Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Sezioni unite (di Lorenzo Pelli)


A fronte dell’acquiescenza del pubblico ministero il procuratore generale è tenuto ad effettuare un coordinamento volto verificarne la volontà ad impugnare

(Cass., sez. un., 22 maggio 2023, n. 21716)

Le sezioni unite sono state chiamate a deliberare sui seguenti quesiti: «quali presupposti legittimino il procuratore generale ad appellare la sentenza ai sensi dell’art. 593-bis, comma 2, cod. proc. pen.»; «se l’acquiescenza del procuratore della Repubblica al provvedimento (art. 593-bis, comma 2, c.p.c.) sia riferibile anche al pubblico ministero che abbia presentato le conclusioni nel giudizio di primo grado»; nonché, «se, in assenza delle condizioni per l’appello del procuratore generale di cui all’art. 593-bis, comma 2, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione dello stesso possa essere qualificato come ricorso immediato ex art. 569 cod. proc. pen. ovvero come ricorso ordinario ai sensi degli artt. 606, comma 2, e 608 cod. proc. pen.».

segue

In riferimento alla prima delle questioni sottoposte alla sua attenzione, sui presupposti legittimanti il procuratore generale ad appellare ai sensi dell’art. 593-bis, comma 2, c.p.p., la S.C. nella decisione a Sezioni unite in commento afferma che quest’ultimo può interporre gravame a seguito dell’acquiescenza del procuratore della Repubblica solo nella misura in cui vi sia stato un coordinamento tra i due uffici requirenti ai sensi dell’art. 166-bis disp. att. c.p.p. In tema si sono delineate due contrapposte linee interpretative. Per il primo orientamento la rinuncia del procuratore della Repubblica non incide sul potere di impugnazione del procuratore generale, atteso che l’inerzia del primo va qualificata quale mero fatto processuale che deve sussistere al momento del giudizio presso il giudice superiore e non anche fin da quando viene promosso il gravame. Diversamente opinando si finirebbe con il relegare tale potere del procuratore generale ad un esiguo lasso temporale dato dalla differenza dei termini tra le due autorità requirenti (Cass., sez. II, 15 dicembre 2021, n. 6534, De Dominicis, in CED Cass., n. 282814-02; Cass., sez. II, 20 aprile 2022, n. 15449, Tiesi, in CED Cass., n. 283197-01; Cass., sez. III, 3 marzo 2021, n. 14242, Anedda, in CED Cass., n. 281577-01). Infatti, in base al dettato dell’art. 570, comma 1, c.p.p. il procuratore generale è legittimato ad impugnare indipendentemente dalla scadenza del termine che incombe sul procuratore della Repubblica. In base alla seconda ricostruzione interpretativa, la volontà abdicativa del procuratore della Repubblica rappresenta un elemento costitutivo della legittimazione ad agire del magistrato requirente presso la corte di appello. In altri termini, l’acquiescenza del primo assume la funzione di elemento condizionante la legittimazione del procuratore generale ad adire un giudice superiore (Cass., sez. IV, 1° dicembre, 2020, n. 33867, Ruberti, in CED. Cass., n. 279918-01; Cass., sez. V, 20 ottobre 2020, n. 34998, P., ivi, n. 279985-01; Cass., sez. V, 18 febbraio 2020, n. 13808, Faye, ivi, n. 279075-01). Tale conclusione risulta evidente alla luce dell’art. 166-bis disp. att. c.p.p., introdotto dal d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, che richiede la promozione di un dialogo tra uffici di Procura di primo e secondo grado mediante intese o comunque di forme di coordinamento tra gli uffici requirenti; Cass., sez. III, 3 marzo 2021, n. 14242, Anedda, cit. Pertanto, l’inoperosità di cui all’593-bis, comma 2, c.p.p. deve essere espressa e non tacita, dovendo attendere il procuratore generale, in mancanza di tale esplicitazione, lo spirare dei termini imposti al procuratore della Repubblica. Ciò sul rilievo che la differente ricostruzione appare, in primo luogo, contrastante con il dato normativo di cui all’art. 591, comma 1, lett. a), c.p.p. che impone la declaratoria di [continua..]

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