Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Corte europea dei diritti dell'uomo (di Francesco Trapella)


Efficienza (o effettività?) delle indagini e responsabilizzazione della persona offesa

(Corte e.d.u., 1 dicembre 2022, D.K. c. Italia)

La sentenza merita attenzione in un periodo – l’attuale – segnato dal richiamo costante all’efficienza che agita il dibattito attorno alla riforma e dalle censure sovranazionali all’opera degli inquirenti, talora ritenuta tardiva, lenta, incapace di assicurare l’approvvigionamento degli elementi utili all’esplorazione preliminare (Corte e.d.u., 16 giugno 2022, De Giorgi c. Italia).

Si guardi ai fatti.

segue

Al centro del caso c’era la denuncia della ricorrente che affermava di avere subito, assieme alla sorella, vari abusi sessuali per mano dello zio tra il 1974 e il 1987; le violenze occorrevano nella casa del­l’istante, durante le assenze dei genitori, o sul luogo di lavoro. Nel 1984 la querelante si trasferiva in un’altra città e solo tre anni dopo si risolveva a raccontare alla madre quanto subito; lo stesso faceva la sorella. Nel 1997 le due donne avviavano un percorso terapeutico presso uno psichiatra specialista in quel genere di vicende; l’anno seguente consultavano un legale che consigliava loro di risolvere la questione amichevolmente: ciononostante la transazione non aveva buon esito. Il 5 febbraio 1999 la ricorrente denunciava i fatti alla Procura della Repubblica; la seguiva la sorella il 3 giugno successivo. Il 12 luglio 1999 il pubblico ministero chiedeva l’archiviazione, ritenendo la tardività della querela: ad applicare gli artt. 519, 521 e 542 c.p., vigenti all’epoca dei fatti, erano abbondantemente spirati i tre mesi dalle violenze o, per gli episodi subiti dalle persone offese quando ancora erano minorenni, dal momento in cui i genitori apprendevano il racconto delle interessate. Nondimeno – scriveva il procuratore – anche ad applicare gli artt. 609-bis ss. c.p., entrati in vigore nel 1996, il termine ivi previsto per la condizione di procedibilità era ampiamente scaduto per gli episodi successivi al diciottesimo compleanno delle vittime; per i precedenti era, comunque, impossibile invocare il nuovo regime normativo e la previsione di procedibilità officiosa dell’art. 609-septies c.p. Si trattava di una modifica deteriore per l’indagato e, quindi, contrastante con il principio di irretroattività sancito dall’art. 2, comma 2, c.p. Nel 2005 veniva esperita l’azione civile per i fatti testé sintetizzati; due anni dopo il tribunale dichiarava estinto il diritto al risarcimento per intervenuta prescrizione; a seguito dell’appello, la corte distrettuale rigettava l’eccezione del convenuto, legata al decorso del termine utile per formulare la domanda risarcitoria, e sentiva i testimoni: riteneva, però, non provati i fatti, trattandosi di dichiaranti de relato e stimando l’inattendibilità delle parti attrici. Nel 2016 la Suprema Corte confermava la sentenza di secondo grado, giudicando la tenuta logica della parte motiva e la coerenza intrinseca dell’impianto argomentativo dell’arresto, specie in punto di valutazione delle prove. Falliti i tentativi di ottenere giustizia davanti al decidenti nazionali, la ricorrente si rivolgeva alla Corte alsaziana, lamentando l’infrazione degli artt. 3 e 8 Cedu in relazione alle brutalità patite. La tesi era che le autorità domestiche avevano mancato, con le loro inerzie e con i loro dinieghi, nel dare voce al diritto [continua..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login

inizio


Fascicolo 2 - 2023