Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Premessa (di Donatello Cimadomo, Professore associato di Procedura penale – Università degli Studi di Salerno)


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Il recente intervento riformistico avvenuto ad opera del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 ha fatto sorgere molteplici dubbi circa la tenuta del classico sistema della giustizia penale a favore di un nuovo assetto normativo che ridetermina gli equilibri e le funzioni dei soggetti protagonisti della contesa processuale. Spunti interessanti, funzionali a sondare la ratio ed a comprendere se il processo penale sia divenuto davvero efficiente, emergono dallo studio delle disposizioni transitorie, che regolano il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina processuale.

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Introduction

The reform introduced by d.lgs. October 10, 2022, n. 150 has raised many doubts concerning the resilience of the classic criminal justice system in favour of a new regulatory framework that redetermines the balances and functions of the protagonists of the trial. Interesting functional ideas to probe the reasons and to understand if the criminal process has become really efficient emerge from the study of the transitional rules, which regulate the transition from the old to the new procedural discipline.

Le regole improntate a fondamentali esigenze di tutela dei diritti inviolabili della persona rappresentano il tratto distintivo del codice di procedura penale del 1988 [1].

L’obiettivo del legislatore era addivenire alla formazione di un sistema legale che avesse nel riconoscimento dei diritti fondamentali il proprio cuore pulsante, mediante un equilibrio di regole e di garanzie ispirate dai valori della società nel cui nome è amministrata la giustizia penale.

Come ogni codice di procedura penale, le scelte epistemologiche ed assiologiche riflettono l’assetto dato ai rapporti tra “autorità” e “libertà” [2], e fanno assurgere il processo a «sismografo della costituzione» [3].

Col passare degli anni, il codice di stampo tendenzialmente accusatorio, basato su una visione completamente nuova e decisamente orientato all’attuazione dei diritti e delle libertà costituzionali, ha subìto una mutazione genetica, sino a mostrare un nuovo volto, lontano e distante da quello assunto poco più di trent’anni fa [4].

L’originario impianto normativo è stato sovente manipolato e rimaneggiato dal legislatore e dalla giurisprudenza costituzionale, sempre alla ricerca di nuovi equilibri [5], spostando l’ago della bilancia talvolta verso rinnovate o riscoperte libertà espressione della civiltà contemporanea, talaltra verso le esigenze securitarie ed autoritarie, assecondando spinte populiste.

Nel tempo, se da un lato – grazie anche agli sviluppi normativi e giurisprudenziali internazionali ed unionistici – è stato esplicitamente previsto in Costituzione il principio del “giusto processo”, sono stati ampliati gli obblighi informativi nei confronti delle parti private ed è stata riservata una maggiore (seppur insufficiente) attenzione verso il principio di innocenza, dall’altro è stato demolito l’istituto della prescrizione a favore di un singolare regime di improcedibilità, ridimensionato il principio di immediatezza, limitato l’accesso alle impugnazioni.

Cambiano gli equilibri e, di conseguenza, gli orientamenti, le interpretazioni, i dettati normativi, gestiti dalle innovazioni e dalle involuzioni imposte dai mutati contesti sociali, dall’emersione di nuovi valori, dall’affermazione di nuovi interessi. Ciò che mai dovrebbero ridimensionarsi è, invece, l’atten­zione e la tutela verso i diritti fondamentali e le libertà.

Sono i mutamenti sociali, culturali, antropologici a suggerire gli interventi riformistici. Il loro impatto è di eccezionale rilevanza soprattutto nella giustizia penale, ritenuta «la più fedele carta di identità di un popolo» [6], in quanto esprime la vita e la cultura dei consociati di un determinato periodo storico.

Anche la “riforma Cartabia” è frutto del tempo e del contesto in cui è maturata. Come già emerso all’esito dei lavori preliminari condotti dalla Commissione Lattanzi, si tratta non di una riforma complessiva, ma dell’ennesimo gruppo di ritocchi normativi, chirurgicamente intervenuti sull’impianto sistematico del codice di procedura penale.

La riforma persegue obiettivi impliciti ed espliciti che guardano anche al raggiungimento di risultati utilitaristici legati alla fruizione delle massicce somme erogate ed erogande dall’Unione europea e destinate ad investimenti innovativi che dovrebbero restituire al Paese un nuovo slancio nel contesto geopolitico e un rinnovato benessere della popolazione.

Il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 interviene su tre settori: il processo penale; il sistema sanzionatorio; la giustizia riparativa, per l’efficientamento del settore penalistico.

In particolare, al fine di abbattere l’arretrato penale e ridurre i tempi del processo, riconducendoli nella media europea e rendere ragionevole la durata dei processi, la riforma basa la sua filosofia sulla progressiva anticipazione di atti ed attività a momenti antecedenti rispetto a quanto previsto in passato, sulla definizione anticipata del processo, evitando per quanto possibile le impugnazioni [7], riforma il sistema sanzionatorio a fini di deflazione, rafforza la centralità delle indagini ed interviene sul fattore tempo rivedendo alcuni riti alternativi ed inserendo un quadro normativo-programmatico per l’intro­duzione della giustizia riparativa.

La parola d’ordine sembra essere efficienza, declinata sotto molteplici forme, sino a ricomprendere anche sistemi di monitoraggio funzionali alla raccolta di dati qualitativi e quantitativi che dovrebbero scattare una fotografia che ritragga lo stato di salute del settore giustizia.

Tuttavia, un’esasperata ricerca dell’efficienza, identificata unicamente con la breve durata, rischia di minare le basi del giusto processo, siccome sposta eccessivamente l’ago della bilancia verso solo un piccolo e ristretto gruppo di interessi, sino a suscitare dubbi circa la tutela della dignità delle parti e di tutti i soggetti del procedimento [8].

Ebbene, se bisogna volgere lo sguardo all’efficienza, rifuggendo tutte le tensioni all’efficientismo, è opportuno abbandonare politiche tese a scoraggiare le parti nel processo o ricorrere a meccanismi di ingegneria normativa che destabilizzano il sistema, a favore di nuovi impulsi della macchina organizzativa della giustizia, innestando mezzi e risorse sufficienti: la ragionevole durata passa anche da un buon funzionamento degli apparati giudiziari nazionali [9].

I tempi ristretti adottati per l’approvazione non hanno consentito di lasciar decantare le posizioni al fine di approdare ad un testo normativo di equilibrio, che guardasse alla complessità dei diritti in gioco nella contesa processuale. Inoltre, hanno condotto a difetti di coordinamento, prontamente rilevati dalla magistratura, dall’avvocatura e dall’accademia [10].

Si è ritenuto, così, di rinviare l’entrata in vigore della riforma dal 1° novembre 2022 al 30 dicembre 2022 [11], in modo da consentire agli operatori di metabolizzare le trasformazioni e le alterazioni normative ed al legislatore di apportare piccoli ritocchi alle disposizioni transitorie, regolando meglio i rapporti giuridici pendenti al momento dell’entrata in vigore della riforma.

L’assunto di partenza è che una disciplina transitoria puntuale restituisca minori elementi di criticità rispetto all’applicazione dei principi generali che regolano la successione delle norme processuali e sostanziali nel tempo.

Ne è scaturito così un insieme di disposizioni transitorie dal notevole impatto processuale, a cui prestare particolare attenzione, per gestire al meglio l’insieme continuato e coordinato di atti che compongono il processo.

La rilevanza delle disposizioni transitorie è sondata nei contributi che fanno parte di questo numero di questa Rivista.

Si tratta di un nuovo apporto che la dottrina si permette di proporre alla comunità scientifica e tecnica, contribuendo al vivace dibattito tuttora in corso sulla riforma, alla ricerca di un nuovo sistema o, se si vuole, del sistema perduto.

I suoi effetti potranno essere verificati solo nel tempo, con l’apporto della prassi. Tuttavia, resta una certezza. Il sismografo, per funzionare al meglio, non può fare a meno dell’innovazione più importante: un cambio di passo culturale.

 

NOTE

[1] Sullo spirito del codice Vassalli, A.A. Dalia-G. Pierro, voce Giurisdizione penale, in Enc. giur. Treccani, XV, Roma, Treccani, 1988, p. 9. V., inoltre, nella manualistica, A. Scalfati, Princìpi, in AA.VV., Manuale di diritto processuale penale, a cura di A. Scalfati, Torino, Giappichelli, 2023, p. 12 ss.; P. Tonini-C. Conti, Manuale di procedura penale, Milano, Giuffrè Francis Lefebvre, 2022, p. 28 ss.

[2] Sul punto, L. Kalb, Introduzione, in AA.VV., Diritti della persona e nuove sfide del processo penale. Atti del XXXII convegno nazionale, Salerno, 25-27 ottobre 2018, Milano, Giuffrè Francis Lefebvre, 2019, p. 17 ss.

[3] L’espressione è di M. Chiavario, Il processo penale: sulla bilancia della Corte, da un codice all’altro, garanzie, funzionalità della giustizia… et autres, in www.lalegislazionepenale.eu, 25 novembre 2016, p. 98.

[4] Per uno studio, P. Ferrua, La lenta agonia del processo accusatorio a trent’anni dall’entrata in vigore: trionfante nella Carta costituzionale, moribondo nel reale, in questa Rivista, 1, 2020, p. 7 ss.

[5] Per degli approfondimenti, A. De Caro, voce Codice di procedura penale (storia e attualità), in Digesto disc. pen., agg. XI, Torino, Utet Giuridica, 2021, p. 112 ss. V., inoltre, A. Gaito-E.N. La Rocca, Vent’anni di “giusto processo” e trent’anni di “Codice Vassalli”: quel (poco) che rimane, in Arch. pen., 3, 2019, p. 1 ss.; O. Mazza, Tradimenti di un codice. La procedura penale a trent’anni dalla grande riforma, Torino, Giappichelli, 2020, passim.

[6] Così, testualmente, G. Giostra, Prima lezione sulla giustizia penale, Bari, Laterza, 2020, p. 7.

[7] In tal senso, G. Spangher, Riforma Cartabia: un processo a “trazione anteriore”, in Dir. pen. e proc., 2022, 12, p. 1485 ss.

[8] Sul concetto di efficienza processuale, L. Kalb, La «ricostruzione orale» del fatto tra «efficienza» ed «efficacia» del processo penale, Torino, Giappichelli, 2005, p. 175 ss. V., inoltre, G. Giostra, Appunto per una giustizia non solo più efficiente, ma anche più giusta, in Politica del diritto, 2021, 4, p. 609 ss.; O. Mazza, Il processo che verrà: dal cognitivismo garantista al decisionismo efficientista, in Arch. pen., 2022, 2, p. 3 ss.  

[9] Sul punto, Corte e.d.u., Iarrobino e De Nisco c. Italia, 26 aprile 2001, ricorso n. 40662/98; Corte e.d.u., Dobbertin c. Francia, 25 febbraio 1993, ricorso n. 13089/97; C. eur. dir. uomo, Abdoella c. Olanda, 25 novembre 1992, ricorso n. 12728/87; Corte e.d.u., Eckle c. Germania, 15 luglio 1982, ricorso n. 8130/78, secondo le quali lo Stato deve assicurare l’efficienza di tutti i suoi servizi e degli organi giudiziari in particolare. Ogni Stato è obbligato a garantire il funzionamento degli apparati giudiziari nazionali per rendere effettive le esigenze, più in generale, del giusto processo: si tollerano eventuali situazioni emergenziali, non sono tollerabili le carenze croniche. Non è invocabile l’incremento delle cause iscritte a ruolo né la mancanza di fondi adeguati.

[10] Si veda, su tutti, G. Spangher, Legge Cartabia: errata corrige, in Penale. Diritto e procedura, 10 marzo 2023, p. 1 ss., disponibile al link: https://www.penaledp.it/legge-cartabia-errata-corrige/.

[11] Cfr., art. 6, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, in G.U. n. 255 del 31 ottobre 2022, convertito con modificazioni dalla l. 30 dicembre 2022, n. 199, in G.U. 30 dicembre 2022, che ha aggiunto un nuovo art. 99-bis al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.