiesta di rinvio a giudizio). Emerge, poi, la portata dirompente della pronuncia laddove la Suprema corte, di fronte ad un’i­potesi dubbia e di non facile soluzione, supera le incertezze ricostruttive ed applicative esistenti in tema di abnormità e, quasi prescindendo dalle categorizzazioni tradizionali, perviene ad esiti fondati sui principi generali che regolano il processo penale. Non sfugge che le sezioni unite abbiano introdotto una nuova e condivisibile dogmatica in tema di abnormità che impone di approcciare il vizio in esame da una diversa angolazione: al quesito relativo [continua ..]


NOTE