Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte costituzionale (di Giorgia Padua)


Esclusione del giudizio abbreviato per i delitti puniti con l’ergastolo: seminfermità di mente e minore età a confronto

(C. cost., sent. 6 ottobre 2022, n. 207)

Con la pronuncia in esame, la Consulta è tornata ad occuparsi del problema della tenuta costituzionale della disciplina del giudizio abbreviato, con particolare riguardo alla previsione che esclude la possibilità di accedere al rito per i delitti puniti con la pena dell’ergastolo. Sebbene la querelle sia stata sopita con la sentenza n. 260/2020, che ha messo a tacere – in via generale – i dubbi di legittimità costituzionale sull’art. 438, comma 1-bis, c.p.p., sono state successivamente sollevate ulteriori questioni, volte a far cadere la preclusione in talune ipotesi specifiche. Così, dopo aver chiarito, con la sentenza n. 208/2021, che la valutazione circa la legittimità costituzionale della norma in esame non muta rispetto all’imputato non punibile per infermità mentale, la Corte è stata adesso chiamata ad affrontare la questione rispetto al soggetto affetto da vizio parziale di mente.

segue

In particolare, la Corte di assise di Bologna ha reputato l’art. 438, comma 1-bis, c.p.p. in contrasto con gli artt. 3, 27 e 32 Cost., nella parte in cui non prevede che l’imputato riconosciuto parzialmente incapace di intendere e di volere sia ammesso al rito abbreviato ove si proceda per i delitti puniti con la pena dell’ergastolo. Nonostante la pluralità dei parametri invocati, il thema decidendum posto dall’ordinanza di rimessione ruota essenzialmente intorno alla violazione del canone di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. e sull’asserita disparità di trattamento che contrassegnerebbe la posizione del seminfermo di mente rispetto a quella del minore imputabile. Ad avviso del rimettente, la condizione di ridotta rimproverabilità che caratterizza il primo e che si risolve nell’applicazione della circostanza attenuante ex art. 89 c.p. è analoga a quella del secondo, anch’egli beneficiario di una riduzione di pena ai sensi dell’art. 98 c.p. Un tale assimilazione non troverebbe, però, riscontro rispetto all’accesso al giudizio abbreviato: mentre l’imputato minorenne non è interessato dalla previsione censurata – e può dunque chiedere di essere ammesso al rito – per effetto di una pronuncia di incostituzionalità (sentenza n. 168/1994) che impedisce di infliggere a tale soggetto la pena perpetua, il rito premiale resta precluso per il seminfermo che sia imputato per un delitto punito con l’ergastolo. Si rileva, dunque, una condizione di «marcata asimmetricità» di conseguenze sanzionatorie per le due ipotesi, reputate omogenee, che si pone in contrasto con il presidio costituzionale che impone di trattare in modo analogo situazioni analoghe. Definiti così i termini della questione di costituzionalità, si osserva che la legittimità della disciplina de qua richiede di essere esaminata sotto la peculiare lente della disparità di trattamento, analizzando il meccanismo sotteso all’operatività del divieto. Ciò consente alla Corte di non soffermarsi sui profili di ragionevolezza dell’intervento legislativo, già debitamente riconosciuti nel precedente arresto del 2020, limitandosi a richiamare il presupposto da cui muove il legislatore: l’esclusione del giudizio abbreviato di cui al comma 1-bis dell’art. 438 c.p.p. è giustificata in ragione del particolare disvalore che connota la figura astratta di reato, di cui la pena perpetua è evidente indice. La puntualizzazione assume rilievo ai fini della presente questione, poiché mette in luce quanto già precisato nella sentenza n. 260 del 2020 e ribadito nella successiva ordinanza n. 214 del 2021, e cioè che il divieto di ricorrere al giudizio abbreviato dipende dalla contestazione di un’aggravante che esprime il particolare disvalore della [continua..]

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Fascicolo 1 - 2023