Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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Corte costituzionale (di Giulia Mazza)


È costituzionalmente illegittimo l'art. 37, primo periodo, della l. n. 161/2017 nella parte in cui non esclude l’'efficacia retroattiva del termine di decadenza di cui all'art. 1, commi 199 e 205, della l. n. 228/2012

(C. cost., sent. 10 febbraio 2023, n. 18)

Con la sentenza in esame, la Consulta è stata chiamata a pronunciarsi sulle questioni di legittimità costituzionale, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 24, comma 1, Cost., dell’art. 37, primo periodo, della l. n. 161/2017 (Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate), nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui all’art. 1, commi da 194 a 206, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)» si interpretano nel senso che si applicano anche con riferimento ai beni confiscati, ai sensi dell’art. 12-sexies del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla l. 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, all’esito di procedimenti iscritti nel registro di cui all’art. 335 c.p.p. prima del 13 ottobre 2011.

segue

Nel dettaglio, la Corte di Cassazione penale, sez. I, in qualità di giudice rimettente, ha riferito che il g.i.p. del Tribunale di Bologna, in funzione di giudice dell’esecuzione penale, con decisione del 6 novembre 2020 aveva dichiarato inammissibile per tardività la domanda di tutela del credito ipotecario inciso da una misura di confisca allargata (art. 12-sexies del d.l. n. 306/1992, come convertito) relativa a un risalente procedimento penale, iscritto nel registro degli indagati prima dell’entrata in vigore del codice antimafia (nel 2011); domanda proposta da un istituto di credito, in data 8 maggio 2018, ai sensi dell’art. 1, commi 198 e seguenti, della l. n. 228/2012. Quanto alla rilevanza delle questioni, il giudice a quo ha evidenziato che il predetto Gip aveva correttamente inteso la portata retroattiva dell’art. 37, primo periodo, della l. n. 161/2017, che deriva dall’essere la stessa espressamente qualificata come di «interpretazione autentica». In punto di non manifesta infondatezza, la Corte rimettente ha sottolineato, poi, che tale disposizione sarebbe in realtà una norma «falsamente interpretativa», perché avrebbe invece un contenuto innovativo, comunque con efficacia retroattiva. Sicché il termine di decadenza per proporre domanda di ammissione del credito al giudice dell’esecuzione presso il Tribunale che ha disposto la confisca potrebbe avere – e in effetti ha avuto nel giudizio principale – un inizio della decorrenza retrodatata rispetto alla data di entrata in vigore di tale disposizione (19 novembre 2017) con conseguente violazione degli artt. 3 e 24, comma 1, Cost. Investita di tali censure, la Corte costituzionale ne ha dichiarato la fondatezza. Queste, in sintesi, le ragioni addotte. In via preliminare, si è rilevato che le sollevate questioni di legittimità costituzionale, circoscritte all’operatività del termine di decadenza di cui all’art. 1, commi 199 e 205, della l. n. 228/2012, oggetto della disposizione censurata, vanno comunque inquadrate nel contesto della disciplina della confisca penale allargata e di quella di prevenzione quanto alla tutela dei diritti di credito di terzi che intendano far valere la responsabilità patrimoniale del debitore, già proprietario del bene confiscato. Ed invero, nella prospettiva di contrastare più efficacemente i reati di stampo mafioso, il legislatore decise di introdurre l’art. 12-sexies nel d.l. n. 306/1992, come convertito, ossia una nuova fattispecie di confisca penale cosiddetta “allargata”, la cui disciplina è oggi confluita nell’art. 240-bis c.p. Tale misura è disposta ove ricorrano due presupposti, ossia la qualità di condannato per determinati reati e la sproporzione del patrimonio del quale il condannato ha la disponibilità rispetto al suo reddito o alla [continua..]

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