Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Le insidie del nuovo regime di documentazione della prova dichiarativa (di Agata Ciavola, Professoressa associata di Diritto processuale penale – Università degli Studi di Enna “Kore”)


La riproduzione audiovisiva diventa la modalità privilegiata di documentazione della prova dichiarativa. Sebbene, la riforma risponda, legittimamente, all'esigenza di rendere più completa e, quindi, più fedele la verbalizzazione, essa, tuttavia, nasconde numerose insidie, rischiando di alterare gli equilibri posti a fondamento del processo di tipo accusatorio. Un risultato che si rivelerebbe disastroso nella logica della tenuta del sistema e che deve essere scongiurato attraverso un'attenta opera ermeneutica.

The pitfalls of the new documentation system of declarative evidence

Audiovisual reproduction becomes the favorite method to document declarative evidence. Although the reform legitimately responds to the need to make a complete and faithful verbalization, it however hides many pitfalls, that risk to alter the balances of the our accusatory system. A result that must be avoided through careful hermeneutic work.

SOMMARIO:

1. La disciplina transitoria della videoregistrazione delle prove dichiarative e della rinnovazione del dibattimento in caso di mutamento del giudice - 2. La registrazione audio e video delle dichiarazioni: da modalità di documentazione più affidabile a strumento di erosione dei principi del dibattimento - 3. La registrazione delle dichiarazioni assunte in fase investigativa - 4. L’incerta disciplina della registrazione delle dichiarazioni delle persone informate sui fatti - 5. Le trascrizioni e l’uso probatorio delle audio video registrazioni - 6. L’uso probatorio della registrazione audio e video della prova testimoniale - 7. La perdita di immediatezza nell’ottica di efficienza del sistema - 8. Il diritto delle parti alla rinnovazione del dibattimento - NOTE


1. La disciplina transitoria della videoregistrazione delle prove dichiarative e della rinnovazione del dibattimento in caso di mutamento del giudice

Non più un anno, come originariamente aveva previsto l’art. 94 del d.lgs. n. 150/2022, ma 6 mesi, con scadenza il 30 giugno 2023, per consentire all’amministrazione di approntare ed organizzare i servizi di registrazione audiovisiva e la conservazione dei supporti informatici, ai fini della verbalizzazione delle prove dichiarative.

È quanto previsto dall’art. 5-undecies del d.l. 31 ottobre 2022 n. 162, conv. l. 30 dicembre 2022, n. 199 [1], che ha modificato l’art. 94, comma 1, delle disposizioni transitorie, in tema di videoregistrazioni, anticipando l’entrata in vigore della nuova previsione introdotta dall’art. 30, lett. i), d.lgs. n. 150/2022, che ha integrato l’art. 510 c.p.p., aggiungendo un nuovo comma 2-bis, secondo cui «l’esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici, delle parti private e delle persone indicate nell’art. 210, nonché gli atti di ricognizione e confronto, sono documentati anche con mezzi di riproduzione audiovisiva, salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico».

La norma va, poi, coordinata con l’art. 93-bis, aggiunto dall’art. 5-duodecies d.l. 31 ottobre 2022 n. 162, conv. l. 30 dicembre 2022, n. 199, che, a proposito del mutamento del giudice nel corso del dibattimento, stabilisce che la nuova disciplina dell’art. 495, comma 4-ter, c.p.p. [2], secondo cui «se il giudice muta nel corso del dibattimento, la parte che vi ha interesse ha diritto di ottenere l’esame delle persone che hanno già reso dichiarazioni nel medesimo dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, salvo che il precedente esame sia stato documentato integralmente mediante mezzi di riproduzione audiovisiva. In ogni caso la rinnovazione dell’esame può essere disposta quando il giudice la ritenga necessaria sulla base di specifiche esigenze», non si applica quando è chiesta la rinnovazione dell’esame di una persona che ha reso precedenti dichiarazioni in data anteriore al 1° gennaio 2023.

La l. n. 199/2022, inoltre, ha modificato il comma 2, dell’art. 94 del d.lgs. n. 150/2022, stabilendo che alle impugnazioni proposte entro il 30 giugno 2023 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’art. 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e 9, nonché le disposizioni di cui all’art. 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176 e che, se sono proposte ulteriori impugnazioni avverso il medesimo provvedimento dopo il 30 giugno 2023, si fa riferimento all’atto di impugnazione proposto per primo [3].

Soffermando la nostra attenzione sulla documentazione degli atti, emerge che il legislatore ha affrontato i due temi: la videoregistrazione delle prove dichiarative e la rinnovazione del dibattimento in caso di mutamento del giudice, ponendoli in stretta connessione tra loro, sebbene essi presentino problematiche e rispondano alla tutela di valori e di garanzie che non sono esattamente sovrapponibili.

Semmai, l’impressione è che si sia voluto “approfittare” dell’esigenza di rafforzare la disciplina sulla documentazione delle prove dichiarative, nell’ottica di assicurare una maggiore trasparenza dell’atto e della genuinità delle dichiarazioni, per giustificare quella che, ad una più attenta lettura, può trasformarsi in una mortificazione dei principi posti alla base del dibattimento: primo tra tutti l’immediatezza; fino ad alterare gli stessi equilibri del sistema accusatorio, creando un vulnus al principio del contraddittorio, inteso come statuto epistemologico del processo penale, ossia come il metodo più attendibile nella ricerca della verità processuale [4].

Un risultato che si rivelerebbe disastroso nella logica della tenuta del sistema e che non sembra essere stato adeguatamente ponderato [5], ma che deve essere scongiurato attraverso un’attenta opera ermeneutica, in particolare, delle norme in tema di letture e di contestazioni.

Senza, poi, trascurare che lo stesso legislatore, nel monitorare gli effetti della riforma, potrebbe intervenire introducendo dei correttivi [6].


2. La registrazione audio e video delle dichiarazioni: da modalità di documentazione più affidabile a strumento di erosione dei principi del dibattimento

La nuova disciplina sulla verbalizzazione delle prove dichiarative prevista dall’art. 510 c.p.p. si inserisce in un contesto più ampio di riforma della documentazione degli atti che, con un’inversione di tendenza, non considera più la riproduzione audiovisiva «un virtuosismo tecnico da usare parsimoniosamente» [7], bensì «una forma ulteriore e tendenzialmente elettiva di documentazione» [8], in sintonia con il principio enunciato dall’art. 1, comma 8, lett. a) e b), della legge delega [9].

La scelta di elevare la riproduzione audiovideo a modalità privilegiata di documentazione [10] può rispondere all’esigenza di rendere più completa e, quindi, più fedele la verbalizzazione, in modo da garantire che la prova resti viva nel tempo [11]. Permette di poter apprezzare più volte sia la narrazione nel suo originario tenore (comprensivo del tenore della voce, pause, intonazione e quant’altro riconducibile ai tratti prosodici), sia l’atteggiamento del dichiarante (con tutte le sfaccettature che porta con sé), come pure, infine, l’interazione tra domanda e risposta alla luce delle indicazioni ormai assodate della psicologia giuridica [12].

La videoregistrazione, cioè, avrebbe l’indubbio pregio di consentire al giudice, al momento della decisione, di “rivivere” quei momenti in cui più elevata è stata l’intensità emotiva sprigionata dalla prova dichiarativa nel corso dell’esame incrociato. Un mezzo per recuperare quell’immediatezza che il decorso del tempo potrebbe avere indebolito; utile anche alle parti per poter meglio preparare la discussione finale e rendere più efficace la propria opera di persuasione.

Peccato, però, che questa “nobile” visione non rappresenti l’unica ragione posta alla base della novella legislativa.

Spesso ad una riforma si associano delle manifestazioni di rimpianto per le occasioni mancate. Ebbene, quest’ultima, forse più di altre, si accompagna ad un diffuso malumore. Si attendeva da tempo un intervento riformatore capace di ribadire con forza la scelta culturale compiuta nel 1988 a favore di un processo di tipo accusatorio. Una presa di posizione avverso i tentativi che in questi ultimi trent’anni sono stati spesso volti ad affermare in via di prassi un modello processuale più incline alla bulimia onnivora dell’ideologia inquisitoria, che fedele alla convinzione della maggiore validità, anche scientifica, della capacità epistemica del contraddittorio nella formazione della prova, che vede nell’immediatezza e nell’oralità esaltate le proprie potenzialità euristiche, secondo l’insegnamento di Chiovenda [13]. Ma queste aspettative sono rimaste in gran parte tradite.

Di questo, i compilatori non sembrano esserne del tutto consapevoli; di certo, l’impressione è che, più che altro, ci sia preoccupati di avere trovato un modo per rendere ossequio alle istanze efficientistiche reclamate dalla giurisprudenza e perseguite dalla riforma, con la soddisfazione, peraltro, di avere fatto un passo in avanti in termini di garanzie rispetto agli approdi a cui si era giunti dopo le conclusioni della Corte di Cassazione, a sezioni unite, con la nota sentenza Bajrami [14]. Questa indicazione sembra trarsi anche dalla Relazione della Commissione Lattanzi che, sul punto, ebbe ad evidenziare che «la stessa Corte costituzionale ha auspicato l’introduzione di meccanismi di riproduzione dell’as­sunzione delle prove dichiarative, che non solo potrebbero fungere da rimedi compensativi nell’ipotesi di deroghe al canone di immediatezza (C. cost., 29 maggio 2019, n. 132 [15]), ma potrebbero valorizzare que­st’ultimo principio, consentendo al giudice di motivare sull’attendibilità della prova dichiarativa potendo disporre di una verbalizzazione attendibile e puntuale dell’assunzione della prova» [16]. Ebbene, già da queste argomentazioni, si comprende come, anzitutto, si voglia trovare un fondamento giustificativo alle deroghe all’immediatezza, e poi, quasi fosse un effetto collaterale, si possa “anche” valorizzare l’immediatezza.

In altri termini, è impossibile, come si è anticipato, non legare a doppio filo l’art. 510 c.p.p. con il nuovo comma 4-ter dell’art. 495 c.p.p. La riproduzione audiovideo dell’esame è l’espediente per contemperare l’esigenza di un’efficiente amministrazione della giustizia penale con il diritto dell’imputato a una corretta decisione sull’imputazione. Grazie alla videoregistrazione si evita ciò che è considerata una “defatigante” escussione e con essa un’“inutile” dilatazione dei tempi processuali. La videoregistrazione, in altri termini, da tecnologia massimamente affidabile posta a presidio del trasparente e regolare svolgimento dell’atto che riproduce, diventa lo strumento per derogare all’immediatezza [17], realizzando, però, un’evidente eterogenesi dei fini.


3. La registrazione delle dichiarazioni assunte in fase investigativa

Ora, l’idea di audio o video registrare il momento della assunzione delle prove orali in dibattimento o degli interrogatori o, ancora, delle dichiarazioni delle persone informate sui fatti durante le indagini, in linea di principio, può condividersi [18]. Si tratta di una tecnologia che – come si legge nella Relazione Lattanzi, «deve essere posta a servizio delle garanzie di corretta esecuzione dell’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini e, almeno nella forma della audioregistrazione, dell’assunzione di informazioni dai potenziali testimoni» [19].

Tale misura era stata fortemente voluta dalla avvocatura in quanto ritenuta necessaria per dare trasparenza all’atto d’indagine ma anche per rendere intellegibile il contesto nel quale si svolge l’attività investigativa [20]. In questo modo, si vuole dare la possibilità di restituire il racconto dell’informatore, di cogliere eventuali sollecitazioni investigative attraverso cui questa narrazione si compie, oltre a verificare, nella maniera più esaustiva, l’assenza di possibili abusi tesi a coartare la volontà del soggetto sottoposto ad interrogatorio o quanto meno l’insussistenza di pressioni psicologiche.

Dunque, maggiore affidabilità della documentazione, vista la natura manipolativa propria della verbalizzazione [21], nonché rafforzamento del diritto di difesa inteso come accessibilità e “controllabilità” della versione integrale dell’atto, anche ai fini della verifica di “conformità”; oltre che una più piena argomentazione sulla credibilità e attendibilità della prova [22].

La riforma, al riguardo, distingue diverse ipotesi: gli interrogatori che non si svolgono in udienza; la prova dichiarativa; le informazioni rese dai possibili testimoni nel corso delle indagini; le informazioni rese da soggetti vulnerabili.

Solo per la prova dichiarativa, come si è detto, la novella entrerà in vigore tra sei mesi, mentre negli altri casi la disciplina, così riformata, risulta immediatamente precettiva.

Per quanto riguarda gli interrogatori resi fuori udienza, il legislatore ha permesso di superare i limiti della precedente disciplina, che prevedeva l’obbligo di procedere alla video o alla audio registrazione solo dell’interrogatorio della persona in stato di detenzione. Secondo la nuova formulazione dell’art. 141-bis c.p.p., la verbalizzazione, in questi casi, dovrà essere sempre integrale e mediante mezzi di riproduzione audiovisiva, mentre solo in caso di indisponibilità di questi ultimi, si potrà procedere alla riproduzione fonografica. Ove, invece, dovesse rilevarsi l’indisponibilità di strumenti di riproduzione audiovisiva e fonografica o di personale tecnico, si dovrà comunque provvedere con le forme della perizia e della consulenza tecnica. Dell’interrogatorio, inoltre, è redatto il verbale in forma riassuntiva, mentre la trascrizione della riproduzione è disposta soltanto su richiesta delle parti.

Analogamente, l’interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare, condotto dal giudice, ai sensi del novellato art. 294 c.p.p., deve essere documentato con mezzi di riproduzione audiovisiva o, se ciò non è possibile, a causa della contingente indisponibilità di mezzi di riproduzione audiovisiva o di personale tecnico, con mezzi di riproduzione fonografica. La norma, tuttavia, non fa alcun riferimento alla trascrizione dell’atto, né prevede l’inutilizzabilità. Più deciso, invece, risulta l’intervento del legislatore nel caso in cui sia stata autorizzata la partecipazione a distanza all’interrogatorio di garanzia. In questi casi, infatti, secondo quanto previsto dall’ultimo periodo del nuovo comma 6-bis, dell’art. 294 c.p.p., andrà sempre disposta la registrazione audiovisiva, così come indicato dall’art. 133-ter, comma 3, terzo periodo, per tutti gli atti o le udienze compiuti a distanza [23]. L’utilizzo dell’avverbio “sempre” permette di dedurre che sono vietate forme di documentazione diversa, sicché, in assenza della registrazione, l’interrogatorio deve considerarsi inutilizzabile.

L’art. 373 c.p.p., a sua volta, dispone che pure l’interrogatorio o il confronto di una persona sottoposta alle indagini o l’interrogatorio di una persona imputata in un procedimento connesso ex art. 363 c.p.p. dovrà essere documentato con mezzi di riproduzione audiovisiva o, se ciò non è possibile, a causa della contingente indisponibilità di mezzi di riproduzione audiovisiva o di personale tecnico, con mezzi di riproduzione fonografica (comma 2-bis). Anche in questo caso non è prevista alcuna sanzione in caso di inosservanza della norma.

Relativamente alle dichiarazioni delle persone informate sui fatti, l’art. 373 c.p.p. stabilisce che, salva (ancora una volta) la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione fonografica o di personale tecnico, sia sempre disposta la riproduzione fonografica, quando le indagini riguardano taluno dei delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p. Al di fuori di questa ipotesi, invece, si procederà alla riproduzione fonografica solo se la persona informata sui fatti ne faccia richiesta (comma 2-ter c.p.p.).

Infine, devono essere sempre documentate, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione audiovisiva o fonografica, le dichiarazioni della persona minorenne, inferma di mente o in condizioni di particolare vulnerabilità, salvo, anche in questo caso, che si verifichi una contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione fonografica o di personale tecnico e sussistano particolari ragioni di urgenza che non consentano di rinviare l’atto (comma 2-quater).

Il comma 2-quinquies dell’art. 373 c.p.p., in chiusura, stabilisce che, per le ipotesi indicate nei commi 2-bis e 2-ter, la trascrizione è disposta solo se assolutamente indispensabile e può essere effettuata anche dalla polizia giudiziaria che assiste il pubblico ministero. Nessun riferimento, viceversa, è stato fatto alle dichiarazioni del soggetto vulnerabile.

Le stesse disposizioni, poi, trovano applicazione quando la polizia giudiziaria opera su delega del pubblico ministero, mentre quando agisce di propria iniziativa, gli artt. 351 e 357 c.p.p. sono stati allineati a tale nuova disciplina, con la differenza che il comma 3-quater dell’art. 357 c.p.p., ai fini della trascrizione della riproduzione audiovisiva o fonografica, prevede che essa sia disposta solo se assolutamente indispensabile e possa essere effettuata pure dalla polizia giudiziaria, anche quando si tratti di dichiarazioni della persona minorenne, inferma di mente o in condizioni di particolare vulnerabilità. Evidenziando come, probabilmente, il mancato richiamo al comma 2-quater da parte del comma 2-quinquies dell’art. 373 c.p.p. sia stato frutto di una svista.

Anche per il difensore è stato introdotto un obbligo di documentazione integrale mediante audio o video registrazione delle dichiarazioni rese dal minorenne, dalla persona inferma di mente o in condizioni di particolare vulnerabilità, sempre fatta salva l’indisponibilità di strumenti di riproduzione fonografica o di personale tecnico e sussistano particolari ragioni di urgenza che non consentano di rinviare l’atto. Mentre, in tutti gli altri casi, si dovrà procedere alla documentazione «anche mediante riproduzione fonografica, (sempre) salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione» (art. 391-ter, comma 3, c.p.p.).

Nessuna modalità di documentazione garantita riguarderà, invece, le dichiarazioni spontanee rese dalla persona sottoposta alle indagini, anche quando si trova in stato di reclusione, e anche se le dichiarazioni sono state rese dinnanzi alla polizia giudiziaria.

Questo diverso regime suscita perplessità.

Com’è stato osservato dalla dottrina [24] e da una giurisprudenza rimasta minoritaria [25] a proposito dell’interpretazione dell’art. 141-bis c.p.p., l’obbligo di registrazione integrale dovrebbe essere osservato ogni qual volta l’indagato rende delle dichiarazioni, senza che abbia alcun rilievo il loro contenuto “spontaneo” o “provocato”. Sebbene le dichiarazioni spontanee, infatti, non siano utilizzabili in sede dibattimentale, esse possono, comunque, acquisire valenza probatoria in caso di contestazioni, e soprattutto, possono essere poste a fondamento dell’applicazione delle misure cautelari, di un sequestro probatorio e hanno valore di prova nei riti a prova contratta. Ciò anche quando esse sono state rese in assenza del difensore e senza l’avviso di poter esercitare il diritto al silenzio. Purché emerga con chiarezza che l’indagato abbia scelto di rendere le dichiarazioni liberamente, cioè senza alcuna coercizione o sollecitazione [26]; per cui è proprio in questi casi che la riproduzione fonografica o audiovisiva avrebbe potuto essere utile a confermare la spontaneità di tali dichiarazioni.


4. L’incerta disciplina della registrazione delle dichiarazioni delle persone informate sui fatti

Per quanto riguarda le persone informate sui fatti, numerose sono state le critiche avanzate nei confronti della scelta, da una parte, di avere limitato l’obbligatorietà della fonoregistrazione ad un elenco di reati che sono individuati in ragione del loro particolare allarme sociale, non già di specifiche peculiarità investigative [27]. Dall’altra parte, ha suscitato molte perplessità l’avere rimesso allo stesso interessato la richiesta di procedere alla fonoregistrazione delle proprie dichiarazioni. Si è osservato, infatti, che appare alquanto singolare che un soggetto estraneo alla vicenda processuale decida di esercitare tale facoltà, che normalmente nasce in chiave difensiva o di tutela della genuinità delle dichiarazioni rese [28].

Per le dichiarazioni assunte dai difensori, peraltro, sussiste sempre il dovere di fonoregistrare, fatta salva l’indisponibilità degli strumenti di riproduzione o di personale tecnico. Ciò tradisce, secondo alcuni [29], una certa diffidenza verso l’attività di investigazione difensiva. Di questo sono consapevoli gli stessi avvocati che, nell’indicare le Regole di comportamento del penalista nelle investigazioni difensive [30], avevano già stabilito che le informazioni assunte dovessero essere documentate in forma integrale e che quando è disposta la riproduzione almeno fonografica possano essere documentate in forma riassuntiva (art. 13). Con il suggerimento, di tener conto di una percezione diffusa di miglior accoglimento delle investigazioni «se trascritte in maniera integrale ed audio registrate» [31].

Probabilmente, per gli inquirenti, invece, si è escluso un generalizzato obbligo di fonoregistrazione per non oberare troppo gli investigatori di ulteriori adempimenti, che peraltro implicano anche la necessità di conservare le registrazioni effettuate con modalità che ne impediscano l’alterazione.

Sennonché, la disciplina lascia in ombra diversi aspetti procedurali.

Non si chiarisce, in particolare, quando la richiesta di fonoregistrazione potrà essere avanzata: se occorre, cioè, che venga esercitata subito dopo l’avviso o anche successivamente.

In assenza di una chiara indicazione, tale facoltà dovrebbe poter essere esercitata in qualsiasi momento. Del resto, solo per il teste fragile o nell’art. 141-bis c.p.p. è specificato che la registrazione deve essere integrale, e dunque da effettuare sin dall’inizio della verbalizzazione; sicché negli altri casi deve ritenersi che essa possa sopraggiungere anche nel corso dell’esame. Ciò potrebbe permettere di tutelare la posizione di coloro che, convocati in qualità di persone informate sui fatti, nel corso dell’esame, comincino a percepire delle pressioni e desiderino rendere intellegibile il contesto o le modalità di formulazione delle domande o, comunque, vogliano assicurarsi che non si realizzino degli aggiramenti delle disposizioni di cui all’art. 63 c.p.p., poste a tutela del diritto di difesa e del diritto a non autoincriminarsi.

Sebbene non si possa non rilevare che, in assenza di una sanzione per la mancata fonoregistrazione o per il mancato avviso, risulta evidente che queste nuove regole non abbiano alcun valore precettivo e rientrino più nel catalogo delle norme aventi un carattere pedagogico, cioè di orientamento degli inquirenti, sollecitandoli a sviluppare delle buone prassi. Senza, poi, trascurare che la clausola di salvaguardia per l’indisponibilità degli strumenti di riproduzione o del personale tecnico attenua, ancor più, la reale portata della disciplina.

Con il risultato che, pur trattandosi di disposizioni immediatamente vigenti, specialmente nei primi tempi, in cui occorrerà adeguare le dotazioni degli uffici, non è da escludere che esse possano non essere osservate.

Non solo. Si ha la sensazione che il rafforzamento delle garanzie sia soltanto apparente, in quanto l’indisponibilità della strumentazione tecnica, in teoria, potrà, liberamente, sempre rappresentare un comodo alibi per giustificare il mancato ricorso alla modalità più garantita di documentazione, soprattutto in quelle ipotesi in cui non sussiste alcuna sanzione in caso di inosservanza della regola.

Forse, piuttosto che preoccuparsi di inserire una clausola di salvaguardia per sollevare gli inquirenti dall’onere di doversi adoperare per garantire la fono o la video registrazione, sarebbe stato preferibile, prima, investire anche finanziariamente sull’acquisto delle apparecchiature necessarie, in modo da permettere alle amministrazioni di rendere ossequio alla riforma; senza considerare che, ormai, tali dispositivi hanno costi contenuti e, che, se davvero si reputa che i benefici in termini di tutela dei dichiaranti e della genuinità delle loro dichiarazioni siano superiori rispetto a quelli di una verbalizzazione, questo valore dovrebbe essere tutelato sempre e comunque, senza eccezioni, o, quanto meno, sulla base di situazioni chiaramente determinate.

Ecco perché, dovrebbero ritenersi valide, anche per queste ipotesi, le tesi sostenute a proposito della insufficienza o della inidoneità delle attrezzature installate nelle procure della Repubblica, richiamate dall’art. 268 c.p.p., secondo cui l’“insufficienza” deve alludere a situazioni concrete e non di tipo meramente organizzativo, come nell’evenienza in cui tutte le attrezzature siano occupate per altre operazioni [32] e che l’inidoneità riguardi, ad esempio, eventuali problemi tecnici, quali guasti e malfunzionamenti [33]. Al fine, peraltro, di consentire al giudice, nelle fasi successive, di verificare la sussistenza o meno di queste situazioni, è implicito che esse dovranno essere illustrate in un apposito decreto motivato, e che nei casi previsti dall’art. 373, comma 2-quater, c.p.p., dovrebbero anche indicare le specifiche ragioni di urgenza, ovvero precisare quale grave pregiudizio alle indagini conseguirebbe in caso di ritardo nella assunzione delle dichiarazioni del soggetto vulnerabile.

Ciò vale a maggior ragione ove occorra procedere all’assunzione delle dichiarazioni dei minorenni, degli infermi di mente, o delle persone offese in condizioni di particolare vulnerabilità. In questi casi, giacché è prevista la registrazione integrale mediante video registrazione, a pena di inutilizzabilità, la disciplina dovrebbe essere rigorosa, analoga quanto meno a quella prevista per l’interrogatorio della persona in stato di detenzione, anzitutto, non considerando equipollente la fonoregistrazione, e soprattutto imponendo che, in caso di indisponibilità della strumentazione o del personale tecnico, si proceda con le forme della perizia o della consulenza tecnica [34].

Come è stato sottolineato anche da numerose fonti internazionali ed europee, quali la Convezione di Lanzarote (art. 35) o la più recente direttiva 2012/29UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI (art. 24), tutte le audizioni, in particolare se si tratta di un minore, occorre che siano oggetto di registrazione audiovisiva e che tali registrazioni possano essere utilizzate come prova nei procedimenti penali [35]. Analoga raccomandazione è espressa dagli esperti del settore: sia la Carta di Noto (art. 10) [36], che le Linee Guida Nazionali sull’ascolto del minore [37] (art. 3.10) sottolineano l’utilità della videoregistrazione al fine di documentare gli aspetti non verbali della comunicazione, anch’essi considerati importanti per una corretta valutazione della dichiarazione.

La videoregistrazione, tra l’altro, costituisce il mezzo per esercitare un controllo sulle modalità di interazione dell’esperto con il minore, aspetto anch’esso fondamentale per la valutazione della testimonianza, pure nei gradi successivi del processo [38], visto che la genuinità e la spontaneità delle dichiarazioni possono essere fortemente compromesse dall’atteggiamento degli interroganti [39].

Non è, pertanto, accettabile che tale prescrizione, posta a tutela della trasparenza dell’atto e della attendibilità di una prova che può risultare decisiva ai fini dell’accertamento della colpevolezza dell’im­putato, possa essere recessiva rispetto alla incapacità del sistema di assicurare che le amministrazioni si dotino degli equipaggiamenti necessari. L’occasione, al contrario, dovrebbe essere da stimolo per attrezzare “almeno” una saletta per ciascuna sede di tribunale o della procura con arredi adeguati e la predisposizione di un setting non ansiogeno: un luogo accogliente, silenzioso, tranquillo e appositamente organizzato per l’ascolto [40]. Gli ambienti, in particolare, dovrebbero avere caratteristiche tali da mettere a loro agio i testimoni, specie se si tratta di bambini o di presunte vittime di reati a sfondo sessuale, alle quali dovrebbe essere garantita la necessaria privacy e l’assenza di interferenze come, per esempio, la vista di poliziotti in divisa che accompagnano persone in stato di arresto, oppure di personale che in quel momento sta svolgendo altre attività, telefoni che squillano, voci alte nelle stanze vicine etc. Ogni ambiente dovrebbe essere dotato di una videocamera per documentare tutti i momenti in cui si è sviluppata l’audizione del minore, compresi gli eventuali incontri preparatori. Si tratta di salette, ormai, diffuse sul territorio, che, però, sono state arredate, molto spesso, con fondi di associazioni di volontariato e la buona volontà di qualche magistrato o dirigente delle forze di polizia, talvolta con il contributo dell’avvocatura, ma dei cui costi dovrebbe doverosamente farsi carico lo Stato, con i necessari finanziamenti. La riforma rappresenta l’opportunità per uniformare queste prassi; una ragione in più per cui sarebbe stata assolutamente preferibile un’indicazione normativa più incisiva.


5. Le trascrizioni e l’uso probatorio delle audio video registrazioni

Un altro profilo di grandissima delicatezza attiene alla trascrizione degli atti e, soprattutto, all’utiliz­zabilità delle registrazioni audio e video realizzate in aggiunta alla verbalizzazione ordinaria.

La regola è che le trascrizioni debbano essere disposte su richiesta di parte e se considerate assolutamente indispensabili.

Pure in questo caso, la norma appare laconica, non indicando quando va disposta la trascrizione, cioè se subito dopo il compimento dell’atto o anche successivamente. Il rischio è che, in molti casi, nonostante la registrazione, non procedendosi alla trascrizione, finisca per aver rilievo il verbale perlopiù redatto in forma solo riassuntiva. Con il risultato «di esporre i virtuosi effetti della riforma ad un devastante “effetto a pendolo” capace di sovvertirli in toto» [41].

D’altra parte, la soluzione di ritenere direttamente utilizzabile in chiave probatoria la stessa registrazione non si presenta esente da critiche.

Secondo alcuni commentatori [42], in caso di mancata trascrizione, non dovrebbe essere preclusa alle parti la contestazione della registrazione, ai sensi dell’art. 500, commi 1 e 2, c.p.p. Si ritiene, infatti, più in generale, che le “letture” «non saranno più tali in senso stretto: considerata la valenza documentale di video e audio registrazione non si potrà escludere che siano utilizzabili insieme ai verbali, al di là del tenore dell’art. 500, comma 2, c.p.p., che parla di dichiarazioni “lette” per la contestazione o degli artt. 511 ss., nella cui rubrica ci si riferisce alle “letture”» [43].

Senza considerare che la registrazione, facendo parte del fascicolo del pubblico ministero, potrebbe già essere posta a fondamento dei riti a prova contratta o per l’applicazione di una misura cautelare.

Sul punto, tuttavia, sarebbe opportuno cercare di trovare delle soluzioni che non si pongano in attrito con il principio del contraddittorio e l’ideologia del processo accusatorio.

Sotto questo profilo, dovrebbero operarsi dei distinguo.

Quando si è in fase dibattimentale, le registrazioni relative alle dichiarazioni rese in precedenza non dovrebbero poter avere un utilizzo diretto ai fini contestativi. Del resto, il tenore letterale della norma è chiaro: la contestazione si formula mediante “la lettura” delle precedenti dichiarazioni. Sarà, pertanto, possibile utilizzare solo il verbale redatto contestualmente all’assunzione delle dichiarazioni. Dovrà essere cura delle parti controllare che non ci sia una discrasia tra la verbalizzazione e la registrazione, che ove rilevata dovrebbe essere superata attraverso la trascrizione delle dichiarazioni; di modo che, in caso di contestazione, si possa procedere alla lettura della trascrizione. In questa logica, si dovrebbe ritenere possibile richiedere la trascrizione in qualsiasi momento, ponendo come limite, al più, l’inizio del dibattimento con le richieste di prova [44].

Un ragionamento diverso e un conseguente uso diretto della registrazione rischiano di alterare gli equilibri del sistema, permettendo ad una prova formata unilateralmente di acquisire una vividezza che potrebbe offuscare la credibilità della prova acquisita oralmente e nel contraddittorio tra le parti [45]. Si ricadrebbe nella logica che, a suo tempo, fu posta a fondamento dei noti interventi demolitori della Corte costituzionale del 1992, in cui si sostenne che se è vero che il sistema accusatorio positivamente instaurato ha prescelto la dialettica del contraddittorio dibattimentale quale criterio maggiormente rispondente all’esigenza di ricerca della verità; non può altresì non considerarsi che «accanto al principio dell’oralità è presente, nel nuovo sistema processuale, il principio di non dispersione degli elementi di prova non compiutamente (o non genuinamente) acquisibili col metodo orale». L’idea, cioè, che «vi sono dichiarazioni predibattimentali che per le loro caratteristiche (precisione, ricchezza di particolari) possono essere ritenute, ed a ragione, non meno veritiere» [46]. Ed anche rimanendo entro i confini dell’art. 500, comma 3, c.p.p., si aprirebbe la strada ad un uso di queste dichiarazioni che, difficilmente, potrebbe rimanere confinato alla valutazione della credibilità del teste, esercitando una forte suggestione sul giudice [47]. Non solo. Sotto un profilo pratico, come si potrebbe fare una contestazione con visione della registrazione della sola parte inerente alla dichiarazione resa in modo difforme da quella dibattimentale?

Alla luce di queste considerazioni si deve, pertanto, concludere che non vi deve essere alcuna possibilità di utilizzare ai fini contestativi direttamente le registrazioni.

A diversa conclusione si potrebbe pervenire per le letture relative agli atti divenuti irripetibili. Qui, in effetti, dal momento che il contraddittorio non può più essere attuato, si potrebbe immaginare di recuperare con valore probatorio anche la registrazione, che restituirebbe al giudice «il reale contributo dichiarativo senza il filtro della verbalizzazione, che è per sua natura manipolativa» [48].

Trattandosi, comunque, di prove formate fuori dal contraddittorio, dovrebbe essere ribadita con forza l’idea che trattandosi di atti unilateralmente compiuti, affinché il loro recupero risulti epistemologicamente coerente, si dovrebbero ancor più chiaramente definire i limiti al loro uso probatorio, facendoli valere «come elementi di conferma o falsificazione della prova in senso proprio» [49] e comunque impendendone l’uso come fondamento unico o decisivo di una statuizione di responsabilità. A tal fine, dunque, si dovrebbe applicare con rigore la soluzione cui è giunta la giurisprudenza, che, secondo una lettura costituzionalmente e convenzionalmente orientata, ha affermato che gli atti sottoposti legittimamente a lettura ex art. 512 c.p.p. devono trovare conforto in ulteriori elementi individuati dal giudice, con doverosa disamina critica delle risultanze dibattimentali [50].

Relativamente, invece, alle letture delle dichiarazioni rese dall’imputato che si sottrae all’esame dopo avere reso regolare interrogatorio durante le indagini preliminari, fuori udienza, o davanti al giudice ex art. 294 c.p.p., deve ritenersi che anche la registrazione possa acquisire valore di prova, mentre la trascrizione serva a rendere più facilmente comprensibile il contenuto dell’interrogatorio, non incidendo sulla formazione dell’elemento di prova, rappresentato pur sempre dalle dichiarazioni impresse sui nastri registrati [51].


6. L’uso probatorio della registrazione audio e video della prova testimoniale

Per quanto concerne la verbalizzazione della prova dichiarativa, come si è anticipato, il nuovo art. 510, comma 2-bis, c.p.p., prevede che l’esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici, delle parti private e delle persone indicate nell’art. 210 c.p.p., nonché gli atti di ricognizione e confronto siano documentati anche con mezzi di riproduzione audiovisiva, salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico; mentre la trascrizione è disposta solo su richiesta delle parti.

Segnatamente, si è voluto dare rilevanza a qualunque contesto nel cui ambito si formi un mezzo dimostrativo fisiologicamente idoneo a supportare la decisione sulla regiudicanda [52].

Per questa ragione si è estesa la disciplina di maggiore garanzia prevista dall’art. 510 c.p.p. anche alle prove dichiarative assunte nel giudizio abbreviato, ex art. 441, commi 5 e 6, c.p.p., sebbene la legge preveda che tale escussione si svolga nelle forme indicate dall’art. 422, commi 2, 3, 4, c.p.p. Come evidenziato nella Relazione illustrativa, infatti, a differenza di quanto avviene nell’udienza preliminare, «l’audizione di “testimoni” nel giudizio abbreviato, per quanto non riconducibile all’astratta nozione di prova dichiarativa, è invece geneticamente destinata a formare il convincimento del giudice sull’im­putazione, ponendo tra l’altro quei problemi di sindacato nei gradi successivi di giudizio dai quali si è originata buona parte della tematica in esame» [53].

«A maggior ragione – si è detto – la necessità di videoregistrazione è stata estesa alle prove raccolte in sede di incidente probatorio (art. 401 c.p.p.), che vengono ad esistenza per essere tendenzialmente valutate da un giudice diverso da quello che ha presieduto all’assunzione, e per le quali dunque è particolarmente pressante l’esigenza di ridurre il vulnus ai principi di immediatezza ed oralità» [54].

L’uso della videoregistrazione nei casi di prove divenute irripetibili, formate prima del dibattimento ma nel contraddittorio delle parti, merita apprezzamento, in quanto, meglio di quanto non consenta un verbale, permette al giudice che è chiamato a decidere sulla colpevolezza dell’imputato di rivivere l’intera esperienza probatoria con tutti i suoi contenuti gnoseologici, verbali ed extraverbali. Più precisamente, con la videoregistrazione rivive «l’oralità intrinseca della prova – quella cioè consustanziale alle domande e alle risposte rese nel contesto della cross examination – la quale, permettendo al giudice di conoscere – sia pure ex post ed ab exstrinseco (i.e. in differita)i tratti prosodici del discorso, soddisfa uno dei due presupposti – l’altro è appunto la possibilità per il giudice di concorrere alla formazione della prova – dalla cui combinazione il principio di immediatezza/immutabilità del giudice deriva tutta la sua forza epistemica» [55].

Ciò vale, in particolare, quando, trattandosi dei delitti di cui agli articoli 600-bis, comma 1, 600-ter, 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’art. 600 quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies c.p., la formazione anticipata della prova rappresenta il presupposto per non sottoporre ad un nuovo esame i testimoni minorenni o le persone offese particolarmente vulnerabili, dal momento che, ai sensi dell’art. 190-bis c.p.p., l’esame in dibattimento non verrà disposto salvo che l’esame riguardi fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni, o se il giudice o le parti lo ritengono necessario sulla base di specifiche esigenze.

Per queste ipotesi, in verità, come auspicato da tempo, sarebbe stato opportuno prevedere, alla stregua di quanto stabilito per l’assunzione delle dichiarazioni dei soggetti vulnerabili nel corso delle indagini, un vero e proprio obbligo di audiovideo registrazione, assistito dalla sanzione “secca” della inutilizzabilità, ovvero – per le ragioni sopra dette –, senza eccezioni, specie se legate alla disponibilità della strumentazione necessaria. Ed invece, inspiegabilmente, la sanzione non è stata inserita.

È in questi casi che la perdita di oralità e di immediatezza possono trovare una giustificazione nel­l’impossibilità di ottenere in dibattimento davanti al giudice una prova euristicamente più attendibile di quella a suo tempo cristallizzata nell’incidente probatorio. In più, occorre proteggere un valore che, eccezionalmente, può trovare un ragionevole bilanciamento con quello dei principi dibattimentali, ossia la tutela dei minorenni o, più in generale, dei soggetti in condizione di particolare vulnerabilità.

Due le ragioni: occorre favorire l’oblio, legato al decorso del tempo, evitando la rievocazione di un evento traumatico, che può essere causa di ulteriori vittimizzazioni; nonché, nel caso, si tratti di bambini, la consapevolezza che la distanza temporale dall’evento gioca un ruolo essenziale: poiché il ricordo si affievolisce rapidamente, occorre procedere all’ascolto del bambino nel più breve tempo possibile, evitando di sollecitarlo più volte sul tema, in quanto la ripetizione è un fattore di rischio di distorsione del ricordo e di formazione di possibili errori, che incorporati nel ricordo stesso e poi ripetuti ne divengono parte integrante al punto da essere percepiti dal soggetto come veritieri [56]. La cristallizzazione della prova in un momento più vicino al fatto, attraverso lo strumento dell’incidente probatorio, consente, quindi, di preservare la genuinità del racconto. Mentre la videoregistrazione permette di compensare – sia pure solo in parte – la perdita di oralità-immediatezza del contraddittorio dibattimentale [57]. Oltre, e non da ultimo, a consentire un controllo sulle modalità di conduzione dell’esame, aspetto anch’esso, come si è detto, fondamentale per la valutazione della testimonianza, pure nelle fasi successive del processo.

Rimane il problema che il legislatore, avendo ampliato i casi in cui le dichiarazioni assunte nel corso delle indagini sono audio o video registrate, non ha dedicato alcuna attenzione alle loro modalità di acquisizione in dibattimento. Se, infatti, nelle fasi ad esso precedenti esiste ancora un unico fascicolo che contiene sia le dichiarazioni verbalizzate che le registrazioni, e dunque il giudice può accedere ad entrambe per la decisione; in dibattimento sorge spontaneo chiedersi: può il giudice autonomamente decidere se e quando ascoltare o visionare il documento fono o video registrato? Occorre un momento di riproduzione della registrazione in aula? Trattandosi di atti contenuti nel fascicolo del dibattimento, si può applicare la regola prevista dall’art. 511, comma 5, c.p.p. e sostituire la visione con la mera indicazione?

Si tratta di interrogativi che, al momento, sono stati perlopiù formulati con riguardo alla nuova regolamentazione della rinnovazione della prova dibattimentale, ma che hanno una portata generale.

La normativa sulla prova dichiarativa formata in dibattimento, nel corso del giudizio abbreviato e dell’incidente probatorio, entrerà in vigore il 30 giugno 2023, quindi, potrebbe esserci un lasso di tempo per introdurre i correttivi che già l’avvocatura, per il tramite dell’Unione delle Camere penali [58], ha sollecitato, disponendo che occorra si proceda alla riproduzione in aula della video registrazione. E, del resto, «Abbiamo conosciuto il “dar per letto” nell’art. 511 c.p.p., non vorremmo affrontare il “dar per visto”» [59].


7. La perdita di immediatezza nell’ottica di efficienza del sistema

L’introduzione della videoregistrazione come modalità di documentazione della prova dichiarativa, in un’ottica efficientista volta a ridurre sprechi e tempi del processo, in verità, sembrerebbe legata, soprattutto, all’esigenza di ovviare alla rinnovazione del dibattimento in caso di mutamento del giudice [60].

Contrariamente a quanto affermato con fermezza dalla dottrina [61] secondo cui l’immediatezza è un valore che ha una rilevanza costituzionale, in quanto è una delle garanzie che l’art. 111 Cost. eleva a fondamento del giusto processo, il legislatore, seguendo l’orientamento della giurisprudenza prevalente, non ha mostrato alcuna particolare sensibilità verso le capacità euristiche dei capisaldi del giudizio e, al contrario, ha considerato un inutile dispendio di risorse il principio che il giudice debba entrare in contatto con la prova formata in dibattimento. La rinnovazione, ancora una volta, sembra perlopiù vissuta come un’inutile duplicazione di quanto già compiuto ritualmente e validamente [62].

La strada seguita è quella segnata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 132 del 2019: la videoregistrazione assume il ruolo di rimedio compensativo della perdita di immediatezza.

Un passo in avanti rispetto agli ultimi approdi della giurisprudenza di legittimità, ma comunque non del tutto convincente. Come è stato osservato, alla base c’è un problema culturale: se certi modi, certe forme e certe regole sono state poste a fondamento della decisione, è perché si è ritenuto che esse meglio di altre assicurino una verosimiglianza alla realtà. In altri termini, le regole preposte a tutelare i modi acquisitivi sono strumento indispensabile per “una giusta decisione”. Se, dunque, quel che viene in gioco non è un formalismo fine a se stesso, ma la capacità dell’accertamento, e se le forme conoscitive, tra cui l’immediatezza, sono preposte a garantire un risultato di maggiore verosimiglianza nella ricostruzione di un fatto, appare chiaro che la deviazione dalle stesse espone al maggior rischio di errori giudiziari [63].

Ecco perché, sebbene non sia revocabile in dubbio che un giusto processo debba concludersi in tempi ragionevoli e che l’efficienza possa fungere da parametro di valutazione della legittimità del sistema ove vi siano rallentamenti o abusi dei diritti riconosciuti alle parti, è altrettanto chiaro che ciò presupponga, anzitutto, il rispetto di punti fermi, di gerarchie e di priorità. In quest’ottica, l’efficienza non può essere elevata a valore in sé, tale da soppiantare le tradizionali matrici culturali del sistema processuale [64]. Un processo per essere “giusto” deve essere attuato secondo i caratteri indefettibili della giurisdizione fissati dalla Costituzione. Ne consegue che non è «ammissibile l’efficienza del far presto purchessia, sganciata dal risultato conoscitivo e dalle regole del processo» [65]. Affinché, in particolare, le garanzie epistemiche possano essere compresse, occorre un ragionevole bilanciamento con valori anch’essi di primaria rilevanza costituzionale.

Tale non è l’efficienza che è un concetto relazionale [66]. La stessa ragionevole durata del processo, a cui fa espresso riferimento l’art. 111 Cost., se ha imposto un mutamento di tipo, anch’esso culturale, nell’approccio ai temi della giustizia, nella consapevolezza che non ha senso l’irrigidimento e la formalizzazione delle garanzie se non si riesce ad assicurare la funzionalità del sistema [67], non può essa da sola giustificare una compressione dei valori considerati primari di giustizia, avendo un ruolo sussidiario [68]. Coerentemente ai caratteri indefettibili della giurisdizione e al rispetto dei diritti fondamentali dei soggetti coinvolti, la ricerca di efficienza del sistema giudiziario dovrebbe guidare il legislatore nella individuazione di soluzioni idonee alla riduzione dei tempi della giustizia [69], senza, però, obliterare la funzione epistemica delle garanzie processuali che sono garanzie di libertà, ma anche garanzie di verità. Occorre, cioè, evitare scorciatoie che riducono l’orizzonte conoscitivo del giudice o ne pregiudicano il miglior metodo finora escogitato per approssimarsi alla verità giudiziale, ossia il contraddittorio rafforzato dalla immediatezza [70].

In altri termini, la videoregistrazione, in luogo della immediatezza, pur riducendo i costi, rischia di far ottenere una risposta qualitativamente inferiore: un risultato più economico, ottenuto in tempi più rapidi di quanto eviti la rinnovazione dell’intero dibattimento, ma non altrettanto efficace [71].

L’immediatezza, infatti, non può considerarsi rispettata semplicemente permettendo al giudice di assistere alla rievocazione della prova assunta in precedenza [72], ma con il contatto e la possibile interazione con la fonte della prova dichiarativa [73]. Senza, altresì, trascurare che, proprio perché occorre rinnovare l’intero dibattimento, sia pur conservando le prove legittimamente assunte in precedenza, alle parti dovrebbe essere consentito di ridisegnare i tratti delle tesi che esse intenderanno sostenere e rappresentare al giudice alla luce dell’intero compendio probatorio; ad esempio, le richieste di prova e gli esami incrociati condotti in precedenza potrebbero essere diversamente calibrati ed affrontati con strategie differenti.

Nonostante le perplessità, è evidente, tuttavia, che occorre prendere atto di questa scelta e, quanto meno, cercare di ridurre gli elementi di criticità.

Ed al riguardo, il maggior problema rilevato, «non è (tanto) la videoregistrazione in luogo della trascrizione, ma stabilire quando, dove e come il giudice guarderà il film del processo» [74]. Il succedaneo della rinnovazione istruttoria, infatti, non può essere un atto privato del giudice e non si può nemmeno ipotizzare che avvenga direttamente in camera di consiglio. Occorre rispettare la ritualità formale del processo [75]. Le parti, in particolare, devono essere sicure che le registrazioni siano visionate e che il giudice entri in contatto con la prova dichiarativa. Si tratterà di un’immediatezza, come è stato detto, differita [76], ma di certo non è pensabile un’immediatezza soltanto simbolica.

Peraltro, non è da escludere che, di fronte all’alternativa tra una formalizzazione della presa visione della videoregistrazione e la rinnovazione, i giudici, alla fine, opterebbero per la seconda [77].

Rimane sempre l’eventualità, infatti, che la rinnovazione dell’esame possa essere disposta quando il giudice la ritenga necessaria sulla base di specifiche esigenze. Il parametro sembra evocare quello contenuto nell’art. 190-bis c.p.p., che, anch’esso, prevede una limitazione del diritto alla prova che si risolve nella utilizzabilità delle dichiarazioni verbalizzate senza esaminarne l’autore in dibattimento. La nuova escussione della fonte dichiarativa, dunque, verrà ammessa se considerata necessaria, su iniziativa del giudice o delle parti.

In caso di richiesta delle parti, in particolare, sussiste uno specifico onere di allegazione e di argomentazione avente ad oggetto le ragioni dalle quali desumere la necessità della rinnovazione. La richiesta avanzata dalla parte deve, cioè, essere sorretta dall’esposizione delle motivazioni che, nel caso specifico, rendano necessario il nuovo esame sui medesimi fatti: spettando poi al giudice (che comunque conserva la facoltà di rilevare ex officio l’eventuale necessità della rinnovazione [78]) di apprezzarle nel merito, eventualmente alla luce di ulteriori elementi di fatto emersi successivamente [79].

La formulazione letterale della norma, però, può nascondere un’insidia. Precisamente, laddove essa prevede che la rinnovazione della prova dichiarativa ritenuta necessaria “possa” essere disposta, «anziché proiettare l’atto richiesto nella dimensione della obbligatorietà lo confina piuttosto in quella della mera possibilità» [80]; con una conseguente dilatazione della discrezionalità del giudice, arbitro di decidere di non dar comunque corso ad un esame da lui stesso ritenuto necessario. Si tratta di un’interpre­tazione, tuttavia, che pur risultando più aderente alla littera legis, non può essere accolta per gli effetti paradossali che altrimenti ne conseguirebbero: «infatti, se necessario è ciò di cui non si può fare a meno, o il giudice ritiene la prova non necessaria e allora coerentemente non la ammette, o, viceversa, ne ravvisa la necessità e allora non può far altro che darvi seguito; tertium non datur» [81].


8. Il diritto delle parti alla rinnovazione del dibattimento

Rimane, poi, la questione della rinnovazione delle prove per le quali non si è proceduto alla videoregistrazione.

L’art. 495, comma 4-ter c.p.p., al riguardo, riconosce chiaramente alla parte che vi ha interesse il “diritto” ad ottenere l’esame delle persone che hanno già reso dichiarazioni nel medesimo dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate. Un diritto che ci sembra vada ricondotto alla previsione contenuta nell’art. 190 c.p.p., che riconosce alle parti il diritto all’ammissione di tutte le prove che non siano vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti; sicché non dovrebbe più esserci spazio per una valutazione sulla rilevanza o utilità della rinnovazione nel senso proposto dalla sentenza delle sezioni unite Bajrami [82].

Al riguardo, a suscitare le maggiori perplessità era stata la degradazione del diritto alla prova delle parti ad un’aspettativa di rinnovazione subordinata ad un vaglio giudiziale a maglie strette, condotto alla luce anche delle risultanze delle prove acquisite e conservate nel fascicolo del dibattimento. La tesi sostenuta dalla Corte è la seguente: poiché le prove acquisite conservano efficacia e poiché le parti, nel chiedere la rinnovazione sia delle prove nuove sia di quelle reiterative di quelle già assunte, devono specificare le ragioni della rinnovazione, «l’ammissione delle prove in sede di rinnovazione non è sottratta ai poteri valutativi del giudice ai sensi degli artt. 190 e 495 c.p.p., da reinterpretare in chiave selettiva, perché la non manifesta superfluità va apprezzata anche in riferimento alle prove già espletate innanzi a diverso giudice» [83].

Si tratta di una conclusione che ha suscitato aspre critiche perché ridimensiona la portata del principio di immediatezza. Contrariamente alle conclusioni della Suprema corte, dunque, vista la rilevanza anche costituzionale del principio di immediatezza e i presupposti fissati dall’art. 111 Cost., comma 5, sembra debba doversi ritenere che la riforma rappresenti l’occasione per riaffermare il principio secondo cui le prove formate davanti al giudice mutato devono essere sempre rinnovate, salvo quando la rinnovazione sia impossibile o tutt’al più le parti non ne facciano richiesta [84]. Un ritorno, dunque, alle conclusioni offerte, sempre dalle sezioni unite, nella sentenza Iannasso, che avevano affermato che, in caso di mutamento della persona del giudice monocratico o collegiale, «la testimonianza raccolta dal primo giudice non è utilizzabile per la decisione mediante semplice lettura, senza ripetere l’esame del dichiarante, quando questo possa avere luogo e sia stato richiesto da una delle parti» [85].

In altri termini, dal combinato disposto degli articoli 495, comma 4-ter, e 525, comma 2, c.p.p., si dovrebbe dedurre che, soltanto in caso di videoregistrazione, il diritto delle parti può subire una contrazione, potendosi rinnovare la prova solo se ritenuta necessaria alla luce dell’indicazione di specifici motivi. Una limitazione, tuttavia, da interpretare come un’eccezione alla regola di cui all’art. 190 c.p.p. e che, d’altronde, anche dal punto di vista terminologico, richiama le altre disposizioni del medesimo tenore presenti nel codice, prima tra tutte, come si è detto, l’art. 190-bis c.p.p. Ma, fuori da questo caso, deve sostenersi con fermezza che alle parti spetti un ampio diritto alla rinnovazione dibattimentale.

Il timore che queste conclusioni possano scontrarsi con le esigenze di efficienza del sistema e di ragionevole durata del processo va fronteggiato ribadendo che la tutela delle prerogative poste a tutela dei diritti fondamentali dell’imputato e dell’indefettibilità della giurisdizione risultano prevalenti, in assenza, quanto meno, di una garanzia compensativa o di un principio costituzionale, anch’esso di valore primario.

Si tratta di un timore che, peraltro, va anche ridimensionato ricordando che statisticamente la percentuale di dibattimenti nei quali si procede ad una rinnovazione dell’istruttoria è molto bassa [86].

Ma non basta. Questa riforma deve essere l’occasione per porre un argine alla tendenza a considerare il terreno processuale «in ostaggio di quello ordinamentale o, comunque, della politica seguita in materia di ordinamento giudiziario» [87].

Non sembra inutile ripetere la richiesta da tempo avanzata, prima fra tutti, dalla stessa magistratura, di coprire il numero dei posti presenti in organico, atteso che risulta una scopertura del 13.7%, il che significa che mancano 1.458 magistrati [88]. La presenza di più magistrati darebbe maggiore stabilità ai collegi e permetterebbe di definire in tempi più ragionevoli i processi. Questo è il primo obiettivo in termini di efficienza da perseguire: se aumentano i mezzi si raggiungono prima i risultati. Inoltre, occorre puntare sulla riduzione delle c.d. “girandole dei giudici nei processi”: un problema anzitutto di tipo ordinamentale.

In particolare, i trasferimenti dei giudici, che sono prevalentemente volontari, richiedono un’attenta gestione e programmazione in modo che abbiano il minore impatto possibile sui processi in corso, sulla continuità del servizio e, in generale, sulla funzionalità degli uffici giudiziari. Gli spazi di questo lavoro non ci consentono di approfondire questa delicata materia, occorre, nondimeno, richiamare alcuni strumenti che vengono spesso utilizzati per limitarne gli effetti. Ad esempio, il c.d. posticipato possesso, la sospensione del trasferimento ad opera del CSM per gli uffici con una forte scopertura dell’or­ganico, l’applicazione temporanea del magistrato trasferito. Il CSM, inoltre, nel fissare i criteri sulla formazione delle Tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti 2020-2022, all’art. 121 ha espressamente previsto che «I dirigenti degli uffici, in previsione della decorrenza dell’efficacia del tramutamento del magistrato, individuano, con apposito provvedimento motivato, i procedimenti penali in avanzato stato di istruttoria e per i quali non operi l’art. 190-bis c.p.p. che dovranno essere dallo stesso portati a termine, contemperando l’individuazione al carico di lavoro prevedibile nel posto in cui subentra» [89].

Si è anche suggerito, de iure condendo, di disporre l’obbligo per il giudice che richiede un trasferimento di portare a termine i procedimenti già assegnati, o comunque iniziati. Oppure, di calibrare la permanenza minima nell’incarico in un determinato ufficio sulla base del carico di lavoro da smaltire, subordinando, anche in questo caso, il trasferimento all’esaurimento dell’arretrato o al fatto che, per il subentrante, quest’ultimo risulti comunque veloce da gestire [90]. O ancora, prevedere un punteggio aggiuntivo (visto che i trasferimenti avvengono su base di punteggi), o altro “trattamento premiale”, che consenta al magistrato che ha concluso i procedimenti a suo carico di prevalere sugli altri aspiranti al trasferimento (in questo modo sarebbe interesse dello stesso magistrato ultimare i processi in corso) [91].

Poiché le disposizioni sulla documentazione delle prove dichiarative mediante videoregistrazione entrerà in vigore a partire da giugno 2023, mentre la nuova disciplina sulla rinnovazione della prova riguarda le dichiarazioni acquisite dopo il 1° gennaio 2023, fintantoché non verranno adeguatamente attrezzate le aule di udienza e non verranno stipulati i relativi contratti di appalto, mancando l’audio­video registrazione, si dovrebbe pervenire alla conclusione che, se le parti ne fanno richiesta, il giudice dovrà disporre la rinnovazione dibattimentale delle prove che non siano manifestamente superflue o irrilevanti; per le dichiarazioni rese prima di quella data, invece, dovrebbe applicarsi la disciplina precedente; il che, non esclude che, in questi casi, venga ancora richiamato il protocollo operativo individuato a seguito della sentenza Bayrami.

Se così fosse, la soluzione accolta dal legislatore con l’introduzione di tale normativa transitoria apparirebbe vessatoria e priva di logica, ponendosi in contrasto con l’art. 3 Cost., considerato che non si rinvengono affatto giustificazioni per il differente trattamento [92].

L’auspicio è, comunque, che la magistratura colga il valore di questa riforma che, sia pure in modo non del tutto convincente, ha voluto porsi in senso di discontinuità con gli ultimi approdi della giurisprudenza, e che, invece, in un’ottica di esasperato efficientismo – che mal tollera un allungamento dei tempi del processo in caso di rinnovazione del dibattimento per avvenuto mutamento del giudice – essa non continui a trincerarsi dietro l’idea che un «vaglio giudiziale sia sempre necessario e che la parte abbia l’onere di dimostrare di avere alla rinnovazione un effettivo “interesse”» [93]. Diversamente, si dovrebbe concludere che, ancora una volta, «bisogna cambiare tutto affinché nulla cambi» [94].


NOTE

[1] Il titolo del provvedimento legislativo è «Misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonché in materia di termini di applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, e di disposizioni relative a controversie della giustizia sportiva, nonché di obblighi di vaccinazione anti SARS-CoV-2, di attuazione del Piano nazionale contro una pandemia influenzale e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali». Per un’analisi della disciplina transitoria v. A. Marandola-L. Eusebi-M. Pellissero, Entrata in vigore, regime transitorio e differimento della riforma, in Dir. pen. proc., 2023, p. 5 ss.; M. Acierno-G. Andreazza, Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del Massimario, Servizio penale, Disciplina transitoria e prime questioni di diritto intertemporale del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, Rel. n. 68/22, 7 novembre 2022, in www.cortedicassazione.it.

[2] Comma aggiunto dall’art. 30, lett. f), d.lgs. n. 150/2022.

[3] Per approfondimenti della disciplina transitoria sulle impugnazioni si rimanda al contributo di Vito Di Nicola.

[4] Esprimono una simile preoccupazione, ad esempio, anche, G. Barone, Il principio di immediatezza e le “nuove” forme di documentazione dell’interrogatorio, delle sit e della prova dichiarativa. Novità, problematiche e potenzialità dell’art. 1 comma 8 lett. a) e b) l. 27 settembre 2021, n. 134, in Giustizia penale, ripresa economica e recovery fund. Verso la riforma del processo penale e del sistema sanzionatorio, a cura di A. Gullo-V. Militello-T. Rafaraci, Milano, Giuffrè, 2022, p. 56; G. Ducoli, Registrazione audio e video, in Riforma Cartabia. La nuova giustizia penale, a cura di D. Castronuovo-M. Donini-E.M. Mancuso-G. Varraso, Padova-Milano, Cedam-Wolters Kluwer, 2023, p. 501 ss.; C. Iasevoli, Il giudizio e la crisi del metodo epistemologico garantista, in Sist. pen., 2022, 11, p. 5 ss.

[5] Come osserva R. Lopez, Nuove ipotesi di documentazione mediante videoregistrazione e collegamento a distanza, in questa Rivista, 2022, n. 1, p. 18, «sfuggite alla ribalta dei temi più controversi nel dibattito che ha accompagnato l’iter di riforma del processo penale […] possiedono, invece, rilievo tutt’altro che secondario le novità che si preannunciano sul versante della documentazione degli atti procedimentali e della partecipazione a distanza: sia nell’uno che nell’altro caso, sul terreno della prova si profilano ricadute che smentiscono lo statuto epistemologico che ne regola l’assunzione».

[6] A tal fine, un impulso potrebbe partire anche dal Comitato tecnico scientifico previsto dall’art. 2, comma 16, della l. n. 134/2021, che è costituito presso il Ministero della Giustizia per il monitoraggio sull’efficienza della giustizia penale, sulla ragionevole durata del procedimento e sulla statistica giudiziaria, quale organismo di consulenza e di supporto nella valutazione periodica del raggiungimento degli obiettivi di accelerazione e semplificazione del procedimento penale, nel rispetto dei canoni del giusto processo, nonché di effettiva funzionalità degli istituti finalizzati a garantire un alleggerimento del carico giudiziario». Visto l’opportuno richiamo ai canoni del giusto processo, non basta monitorare la riforma in termini di miglioramento dell’efficienza del sistema processuale ma della doverosa e prioritaria salvaguardia delle garanzie fondamentali della giurisdizione, sancite dall’art. 111 Cost.

[7] F. Cordero, Procedura penale, XII ed., Milano, Giuffrè, 2012, p. 345.

[8] Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, pubbl. in G.U., Serie Generale n. 245 del 19 ottobre 2022 – Suppl. Straordinario n. 5, p. 311. La disciplina, dunque, va collegata anche alla modifica dell’art. 134 c.p.p., sulle modalità di documentazione generale (Sul punto, v. G. Ducoli, Registrazione audio e video, cit., p. 488 ss.).

[9] Si veda, altresì, l’art. 2-quater, comma 1, dello schema di legge delega proposto della c.d. Commissione Lattanzi, in Riforma del processo penale, del sistema sanzionatorio e della prescrizione del reato: la relazione finale della Commissione Lattanzi, in www.
sistemapenale.it
, 25 maggio 2021, p. 15. La Commissione è stata istituita dalla Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, con d.m. 16 marzo 2021, che ne ha affidato la Presidenza, al Presidente emerito della Corte costituzionale e Presidente della Scuola Superiore della Magistratura, Giorgio Lattanzi, in www.giustizia.it.

[10] In questi casi, dunque, le riproduzioni audiovisive sono uno strumento di documentazione dell’atto, a differenza di quanto previsto a proposito della documentazione dell’interrogatorio della persona informata sui fatti o delle dichiarazioni della persona minorenne, inferma di mente o in condizioni di particolare vulnerabilità, in cui la videoregistrazione diventa un elemento indispensabile alla sua formazione, sicché, salvo il caso della indisponibilità degli strumenti necessari o degli ausiliari tecnici, l’interrogatorio risulta inutilizzabile.

[11] Cfr. C. Bonzano, Documentazione delle dichiarazioni: ancora incompiuto l’incerto cammino verso il sinolo aristotelico di sostanza e forma, in La riforma Cartabia, a cura di G. Spangher, Pisa, Pacini editore, 2022, p. 116.

[12] Al riguardo, v. C. Bonzano, Documentazione delle dichiarazioni: ancora incompiuto l’incerto cammino verso il sinolo aristotelico di sostanza e forma, cit., p. 116; M. Gialuz, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia. Profili processuali, in www.sistemapenale.it, 2 novembre 2022, p. 25.

[13] G. Chiovenda, Principi di diritto processuale civile, IV ed., Napoli, Jovene, 1928.

[14] Cass., sez. un., 30 maggio 2019, n. 41736, Bajrami, in Cass. pen., 2020, 1061, con nota di G. Galluccio Mezio, Sezioni unite e ideale accusatorio: una relazione in crisi, e di A. Caligaris, Quando l’immediatezza soccombe all’efficienza: un discutibile (ma annunciato) sviluppo giurisprudenziale in tema di rinnovazione del dibattimento per mutamento del giudice.

[15] La sentenza è stata ampiamente commentata, ex multis, v. Confronto di idee su: La post immediatezza nella nuova giurisprudenza costituzionale (a margine della sentenza n. 132 del 2019), con commento di P. Ferrua-O. Mazza-D. Negri-L. Zilletti, in Arch. pen., 2019, n. 2.

[16] Riforma del processo penale, del sistema sanzionatorio e della prescrizione del reato: la relazione finale della Commissione Lattanzi, cit., p. 16. Cfr., altresì, M. Gialuz, La digitalizzazione del processo, in Giustizia per nessuno. L’inefficienza del sistema penale italiano tra crisi cronica e riforma Cartabia, Torino, Giappichelli, 2022, p. 299, il quale, peraltro, ricorda che la videoregistrazione è guardata con favore anche dalla giurisprudenza della Corte e.d.u. Si veda, ad esempio, Corte e.d.u., sez. V, 23 maggio 2019, Doyle c. Irlanda, §99; Corte e.d.u., Grande Camera, 15 dicembre 2015, Schatschaschwili c. Germania, § 127.

[17] R. Lopez, Nuove ipotesi di documentazione mediante videoregistrazione e collegamento a distanza, cit., p. 22.

[18] Cfr., altresì, fra gli altri, E.N. La Rocca, Il modello di riforma “Cartabia”: ragioni e prospettive della Delega n. 134/2021, in Arch. pen., 2021, 3, p. 57.

[19] Riforma del processo penale, del sistema sanzionatorio e della prescrizione del reato: la relazione finale della Commissione Lattanzi, cit., p. 16.

[20] Giunta Unione Camere penali, Riforma Cartabia e decreti delegati: confermati i timori dei penalisti italiani, in www.camere
penali.it
, 8 settembre 2022, § 1.

[21] In questi termini, in particolare, v. T. Politi, La documentazione audiovisiva delle sommarie informazioni: una prima lettura della riforma Cartabia, in Giur. pen. Web, 2022, 11, p. 4.

[22] C. Bonzano, Documentazione delle dichiarazioni: ancora incompiuto l’incerto cammino verso il sinolo aristotelico di sostanza e forma, cit., p. 117.

[23] Al riguardo, ad esempio, v. G. Ducoli, Registrazione audio e video, cit., p. 492.

[24] Di recente, v. K. La Regina, Le dichiarazioni spontanee nella sequenza procedimentale, in www.legislazionepenale.eu, 19 gennaio 2022, p. 30.

[25] Cass., sez. I, 30 marzo 1997, Capriati, Dir. pen. proc., 1998, p. 322, con nota di A. Scalfati, Estesa alle dichiarazioni spontanee rese al pubblico ministero l’operatività dell’art. 141 bis c.p.p.; Cass., sez. I, 20 marzo 1997, De Felice, in Cass. pen., 1998, 1665, con nota di M. Bargis, La riproduzione fonografica o audiovisiva prescritta dall’rt. 141-bis c.p.p.: distinzioni interpretative in ordine al concetto di interrogatorio; contra Cass., sez. un., 25 marzo 1998, D’Abramo, in Cass. Ced, n. 210803.

[26] In tal senso v. Cass., sez. II, 3 aprile 2017, n. 26246, Distefano, in Dir. pen. cont., 2017, 25 maggio 2017, con nota di M. Rampioni, Il controverso rapporto tra dichiarazioni spontanee e diritto di difesa: una questione ancora irrisolta.

[27] Si sono lasciate fuori, ad esempio, tutte le sommarie informazioni assunte nell’ambito dei procedimenti contro la pubblica amministrazione, fattispecie nelle quali spesso le dichiarazioni assumono un valore decisivo, mentre, al contrario, per alcuni reati inclusi nell’elenco dell’art. 407, lett. a), c.p.p., l’accertamento sovente si consegue con strumenti captativi (si pensi ai delitti aggravati in materia di stupefacenti) (T. Politi, La documentazione audiovisiva delle sommarie informazioni, cit., p. 4).

[28] Al riguardo, ad esempio, G. Ducoli, Registrazione audio e video, cit., p. 493; T. Politi, La documentazione audiovisiva delle sommarie informazioni, cit., p. 4; F. Porcu, Digitalizzazione degli atti, videoriprese e partecipazione a distanza, in La riforma Cartabia, a cura di G. Spangher, cit., p. 108.

[29] T. Politi, La documentazione audiovisiva delle sommarie informazioni, cit., p. 5.

[30] Regole di comportamento del penalista nelle investigazioni difensive, testo approvato il 14 luglio 2001 dal Consiglio delle Camere penali, con le modifiche approvate il 19 gennaio 2007, in www.camerepenali.it.

[31] Sul punto, cfr. la Relazione dell’Osservatorio sulle investigazioni difensive nel semestre gennaio-giugno 2013, p. 14, in www.camerepenali.it. In senso analogo, altresì, v. P. Gualtieri, Le investigazioni del difensore, Padova, Cedam, 2003, p. 216; R. Magi, Le indagini difensive, Napoli, Edizioni Giuridiche Simone, 2001, p. 59.

[32] Per un’analisi della giurisprudenza e della dottrina sull’argomento v. A. Camon, sub art. 268, in G. Illuminati-L. Giuliani, Commentario breve al Codice di procedura penale, Padova-Milano, Cedam-Wolters Kluwer, 2020, p. 1118.

[33] Cass., sez. IV., 13 maggio 2003, n. 27970, Pronestì, in Ced Cass., n. 225772.

[34] Analogamente, ad esempio, v. C. Bonzano, Nuove norme in tema di documentazione di atti di indagine a contenuto dichiarativo, in Dir. pen. proc., 2023, p. 133.

[35] Dello stesso tenore è l’art. 15, punto 4, della Direttiva 2011/36/UE del Parlamento e del Consiglio del 5 aprile 2011 concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI.

[36] La Carta di Noto – Linee guida per l’esame del minore in caso di abuso sessuale, com’è noto, è un Documento nato dalla collaborazione interdisciplinare tra avvocati, magistrati, psicologi, psichiatri, criminologi e medici legali dopo il convegno “Abuso sessuale sui minori e processo penale”, tenutosi a Noto il 9 Giugno 1996 ed organizzato dalla prof.ssa Luisella De Cataldo Neuburger e dall’Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali. La Carta è stata aggiornata più volte, l’ultima il 14 ottobre 2017. In tutti i documenti è segnalata l’importanza della videoregistrazione delle dichiarazioni rese dal minore.

[37] Linee Guida Nazionali sull’ascolto del minore testimone approvate a Roma, il 6 novembre 2010, dalle principali Società scientifiche che si occupano della materia (Società Italiana di Criminologia, Società Italiana di Medicina legale e delle Assicurazioni, Società Italiana di Neuropsichiatria infantile, Società Italiana di Neuropsicologia, Società Italiana di Psichiatria, Società di Psicologia giuridica).

[38] Fra gli altri v. A. Forza, Ancora sul tema delle garanzie metodologiche della Carta di Noto. L’attendibilità della prova testimoniale oltre le apparenze, in Arch. n. proc. pen., 2007, p. 602; F. Tribisonna, Non è obbligatorio l’ausilio dell’esperto in psicologia infantile nell’esame del minore, in Dir. pen. proc., 2014, p. 77.

[39] Ciò spiega come nella prassi, non siano rari i casi in cui il giudizio di primo grado venga sovvertito in grado di appello proprio a seguito della rivalutazione della testimonianza delle presunte vittime di abusi sessuali, ritenute inattendibili a causa della inadeguatezza delle modalità di conduzione dell’esame assunto nel corso dell’incidente probatorio (cfr., per tutti, Corte app. Brescia, 2 luglio, 2004, G. e altri, in Riv. pen., 2005, p. 1199, con nota di A. Forza, La genuinità della prova testimoniale e le garanzie metodologiche della Carta di Noto).

[40] L’opportunità di incontri preparatori è sottolineata dagli esperti del settore, in quanto può essere utile a rafforzare la genuinità e l’attendibilità della testimonianza del minore, purché sia condotto nel rispetto di alcune regole fondamentali, chiaramente indicate dalla Carta di Noto o dalle Linee Guida Nazionali. Diversamente, è alta la probabilità di produrre l’effetto opposto, inquinando l’attendibilità della prova (Cfr. A. Balabio, Sul ruolo dell’esperto, in AA.VV., Linee Guida Nazionali. L’ascolto del minore testimone. Commentate articolo per articolo, a cura di G. Gulotta-G.B. Camerini, Milano, Giuffrè, 2014, p. 237).

[41] C. Bonzano, Documentazione delle dichiarazioni: ancora incompiuto l’incerto cammino verso il sinolo aristotelico di sostanza e forma, cit., p. 124; il quale osserva, in particolare che «all’evidenza la regola è che la trascrizione della registrazione non è disposta e, dunque, l’atto vive nel procedimento attraverso il verbale che viene redatto secondo le modalità del titolo III del libro II (art. 373, comma 2, c.p.p.); pertanto, come nella prassi accade, sarà frequente l’utilizzo della forma riassuntiva».

[42] In tal senso, ad esempio, M. Gialuz, Per un processo penale più efficiente e giusto, cit., p. 26; T. Politi, La documentazione audiovisiva delle sommarie informazioni, cit., p. 5.

[43] Cfr. M. Gialuz, Per un processo penale più efficiente e giusto, cit., p. 26, il quale rileva che «Per sgombrare il campo da qualsiasi equivoco o dubbio forse avrebbe avuto senso adeguare la disciplina degli artt. 500 ss. e contemplare espressamente la possibilità di un ascolto dell’audioregistrazione o di una riproduzione del video». Analogamente, v. C. Bonzano, Nuove norme in tema di documentazione di atti di indagine a contenuto dichiarativo, cit., p. 136.

[44] In tal senso, altresì, v. C. Bonzano, Nuove norme in tema di documentazione di atti di indagine a contenuto dichiarativo, cit., p. 131. Ciò dovrebbe spingere, ad un controllo incrociato delle registrazioni e dei verbali, da compiere con cura, laddove, invece, da uno studio condotto da Antigone su La registrazione audiovisiva degli interrogatori nell’UE, risulta che spesso le registrazioni non vengono ascoltate o riviste e ci si limiti a leggere le trascrizioni ove presenti (I diritti procedurali osservati dalla videocamera – La registrazione audiovisiva degli interrogatori nell’UE– PROCAM-Rapporto sull’Italia, in www.antigone.it, 26 gennaio 2021).

[45] G. Ducoli, Registrazione audio e video, cit., p. 501.

[46] Così C. cost., 18 maggio 1992 n. 255, § 3.

[47] G. Ducoli, Registrazione audio e video, cit., p. 505.

[48] T. Politi, La documentazione audiovisiva delle sommarie informazioni, cit., p. 1.

[49] Sul punto, ad esempio, G. Giostra, Prima lezione sulla giustizia penale, Laterza, 2020, p. 69; Id., Contraddittorio (principio del) – II) Dir. proc. pen., in Enc giur. Treccani, Agg., VIII, 2001, p. 1.

[50] Cass., sez. VI, 28 giugno 2016, n. 43899, Tropeano, in Ced Cass., n. 274278; Cass., sez. F., 1° agosto 2013, n. 35729, Agrama, ivi, 256575; Cass., sez. I, 4 aprile 2012, n. 14807, Vrapi, ivi, 252269.

[51] Al riguardo, v. P.P. Rivello, sub art. 141-bis, in G. Illuminati-L. Giuliani, Commentario breve al Codice di procedura penale, cit., p. 506, al quale si rimanda per ulteriori richiami dottrinali e giurisprudenziali.

[52] Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, cit., p. 222.

[53] Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, cit., p. 222.

[54] Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, cit., p. 222.

[55] L. Ludovici, Il “nuovo” giudizio di primo grado sospeso tra le ombre del passato e i chiaro-scuri del futuro, in La riforma Cartabia, a cura di G. Spangher, cit., p. 521, nota 39.

[56] Cfr. i punti 2.17 e 2.18 delle Linee Guida Nazionali sull’ascolto del minore testimone, cit.

[57] Cfr., volendo, A. Ciavola, Incidente probatorio atipico e processo di parti, in Cass. pen., 2020, pp. 3293-3294, a cui si rimanda per ulteriori richiami bibliografici.

[58] Unione Camere Penali, Proposte UCPI di emendamenti al dlgs 150/2022, p. 15, in www.camerepenali.it, 7 febbraio 2023.

[59] O. Mazza, Il processo che verrà: dal cognitivismo garantista al decisionismo efficientista, in Arch. pen., 2022, 2, p. 21.

[60] Sull’argomento, limitandoci alle opere monografiche, ad esempio, v. P. Renon, Mutamento del giudice penale e rinnovazione del dibattimento, Torino, Giappichelli, 2008; D. Chinnici, L’immediatezza nel processo penale, Milano, Giuffrè, 2005.

[61] Al riguardo, ex plurimis, più di recente v. F. Morelli, Principio di immediatezza e diritto di difesa, in Riv. it. dir. proc. pen., 2021, 2, p. 477 s.

[62] O. Mazza, Dall’immediatezza al “dar per visto”: l’involuzione di un cardine del giusto processo, in www.difesapenale.eu, 8 luglio 2022.

[63] F.R. Dinacci, L’immutabilità del giudice quale valore euristico da preservare attraverso ortodossie interpretative, in www.diritto
difesa.eu,
6 luglio 2022, p. 5.

[64] O. Mazza, Il processo che verrà: dal cognitivismo garantista al decisionismo efficientista, cit., p. 2.

[65] O. Mazza, Il processo che verrà: dal cognitivismo garantista al decisionismo efficientista, cit., p. 3.

[66] In tal senso, per tutti, v. M. Gialuz-J. Della Torre, Premesse concettuali e reminiscenze storiche, in Giustizia per nessuno, cit., p. 6 ss.

[67] La ristrutturazione del sistema processuale penale – resasi necessaria a causa dei numerosi fattori che ne hanno prodotto la disgregazione – impone la risoluzione di questioni di metodo, tra queste, a proposito del ruolo della cultura processualpenalistica, si è osservato che «forse uno stemperamento del rigido formalismo che caratterizza attualmente i nostri studi e un conseguente approccio più immediato al diritto vivente potrebbe accrescere le chances di incisività della nostra cultura» (E. Amodio, Il processo penale tra disgregazione e recupero del sistema, in Ind. pen., 2003, p. 16).

[68] Dove, il termine “sussidiario” non va inteso in senso riduttivo, ma sta semplicemente a designare un ordine logico, una cadenza nella definizione dei valori. In questi termini, per tutti, v. P. Ferrua, Il “giusto” processo tra modelli, regole e principi, in Dir. pen. proc., 2004, p. 406. In sostanza, secondo l’A., il concetto di ragionevole durata implica già la scelta di un modello processuale caratterizzato da certe garanzie; e può quindi essere definito solo a partire da quel modello che va prioritariamente individuato; nonché G. Pecorella, Il crepuscolo del rito accusatorio, cit., p. 724 ss., secondo il quale ci sono alcune garanzie irrinunciabili: garanzie senza le quali non ha senso lo strumento del processo penale. Non tutte le forme del processo, però, sono egualmente essenziali: è necessario chiedersi, dunque, se quella determinata forma serva a tutelare un valore primario, in assenza del quale non si avrebbe un giusto processo. Ora, di fronte alla domanda, se la richiesta di una maggiore efficienza comporti il sacrificio di alcune garanzie, la risposta non può che essere questa: se si tratta di una garanzia senza la quale verrebbe meno un carattere essenziale del rito accusatorio, nel bilanciamento, deve prevalere il rispetto della legalità sulla maggiore “produttività” dell’ap­parato giudiziario.

[69] Al riguardo, fra gli altri, v. M.G. Aimonetto, La «durata ragionevole del processo penale», Torino, Giappichelli, 1997, p. 225 ss.; C. Cesari, Le clausole di irrilevanza del fatto nel sistema processuale penale, Torino, Giappichelli, 2005, p. 26 ss.; L. Kalb, La «ricostruzione orale» del fatto tra «efficienza» ed «efficacia» del processo penale, Torino, Giappichelli, 2005, p. 118 ss.; D. Silvestri, Ragionevole durata del processo e forme di comunicazione in funzione partecipativa dell’imputato e delle altre parti, in Cass. pen., 2004, p. 1094, nonché volendo A. Ciavola, Il contributo della giustizia consensuale e riparativa all’efficienza dei modelli di giurisdizione, Torino, Giappichelli, 2010, passim.

[70] O. Mazza, Il sarto costituzionale e la veste stracciata del codice di procedura penale, in Arch. pen., 2019, 2, p. 6.

[71] Cfr., altresì, M. Daniele, L’immediatezza in crisi. Mutazioni pericolose ed anticorpi accusatori, in Sist. pen., 2021, 2, p. 61.

[72] Vedi, di recente, ex plurimis, D. Negri, Atti e udienze “a distanza”, in Riforma Cartabia. La nuova giustizia penale, a cura di D. Castronuovo-M. Donini-E.M. Mancuso-G. Varraso, cit., p. 460 ss.

[73] Mentre si vede un filmato potrebbe venire in mente una domanda da fare che non è stata fatta, potrebbe ritenersi necessario un provvedimento ordinatorio che non è stato adottato o non si sarebbe emesso un provvedimento che, viceversa, è stato emanato dal giudice sostituito (F.R. Dinacci, L’immutabilità del giudice quale valore euristico da preservare attraverso ortodossie interpretative, cit., p. 9).

[74] O. Mazza, Il processo che verrà: dal cognitivismo garantista al decisionismo efficientista, in Arch. pen., 2022, n. 2, p. 21.

[75] O. Mazza, Il processo che verrà: dal cognitivismo garantista al decisionismo efficientista, cit., p. 22

[76] G. Ranaldi, Il dibattimento che verrà, prolegomeni di una riforma in fieri, in La legge Delega tra impegni europei e scelte valoriali, a cura di A. Marandola, Padova, Cedam, 2022, p. 221.

[77] Per questo bisogna essere rigorosi nell’esigere che il giudice sia posto dinanzi all’alternativa stringente fra l’udienza dedicata alla rinnovazione e quella dedicata alla visione formalizzata delle registrazioni (O. Mazza, Il processo che verrà: dal cognitivismo garantista al decisionismo efficientista, cit., p. 22).

[78] Rimane ferma, poi, la possibilità che sia il giudice ad assumere l’iniziativa disponendo la rinnovazione, indipendentemente da una richiesta delle parti; ciò sia quando si tratti di una prova documentata in forma audiovisiva, sia quando si tratti di una prova verbalizzata in modo tradizionale.

[79] Cass., sez. II, 20 aprile 2007, n. 25423, Gravina, in Ced Cass., n. 237147, in motiv.

[80] L. Ludovici, Il “nuovo” giudizio di primo grado, cit., p. 522.

[81] L. Ludovici, Il “nuovo” giudizio di primo grado, cit., p. 522.

[82] Analogamente, v. M. Griffo, La Bajrami rivive grazie ad una (irrazionale) norma transitoria, in Giur. pen. Web, 2023, 3, p. 3.

[83] Secondo il Protocollo operativo indicato dalla Corte: – il principio di immutabilità di cui all’art. 525 c.p.p. richiede che il giudice che provvede alla deliberazione della sentenza sia non solo lo stesso che ha assunto la prova ma anche quello che l’ha ammessa, perché se è vero che un evidente nesso funzionale lega istruzione e decisione, in ossequio ai principi di oralità e immediatezza, è anche vero che, della istruzione, l’ammissione costituisce componente indissolubile, in quanto momento del processo di formazione dibattimentale della prova; e ciò fermo restando che i provvedimenti ammissivi conservano efficacia se non espressamente modificati o revocati; – l’intervenuto mutamento della composizione del giudice attribuisce alle parti il diritto di chiedere sia prove nuove, sia prove reiterative di quelle già assunte dal giudice di originaria composizione, con l’onere di indicare specificamente, in tal caso, le ragioni della rinnovazione; – l’ammissione delle prove in sede di rinnovazione non è sottratta ai poteri valutativi del giudice ai sensi degli artt. 190 e 495 c.p.p., da reinterpretare in chiave selettiva, perché la non manifesta superfluità va apprezzata anche in riferimento alle prove già espletate innanzi a diverso giudice; – l’esercizio della facoltà di prova presuppone altresì la necessaria previa indicazione ad opera delle parti richiedenti, in lista ritualmente depositata ai sensi dell’art. 468 c.p.p., non solo dei soggetti da riesaminare ma anche delle circostanze su cui deve vertere l’esame (incombenti in funzione dei quali potrà essere concesso, se richiesto, un breve termine), a condizione che tali nominativi fossero già inseriti nella lista pregressa; – il consenso delle parti alla lettura degli atti già assunti dal giudice di originaria composizione non è necessario con riguardo agli esami la cui ripetizione non abbia avuto luogo perché non richiesta, non ammessa o non più possibile (Cfr. Cass., sez. un., 10 ottobre 2019, Bajrami, cit.).

[84] Cfr, fra gli altri, v. P.P. Paulesu, Mutamento del giudice dibattimentale e diritto alla prova testimoniale, in Cass. pen., 1999, p. 2500. Una parte della dottrina ha osservato che, in questi, casi, «la prova richiesta nel dibattimento rinnovato non configura comunque oggetto di un “diritto potestativo”, in quanto un vaglio della prova, non già della sua rinnovazione, va svolto e va compiuto anche alla luce degli atti presenti nel fascicolo processuale, degli esiti dell’istruzione dibattimentale, già compiuta compresi i verbali della prima escussione» (P. Bronzo, La “Riforma Cartabia” e la razionalizzazione dei tempi processuali nella fase dibattimentale, in www.dirittodidifesa.eu, 10 marzo 2022, p. 12).

[85] Cass., sez. un., 15 gennaio 1999, Iannasso, in Cass. pen., 1999, p. 2494, con nota di P.P. Paulesu, Mutamento del giudice dibattimentale e diritto alla prova testimoniale.

[86] P. Bronzo, La “Riforma Cartabia” e la razionalizzazione dei tempi processuali nella fase dibattimentale, cit., p. 13, nota 28, richiama due indagini statistiche commissionate all’Eurispes dall’Unione Camere Penali, prima nel 2008 e poi nel 2019, dalle quali risulta che la rinnovazione si aggirerebbe tra l’1% rilevato nel 2008 e il 2% rilevato nel 2019.

[87] L. Marafioti, Immutabilità del giudice, oralità e immediatezza: contro le prerogative di mobilità dei giudici, in www.diritto
didifesa.eu
, 9 luglio 2022, p. 2.

[88] Da ultimo, si veda P. Curzio-Corte Suprema di Cassazione, Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2022. Considerazioni finali, p. 8, in www.cortedicassazione.it.

[89] Così CSM, Circolare 23 luglio 2020, in www.csm.it.

[90] Cfr. A. Guerra-C. Tagliapietra, Giudici con la valigia, Roma, Aracne, passim. A tal proposito v. D. Cavallini, Trasferimenti dei magistrati e funzionalità degli uffici giudiziari, in www.dirittodidifesa.eu, 7 luglio 2022, che, nel richiamare la proposta dell’UCPI di prevedere un obbligo per il magistrato che richiede il trasferimento di portare a termine i procedimenti a lui assegnati, o comunque iniziati, propone di aumentare il numero minino di permanenza nella stessa sede o funzione prima di chiedere il trasferimento.

[91] In questi termini v. D. Cavallini, Trasferimenti dei magistrati e funzionalità degli uffici giudiziari, cit., p. 3.

[92] A. Chelo, Saldi intenti di razionalizzazione e timidi tentativi di recupero delle garanzie nel giudizio “secondo Cartabia”, in Dir. pen. proc., 2023, p. 170. Al riguardo, peraltro, si è osservato che «Non è dato cogliere, altresì, il motivo per il quale la deroga al principio sancito dal novellato art. 495 c.p.p. debba essere collegato al momento di formazione della prova dichiarativa, e non già alla pendenza processuale ovvero all’atto di esercizio della azione penale» (M. Griffo, La Bajrami rivive grazie ad una (irrazionale) norma transitoria, cit., p. 10).

[93] M. Acierno-G. Andreazza, Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del Massimario, Servizio penale, Relazione su novità normativa, La “riforma Cartabia”, Rel. n. 2/2023, 5 gennaio 2023, in www.cortedicassazione.it, p. 132.

[94] Celebre citazione di G. Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, che è stata spesso richiamata dai primi commentatori alla Riforma, ad esempio, cfr. G. Ducoli, Registrazione audio e video, cit., p. 497.