Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Al crocevia tra tutela della riservatezza ed esigenze investigative. Contributo per una riflessione sui presupposti applicativi delle intercettazioni e sui contenuti della libertà di domicilio (di Susi Campanella, Professoressa incaricata di Diritto processuale penale – Accademia Navale di Livorno)


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Con la pronuncia in commento la Corte di cassazione, interrogata in ordine all'utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni effettuate nell'ufficio del pubblico ministero presso la Procura, esclude che tale luogo possa essere ricondotto alla nozione di domicilio tutelata dall’art. 14 Cost. e, nel contempo, definisce il contenuto dell’obbligo motivazionale dei decreti di proroga.

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Privacy protection and investigation necessities. A contribution to the reflection about interception activities and personal domicile inviolability

Asked about the usability of interceptions carried out in the Public Prosecutor's Office, the Supreme Court excludes that such a place can be considered a domicile protected by art. 14 Constitution, and, at the same time, defines the motivations for according a time extension of the interception activities.

L’ufficio del pubblico ministero nella Procura, nel quale sono state eseguite intercettazioni, non costituisce luogo di privata dimora MASSIMA: In tema di intercettazioni ambientali, i locali dell’ufficio impiegato dal magistrato del pubblico ministero non costituiscono luoghi di privata dimora. PROVVEDIMENTO: (Omissis) RITENUTO IN FATTO 1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Napoli ha rigettato la richiesta di riesame proposta avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli che ha applicato la misura degli arresti domiciliari nei confronti, tra gli altri, di (Omissis), in relazione ai reati di corruzione in atti giudiziari (capo A), induzione a dare o promettere utilità (capo B) e rivelazione di segreto d’ufficio (capo C), commessi abusando della propria qualità di sostituto presso la Procura della Repubblica di Salerno. 2. Gli avvocati (Omissis) e (Omissis), difensori del (Omissis), ricorrono avverso tale ordinanza e ne chiedono l’annullamento, deducendo, con unico motivo, la violazione degli artt. 266, 267 e 268 c.p.p. e il vizio di motivazione sul punto. I difensori deducono l’inutilizzabilità dell’intercettazione ambientale captata il 5 gennaio 2021 presso l’ufficio in Procura dell’indagato e intervenuta tra il medesimo, l’avvocato (Omissis), (Omissis) e (Omissis), sostenendo che la captazione sarebbe stata eseguita in assenza di uno specifico decreto autorizzativo, necessario in quanto riguardava soggetti diversi ed estranei da quelli per i quali era stata autorizzata e prorogata l’intercettazione. Il Giudice per le indagini preliminari e il Tribunale del riesame avevano rilevato che l’incontro del 5 gennaio 2021 era stato organizzato al solo fine di presentare l’avvocato (Omissis), legata sentimentalmente al (Omissis), al (Omissis), già presidente del (Omissis) società consortile a r.l. e suo amministratore di fatto; nel corso di questa conversazione, il (Omissis) avrebbe ribadito gli estremi dell’accordo corruttivo contestato al capo A), appoggiando le intenzioni degli interlocutori, e, inoltre, avrebbe rivelato all’(Omissis) l’intenzione di compiere eventuali indagini sul gruppo (Omissis), notizia prontamente comunicata dall’(Omissis) al (Omissis), al fine di indurlo a concedere all’avvocato (Omissis) plurimi incarichi professionali. I difensori deducono che le intercettazioni tra presenti eseguite non sarebbero “coperte” dal decreto d’urgenza n. 3656/20 emesso il 16 novembre 2020, in quanto la proroga disposta il 18 dicembre 2020 e le successive non avrebbero più fatto riferimento ai colloqui tra (Omissis) e (Omissis) con «i soggetti coinvolti nelle vicende descritte», ma soltanto a quelli tra (Omissis) e (Omissis). Anche il decreto di autorizzazione alle intercettazioni n. 2852/20 [continua..]

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SOMMARIO:

1. La vicenda processuale. In particolare, la motivazione dei provvedimenti di proroga - 2. I luoghi ed i soggetti delle intercettazioni: punti fermi in materia di utilizzazione dei risultati delle indagini - 3. Tutela penale ed accertamento del fatto nella prospettiva di un bilanciamento tra interessi costituzionalmente protetti - 4. Limiti e meccanismi di garanzia della libertà domiciliare - NOTE


1. La vicenda processuale. In particolare, la motivazione dei provvedimenti di proroga

In una società in cui milioni di persone hanno a disposizione una grande infrastruttura di comunicazione per scambiarsi conoscenza, il ricorso sempre più massiccio alle intercettazioni quale strumento di indagine [1] rappresenta una questione quanto mai attuale e, al contempo, delicata. La polifunzionalità degli attuali mezzi di comunicazione approntati dalle nuove tecnologie rende infatti irrinunciabile tale mezzo di ricerca della prova che si rivela prezioso, se non addirittura insostituibile, in ragione del fortissimo contenuto informativo di cui è connaturato che – come è stato detto [2] – lo rende portatore di «certezze informatiche». Si comprende subito, quindi, come questo strumento di conoscenza dei fatti dalla specifica ed innata «forza euristica» [3] costituisca il luogo di confronto tra opposte esigenze: l’efficacia dell’azione investigativa, ritenuta indispensabile per la tutela dei consociati, da un lato, e la protezione dei fondamentali diritti di libertà dell’individuo, per la straordinaria capacità intrusiva che possiede, dall’altro. È indiscutibile che esiti armoniosi dei problemi che affliggono la giustizia penale passino attraverso bilanciamenti fra interessi e controinteressi che non consentono deduzioni automatiche. Ed in questa logica la pronuncia adottata dalla sezione VI della Corte di cassazione, che qui si annota, mostra come ci si trovi dinnanzi ad un “oggetto” da maneggiare con attenzione proprio per il suo necessario incrocio con beni di primissimo rango costituzionale, rafforzati da una speciale protezione, quale in primis l’inviolabilità del domicilio [4]. Volgendo un rapido sguardo alla vicenda processuale, si rileva innanzitutto che il Tribunale delle Libertà, investito ai sensi dell’art. 309 c.p.p. della richiesta di riesame, aveva confermato l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari con cui era stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari. Avverso tale ordinanza, la difesa proponeva ricorso per cassazione, deducendo, con un unico motivo di impugnazione, la violazione degli artt. 266, 267 e 268 c.p.p. e il vizio di motivazione sul punto. In particolare, veniva lamentata l’inutilizzabilità dei risultati probatori delle intercettazioni ambientali poste a sostegno della valutazione di sussistenza dei gravi [continua ..]


2. I luoghi ed i soggetti delle intercettazioni: punti fermi in materia di utilizzazione dei risultati delle indagini

In verità, sarebbe stato possibile adottare una soluzione diversa. La Cassazione avrebbe potuto dispiegare le proprie argomentazioni partendo da un dato pacificamente condiviso che si sarebbe rivelato tranchant – attraverso il ricorso ad un ragionamento a fortiori – nell’escludere l’inutilizzabilità delle risultanze delle intercettazioni senza dover andare a “scomodare” la questione della legittimità della motivazione per relationem del decreto di proroga, ovvero l’identificazione degli elementi che si pongono come requisito sempre necessario per attivare quel mezzo di investigazione. Del resto, sul punto si è anche soffermata la decisione delle sezioni unite del 28 aprile 2016, n. 26889, Scurato [8]: sentenza che ha avuto vasta eco per aver “sdoganato”, seppure con un approccio fortemente didattico, l’uso del captatore informatico come strumento di ascolto [9] ma che, ai fini che in questa sede interessano, proprio in forza di tale prudente approccio ha potuto fornire interessanti precisazioni sui presupposti normativamente richiesti per l’adozione delle intercettazioni in generale e, dunque, sull’apparato giustificativo che deve sostenere il decreto giudiziale. Certo, considerato il nodo interpretativo sottoposto al vaglio del giudice di legittimità la risposta più originale fornita dalle sezioni unite rispetto ai fondamentali principi di inviolabilità del domicilio (art. 14 Cost.) e di libertà e segretezza nelle comunicazioni (art. 15 Cost.) riguarda, come intuibile, l’aspetto della previa identificazione dell’ambiente di svolgimento delle operazioni di captazione ma il caso si interseca ovviamente con quello delle delimitazione dei soggetti le cui comunicazioni possano essere occultamente ascoltate. Ma si proceda con ordine, muovendo dal primo elemento rispetto al quale la Suprema Corte ha dovuto esprimersi in risposta alla specifica doglianza secondo cui la precisazione del luogo costituisce un requisito di legittimità dell’intercettazione [10]. Ecco allora che la sentenza Scurato se per un verso ha manifestato tutti i suoi limiti, risultando estremamente (e forse anche eccessivamente) cauta quando ha regolamentato solo uno dei possibili usi del captatore informatico, ossia quale mera modalità di esecuzione delle intercettazioni tra presenti [11] e non quale categoria [continua ..]


3. Tutela penale ed accertamento del fatto nella prospettiva di un bilanciamento tra interessi costituzionalmente protetti

Ma proprio sulla imprecisione, sul piano della certezza del diritto, del parametro che aveva rimesso la definizione dell’ambiente di captazione «ai luoghi di volta in volta individuati» si fonda il secondo motivo di censura formulato dal ricorrente. Respinta la prima eccezione di inutilizzabilità delle risultanze delle intercettazioni ambientali, l’attenzione dei giudici della VI sezione della Corte di cassazione si sposta sul secondo profilo di criticità della motivazione del decreto di autorizzazione delle intercettazioni, fondato, per l’appunto, e come poc’anzi anticipato, sul presupposto che il confine mobile delle coordinate spaziali entro le quali avrebbe dovuto intervenire l’ascolto – individuato collegando la persona oggetto della captazione investigativa all’ambiente in cui questa si trovi nel momento dell’esecuzione dell’intercettazione – aveva in pratica consentito la captazione di conversazioni all’interno di un luogo di privata dimora derogando alla tutela speciale del domicilio che esige il requisito della attualità dell’attività criminosa qualora ad essa si proceda in luoghi privati individuati in base al parametro dell’art. 614 c.p. espressamente richiamato dall’art. 266, comma 2, c.p.p. Invero, la questione portata dinanzi alla Suprema Corte si rivela anche sotto questo ulteriore profilo tutt’altro che insolita, riguardando la nozione di privata dimora e di domicilio che diventa decisiva per individuare il livello di garanzia che, nel caso de quo, deve presidiare l’attività investigativa di intercettazione. Ad essere insolito è il luogo interessato dall’attività di captazione che si tenta di ricondurre al concetto di domicilio, e che, nell’occasione, è rappresentato dall’ufficio del p.m. all’interno della Procura della Repubblica, ove era stata eseguita l’intercettazione ambientale che aveva consentito di conoscere quanto riferito durante una conversazione che l’indagato aveva intrattenuto con altre persone coinvolte nelle vicende oggetto di indagine per definire gli estremi di un accordo corruttivo. Al fine di verificare se tali risultanze siano utilizzabili nell’ambito del giudizio cautelare, la Corte si interroga dunque in ordine alla riconducibilità degli spazi dell’ufficio del p.m. nell’area tutelata [continua ..]


4. Limiti e meccanismi di garanzia della libertà domiciliare

Inquadrata la questione secondo i parametri definiti dalla decisione del 2017, la motivazione del­l’ordinanza cautelare impugnata non avrebbe potuto reggere al vaglio di legittimità. L’ufficio del p.m., infatti, presenterebbe tutti i requisiti per potersi considerare una “dimora privata”, in quanto luogo funzionalmente adibito in maniera stabile – nel senso relativo individuato dalle sezioni unite – al compimento di atti tipici di un contesto privato e altresì luogo ad accessibilità limitata ad un numero circoscritto di persone. E per l’appunto su questo dato faceva leva il ricorso presentato dal collegio difensivo. Ma si tratta di un dato che coglie solo una parte della questione. E così nella sentenza in esame la VI Sezione della Suprema Corte inserisce un’importante precisazione, attorno alla quale finisce col ruotare l’intero impianto argomentativo della decisione. Ora è vero che il codice di rito richiama l’art. 614 c.p. per delimitare la portata della disposizione che fissa il requisito generale della sussistenza di attività criminosa in fieri al fine di consentire lo svolgimento di intercettazioni tra presenti in luoghi di privata dimora. Tuttavia non può sostenersi che la disciplina processuale delle intercettazioni risulti nella sostanza recettizia del concetto di privata dimora proprio del delitto di violazione di domicilio, di cui per l’appunto all’art. 614 c.p., giacché il diritto penale recepisce le esigenze di riservatezza proprie degli atti e delle condotte che in quel luogo si svolgono in un modo diverso da quello in cui le stesse sono state configurate dalla disciplina processuale, non potendosi dimenticare che all’interno delle dinamiche del processo v’è la necessità di bilanciare tali esigenze con una pluralità di interessi diversi. A tale scopo la Corte precisa come la nozione di luogo di privata dimora delineata dal codice penale – ed evocata, oltre che dall’art. 614, dagli artt. 615, 615-bis, 624-bis, 628, comma 3, n. 3-bis, c.p. – non possa essere automaticamente trasposta nell’esegesi dell’apparente omologa nozione dettata dall’art. 266, comma 2, c.p.p. sulle intercettazioni ambientali «in quanto diversi sono i bilanciamenti posti in essere dal legislatore nel delineare il concetto di domicilio, a seconda che il suo intervento [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2023