Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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L´impossibilità di rinnovare l´istruzione dibattimentale in appello ex art. 603, comma 3-bis, c.p.p.: rilievi critici in merito alla soluzione offerta dalla sentenza a Sezioni Unite “Fidelbo” (di Matteo Tullio Maria Rubera, Avvocato e Professore a contratto di Diritto processuale penale – L.u.i.s.s. Guido Carli)


Nell’ammettere la possibilità di riformare in pejus la sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado, senza previa rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, quando la prova dichiarativa da riassumere sia divenuta irripetibile, la sentenza annotata recepisce la giurisprudenza convenzionale, la quale tollera deroghe ai canoni fissati dall’art. 6 C.e.d.u., purché il giudizio rimanga complessivamente equo grazie al riconoscimento di garanzie compensative per la difesa. Tuttavia, tale opera di recepimento sembra travalicare i confini consentiti per l’inter­pre­tazione “convenzionalmente conforme”, portando ad una parziale (e non consentita) disapplicazione dell’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. da parte del giudice nazionale. Inoltre, le predette garanzie compensative, individuate dalla sentenza annotata, potrebbero porsi in conflitto con altri diritti dell’imputato.

Parole chiave: Impugnazioni – Appello – Riforma dell’assoluzione in appello – Reformatio in pejus – Rinnovazione dell’istruzione dibattimentale – Accertata impossibilità oggettiva – Motivazione rafforzata – Contraddittorio – Oralità – Immediatezza.

When the re-examination of the witnesses on appeal is impossible: a critical approach to the decision by the Court of Cassation sitting as a full court

In admitting the overturning of the acquittal, without re-examination of the witnesses, when the latter is impossible, the decision at issue incorporates the European case law, which admits exceptions to art. 6 HCHR, provided that counterbalancing factors are put in place in order to ensure that the judgment is still fair. However, this transposition of the European case law seems to go beyond what the national judge can do. Furthermore, the aforementioned compensatory guarantees could conflict with other rights of the defendant.

Nei casi di impossibilità oggettiva, ribaltamento dell’assoluzione in appello possibile anche senza rinnovare l’istruzione, purché vi siano “garanzie compensative” MASSIMA: La riforma, in grado di appello, della sentenza di assoluzione non è preclusa nel caso in cui la rinnovazione della prova dichiarativa decisiva sia divenuta impossibile per decesso del dichiarante, e tuttavia la relativa decisione deve presentare una motivazione rafforzata sulla base di elementi ulteriori, idonei a compensare il sacrificio del contraddittorio, acquisibili dal giudice anche avvalendosi dei poteri officiosi di cui all’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., ivi compresa la possibilità di lettura delle dichiarazioni predibattimentali già rese dal suddetto deceduto. PROVVEDIMENTO: (Omissis) RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di assise di Rimini, con sentenza del 14 marzo 2016, riconosceva la responsabilità di D.S. per il delitto di soppressione di cadavere (capo D), assolvendolo dai reati di rapina (capo A), violenza privata (capo B) e porto di coltello a serramanico (capo F), nonché dagli omicidi di M.S. (capo C) e di N.L. (capo E); per i due omicidi e per gli altri reati, venivano condannati D.D. e S.M.; l’altro concorrente, il minorenne R.R., veniva giudicato separatamente. 1.1. La vicenda, secondo l’impostazione accusatoria, trae origine dalla crisi del rapporto tra D.D. e N.L.: il primo, venuto a conoscenza che la propria compagna aveva avuto una relazione con un suo parente durante un soggiorno in (OMISSIS), ha progettato ed eseguito l’omicidio della donna, coinvolgendo la sua amica S.M., suo zio, D.S., e R.R. Per riuscire a scoprire il luogo dove N.L. si era rifugiata, terrorizzata dalle minacce di morte ricevute, D. entrava in contatto con M.S. che, all’epoca, frequentava la sua ex convivente; ci riusciva grazie all’aiuto di S.M. che invitava M. a (OMISSIS) per un incontro a sfondo sessuale; incontratasi con M., S.M. lo conduceva presso l’abitazione di D., dove veniva aggredito e costretto a contattare, con il proprio cellulare, N.L., allo scopo di prendere un appuntamento per il giorno seguente; dopo la telefonata, presente in casa anche D. (secondo l’ipotesi di accusa), M. veniva picchiato, ammanettato, quindi strangolato e il suo corpo occultato in una fossa scavata materialmente da D., D. e R., situata in una zona vicino (OMISSIS), raggiunta con l’autovettura di D.. Il giorno seguente ((OMISSIS)) la coppia D.– S., insieme al minorenne, si recava a (OMISSIS) per intercettare N.L., nel luogo in cui questa avrebbe dovuto incontrare M.; raggiunta N.L. nel luogo convenuto, D. la uccideva, accoltellandola in un sottopassaggio della stazione di (OMISSIS). 1.2. L’assoluzione di D. in ordine all’omicidio di M. è stata giustificata dal primo giudice in base ad un giudizio di inattendibilità di S.M., [continua..]

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SOMMARIO:

1. La vicenda processuale - 2. La soluzione fornita dalle sezioni unite e le correlative argomentazioni - 3. Rilievi critici: 1) Circa la ritenuta assenza di una regola di esclusione - 4. segue: 2) L’avvenuta riconduzione del caso de quo al contraddittorio probatorio e alle relative eccezioni. L’oralità e l’immediatezza - 5. segue: 3) L’esistenza di una lacuna normativa e l’impossibilità di colmarla - 6. segue: 4) La ricerca di garanzie compensative ed il principio di legalità processuale - 7. Segue: 5) La dilatazione dei poteri istruttori ex officio ed il principio di imparzialità - 8. Segue: 6) La ricerca di nuovi elementi di prova e la mancanza del doppio accertamento di merito rispetto ai nova - 9. segue: 7) revisio prioris instantiae o novum iudicium? - 10. Segue: 8) l’acquisizione del sapere preistruttorio - NOTE


1. La vicenda processuale

S.D. viene assolto da una serie di imputazioni (rapina, violenza privata, porto di coltello, omicidio [1]), in quanto la coimputata M.S., unica fonte di prova a suo carico con riguardo ai menzionati capi di accusa, viene reputata non credibile. In appello, l’assoluzione de qua viene ribaltata, sulla base di una diversa valutazione, ex actis, circa la chiamata in correità formulata dalla predetta coimputata, ora reputata attendibile. Ma la donna non viene risentita in seconde cure. La Corte di Cassazione annulla con rinvio quest’ultima sentenza, inter alia, per violazione della c.d. regola “Dasgupta”; ovvero, di quella norma di matrice giurisprudenziale che, come è noto, preclude l’overturning sfavorevole all’imputato, senza la previa rinnovazione delle prove decisive “a carico” [2]. Nel frattempo, entra in vigore il nuovo comma 3-bis dell’art. 603 c.p.p. [3], opera della Riforma Orlando. Il giudice del rinvio, in applicazione di quest’ultima disposizione, si accinge a risentire M. S.; ma la stessa, nelle more, è deceduta. Pertanto, in virtù del richiamo alle norme sul giudizio di primo grado, operato dall’art. 598 c.p.p., il giudicante risolve il problema applicando l’art. 512 c.p.p.: dà così lettura delle dichiarazioni che la coimputata assente aveva rilasciato nella fase procedimentale; le confronta con quanto dichiarato dalla stessa nel dibattimento di primo grado; conclude per l’attendibilità della donna; condanna nuovamente S.D. A séguito di un ulteriore ricorso per cassazione, la V sezione penale, investita del caso, condivide la soluzione individuata dal giudice a quo; ma ritiene che la stessa possa contrastare con la regola “Dasgupta”, della quale l’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. costituirebbe una sostanziale riproduzione; regola, si rileva, che non ammette deroghe, nemmeno nei casi di impossibilità oggettiva, così precludendo in appello la riforma in pejus dell’assoluzione, nei casi in cui la prova dichiarativa non sia/possa essere ripetuta. Onde evitare che sul punto si formi un contrasto giurisprudenziale, viene rimesso alle Sezioni Unite il seguente quesito: «Se, in caso di riforma in appello del giudizio assolutorio di primo grado, fondata su una diversa valutazione delle dichiarazioni ritenute decisive, l’impossibilità di procedere [continua ..]


2. La soluzione fornita dalle sezioni unite e le correlative argomentazioni

Le sezioni unite sono pervenute alla soluzione espressa dalla massima in epigrafe sulla base delle seguenti argomentazioni. Preliminarmente, si è ritenuto che l’impossibilità oggettiva di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, prescritta dall’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. nei casi ivi precisati [4], non possa essere fronteggiata mediante l’applicazione dell’art. 512 c.p.p. Quest’ultima disposizione – osserva la decisione in commento – consente la lettura-acquisizione di dichiarazioni formate fuori dal giudizio, quando l’esame dibattimentale del dichiarante sia mancato; ma, nel caso di specie, non si è verificata tale situazione, perché la coimputata chiamante in correità è stata esaminata in dibattimento, nel corso del primo giudizio. Cosicché, si è fuori dal campo di applicazione dell’evocato art. 512. Tanto premesso, l’annotata sentenza ripercorre la giurisprudenza nazionale ed europea riguardante l’overturning sfavorevole all’imputato. Vengono ricordate le sentenze a sezioni unite della Cassazione “Mannino” ed “Andreotti” [5], secondo le Quali la decisione di condanna che segua, in secondo grado, l’assoluzione pronunciata nel primo giudizio deve contenere una motivazione “rafforzata”, che non si limiti a giustificare la condanna, ma “falsifichi” l’impianto argomentativo della precedente decisione, dimostrandone i vizi e le incongruenze. Quindi, viene riportata la giurisprudenza convenzionale, avente come leading case la sentenza Dan c. Moldavia [6], alla stregua della quale il giudice di appello che intenda condannare l’imputato assolto in primo grado deve risentire i testimoni decisivi a carico, per valutarne direttamente l’attendibilità. Ancora, si menziona la decisione a sezioni unite della Cassazione “Dasgupta” [7], che ha recepito gli insegnamenti della predetta giurisprudenza europea, stabilendo che la sentenza di appello la quale, in base ad una diversa valutazione della prova dichiarativa, ribalti una pregressa assoluzione, possa dirsi congruamente motivata solo se basata sulla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in secondo grado, mediante il riesame dei dichiaranti a carico. Con la precisazione che, nel caso di impossibilità oggettiva di una siffatta rinnovazione, [continua ..]


3. Rilievi critici: 1) Circa la ritenuta assenza di una regola di esclusione

La pronuncia annotata desta alcune perplessità, anzitutto laddove afferma: «ritenere che l’impossibilità di rinnovazione della prova dichiarativa decisiva per oggettiva impossibilità impedisca sempre e comunque il ribaltamento del proscioglimento, in assenza della rinnovazione, porterebbe alla configurazione di una vera e propria regola di esclusione probatoria … ma di tale tipo di regola di esclusione non vi è traccia nel codice di rito … il dato testuale dell’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. … non esclude il ribaltamento della decisione assolutoria di primo grado». È vero che quest’ultima disposizione non affronta espressamente il caso relativo all’impossibilità di rinnovare la prova dichiarativa nei casi in cui ne prescrive l’obbligo, né sancisce, come conseguenza di tale irripetibilità, la preclusione all’overturning sfavorevole. Ma è altresì vero che la predetta disposizione codicistica, nel prescrivere la rinnovazione de qua, reca una formula assoluta e incondizionata [10], senza porre alcuna clausola di riserva che dispensi dalla riassunzione della prova dichiarativa nei casi di impossibilità. Eppure, ubi lex voluit, dixit: si veda, ad es., l’art. 195 c.p.p., che impone l’ascolto diretto del teste di riferimento, pena l’inutilizzabilità delle dichiarazioni de relato, «salvo che l’esame … risulti impossibile per morte, infermità o irreperibilità». Del resto, la genesi del citato comma 3-bis dell’art. 603 svela una stretta consequenzialità logica tra la novella ivi contenuta e la pronuncia a sezioni unite “Dasgupta”; la quale, a sua volta, recepisce una giurisprudenza convenzionale che, all’epoca, con riguardo al caso specifico dell’overturning sfavorevole in appello, non aveva ancora compiutamente espresso la possibilità di eccezioni alla rinnovazione dibattimentale [11]. Tant’è che la stessa sentenza annotata rileva che l’art. 603, comma 3-bis, si pone «in una prospettiva di sostanziale continuità rispetto al quadro dei principi stabiliti dalla Sez. U. Dasgupta». Pertanto, una regola ad excludendum che precluda di condannare per la prima volta in appello, senza riascoltare i testi a carico, valevole anche nei casi di irripetibilità [continua ..]


4. segue: 2) L’avvenuta riconduzione del caso de quo al contraddittorio probatorio e alle relative eccezioni. L’oralità e l’immediatezza

L’annotata pronuncia rileva come il nuovo comma 3-bis dell’art. 603 c.p.p. «finisce per ridefinire gli spazi concessi al contraddittorio»; e, sempre allo scopo di “falsificare” la rigida regola Dasgupta, aggiunge: «la valorizzazione della rinnovazione può essere messa in relazione anche con la modifica dell’art. 111 Cost. … Tuttavia, lo stesso art. 111, comma 5, Cost. prevede una deroga al principio del contraddittorio … se … in appello vale il principio del contraddittorio nella formazione della prova stabilito dall’art. 111 Cost., non possono trovare applicazione le relative eccezioni previste espressamente nel comma 5 della stessa norma costituzionale». Cosicché, si conclude, non solo la Costituzione non avalla espressamente alcuna preclusione alla riforma in pejus di un’assoluzione, nel caso sia impossibile riassumere la prova dichiarativa decisiva, ma addirittura pone la regola contraria, stabilendo una deroga al contraddittorio probatorio nei casi di accertata impossibilità oggettiva. Neanche tali argomentazioni convincono appieno. L’evocato art. 111, comma 5, Cost. rimette al Legislatore l’individuazione tassativa dei casi nei quali la prova non si forma nel contraddittorio. Se, come si afferma, la Legge (i.e. l’art. 603, comma 3-bis, c.p.p.) ha “ridefinito gli spazi concessi al contraddittorio in appello”, spetta sempre e comunque alla Legge formularne eventuali deroghe. Ma ciò non è avvenuto: nessuna deroga è espressa dal citato comma 3-bis. Né possiamo trarre tali eccezioni, per via interpretativa, direttamente dall’art. 111, comma 5, Cost., senza violare la riserva di Legge ivi sancita. E nemmeno è legittimo applicare in via analogica le deroghe altrove previste dal Legislatore al contraddittorio, visto il divieto di analogia delle norme eccezionali. Insomma, non sono configurabili ipotesi atipiche, formulate per via esegetica o analogica, di eccezioni al contraddittorio. Non solo: suscita dubbi anche la stessa riconduzione dell’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. al principio del contraddittorio probatorio [12], piuttosto che ai canoni dell’oralità e dell’immediatezza [13]. Invero, il giudice di appello che si limitasse a leggere la trascrizione di quanto dichiarato da un testimone in primo grado, senza rinnovarne l’esame, [continua ..]


5. segue: 3) L’esistenza di una lacuna normativa e l’impossibilità di colmarla

Il problema di fondo è che delle due l’una: o si ritiene che l’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. abbia voluto introdurre una rigida regola ad excludendum, in forza della quale, in una logica sostanzialmente analoga a quella della legge Pecorella [20], al giudice di appello è precluso condannare per la prima volta in secondo grado, salvo che abbia potuto vagliare direttamente l’attendibilità dei dichiaranti “a carico”, riconvocandoli appositamente davanti a lui; cosicché, quando quest’ultima evenienza si riveli impossibile, per qualsiasi ragione, il predetto overturning sfavorevole non è consentito. Oppure, dobbiamo prendere atto che il citato comma 3-bis ha stabilito un principio, senza però dirci cosa fare laddove tale canone non possa essere materialmente rispettato. Ma, in tale seconda ipotesi, la lacuna normativa non pare facilmente colmabile con lo strumento ordinariamente deputato a tal fine, ovvero l’analogia. Infatti, come già anticipato, per riempire il vuoto lasciato dall’art. 603, comma 3-bis, dovremmo estendere analogicamente, in subiecta materia, le deroghe ai principi di riferimento (contraddittorio, ad avviso della sentenza in commento; oralità ed immediatezza, a nostro sommesso giudizio), previste dal codice di rito penale per altre fattispecie; ma ciò violerebbe l’art. 14 Preleggi, che impedisce l’applica­zione analogica di leggi eccezionali. Né potremmo sostenere che le predette deroghe esprimano, a loro volta, un principio generale di non dispersione dei mezzi di prova, applicabile in tutti i casi in cui sia oggettivamente impossibile assumere una prova secondo i protocolli del rito accusatorio. Infatti, nel rapporto tra due norme, tra le quali si tratti di stabilire quale delle due sia eccezionale rispetto all’altra, vale il criterio quantitativo: è eccezionale quel complesso normativo che regola il minor numero di ipotesi in modo diverso e antitetico rispetto al complesso normativo che regola il maggior numero di ipotesi [21]. E non sembra dubitabile che contraddittorio, oralità, immediatezza siano destinati a valere nella maggior parte dei casi, mentre le fattispecie connotate da impossibilità oggettiva (e, quindi, regolate dal contrario principio della non dispersione delle prove) costituiscano un numero minoritario. Nemmeno l’anzidetta lacuna sembra [continua ..]


6. segue: 4) La ricerca di garanzie compensative ed il principio di legalità processuale

La sentenza annotata lascia altresì perplessi laddove, ritenuto derogabile l’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. nei casi di impossibilità oggettiva, delinea all’interno di tale deroga una regola di valutazione probatoria, non prevista dal Legislatore. Afferma la decisione de qua che la sentenza di appello che condanni l’imputato assolto in primo grado, senza previa ripetizione della prova dichiarativa a carico, perché impossibile, deve contenere una motivazione rafforzata «sulla base di ulteriori elementi … idonei a compensare il sacrificio del contraddittorio, elementi che il giudice ha l’onere di ricercare e acquisire anche avvalendosi dei poteri officiosi di cui all’art. 603, comma 3, c.p.p. … devono essere cercati e verificati gli elementi di riscontro in grado di corroborare la prova dichiarativa non “ripetibile” … elementi di riscontro di sicura valenza confermativa». Insomma, le dichiarazioni del teste assente in appello vanno valutate insieme ad altri elementi di prova capaci di confermarne l’attendibilità: onde, siamo di fronte ad un nuovo caso, atipico, di corroboration [25], simile a quello già previsto dall’art. 192, comma 3, c.p.p. Si attribuisce poi al giudice un’ampia discrezionalità nel valutare, caso per caso, quanto lontano andare alla ricerca di tali ulteriori elementi conoscitivi: «possono essere disposte d’ufficio dal giudice … prove in origine ritenute superflue … una perizia …la lettura degli atti assunti nel procedimento …». Così, però, ci pare che si entri in conflitto con il principio di legalità processuale [26], stabilito dall’art. 111, comma 1, Cost. e ritenuto dalla giurisprudenza convenzionale uno dei canoni del fair trial [27]. Tale principio – costituzionale e convenzionale – osta ad istituti processuali creati dalla giurisprudenza o la cui disciplina sia in larga parte lasciata al potere discrezionale del giudice, specialmente ove si tratti di regolare aspetti capaci di influire sulla decisione finale, come i poteri istruttori, per i quali l’esigenza di determinatezza della fattispecie si fa più stringente [28], unitamente a quelle di certezza del diritto e di prevedibilità delle decisioni giudiziarie (tanto più in un ordinamento come il nostro, nel quale non [continua ..]


7. Segue: 5) La dilatazione dei poteri istruttori ex officio ed il principio di imparzialità

Ancora: lascia perplessi la decisione annotata nella parte in cui richiede al giudice di attivare i suoi poteri istruttori officiosi ex art. 603, comma 3, c.p.p., alla ricerca dei più svariati elementi di prova, anche totalmente nuovi rispetto al primo grado: insomma, sembra sollecitarsi una iniziativa probatoria ex officio dai confini tendenzialmente illimitati. In tal modo, però, si rischia di incidere sul principio dispositivo [31] e sul rapporto regola-eccezione tra poteri probatori delle parti ed iniziativa istruttoria del giudice, appannando l’imparzialità del giudicante. Offuscamento che appare ancor più netto, laddove la sentenza commentata recita: «Devono essere cercati e verificati gli elementi di riscontro in grado di corroborare la prova dichiarativa non “ripetibile”». E, poiché l’evocata “prova dichiarativa non ripetibile” da corroborare è quella “a carico”, tale passaggio della decisione annotata parrebbe tratteggiare la figura di un giudice che, svestita la toga del­l’imparzialità, indossi quella dell’inquisitore alla ricerca di prove di colpevolezza. Insomma, vi è il timore che un giudizio di appello che la giurisprudenza europea, prima, quella nazionale, poi, il Legislatore, infine, avrebbero voluto rendere più “equo” e più “accusatorio”, replicandovi gli stessi protocolli conoscitivi propri del primo grado, finisca invece col virare verso l’archetipo inquisitorio. Si condivide allora quella dottrina [32] che, con riguardo al presente specifico caso, ha auspicato un uso moderato della rinnovazione dibattimentale officiosa; aggiungiamo sommessamente che la ricerca degli ulteriori elementi conoscitivi dovrà essere bilaterale (conferme e smentite alle dichiarazioni del teste assente), contestualmente assicurando alle parti un parimenti ampio diritto alla controprova. Peraltro, bisognerà valutare anche l’impatto che su tale aspetto avrà la Riforma Cartabia [33], laddove delega il Governo a «modificare l’articolo 603, comma 3-bis, del codice di procedura penale prevedendo che, nel caso di appello contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale sia limitata ai soli casi di prove dichiarative assunte in [continua ..]


8. Segue: 6) La ricerca di nuovi elementi di prova e la mancanza del doppio accertamento di merito rispetto ai nova

Un’ampia rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, con l’eventuale ingresso di nuovo materiale probatorio non acquisito in primo grado, rischia altresì di pregiudicare la possibilità per l’imputato di un doppio grado di giudizio di merito: rispetto ai nova probatori, affluiti per la prima volta in appello, non vi sarà infatti la garanzia del doppio accertamento, atteso che il grado successivo è di sola legittimità. È pur vero che il doppio giudizio di merito non è un diritto costituzionalizzato, come più volte chiarito dalla Corte costituzionale [34]; né tale canone è imposto dall’art. 2 Prot. 7 C.e.d.u. [35]; il quale, secondo l’interpretazione data dai Giudici di Strasburgo, va inteso nel senso che il diritto ivi previsto di far riesaminare la condanna da un giudice superiore può essere anche limitato dagli ordinamenti nazionali ad una revisione per soli motivi di diritto [36]. Ma è singolare che la privazione del doppio accertamento di merito provenga proprio da una operazione di acquisizione probatoria in appello intesa a “compensare” il diritto di difesa.


9. segue: 7) revisio prioris instantiae o novum iudicium?

La dilatazione dei poteri istruttori spendibili in appello, cui parrebbe preludere la sentenza in commento, ci interroga altresì circa l’annosa questione relativa alla funzione di tale impugnazione [37]. Al riguardo – si è detto in dottrina – la sentenza annotata riposa su una ambiguità di fondo [38]: da un lato, ribadisce che l’appello rimane un mezzo di controllo della precedente decisione e parla di motivazione rafforzata, coerentemente con la logica del mezzo di controllo [39]; dall’altro, ammette che, qualora il giudice, alla ricerca di “compensazioni” al contraddittorio non attuato, attivi in modo ampio i propri poteri di iniziativa probatoria, il processo di seconde cure si avvicini molto ad un nuovo giudizio. Verso questo secondo archetipo, spinge il fatto che l’appello è una impugnazione a critica libera, senza limiti prefissati alla capacità devolutiva dell’atto introduttivo (che potrebbe anche investire tutti i capi e tutti i punti della decisione di primo grado) e che – specie alla luce delle ampie possibilità di rinnovazione istruttoria rilanciate dalla sentenza in commento e della tendenza generale a voler replicare in seconde cure gli stessi protocolli conoscitivi del primo grado – potrebbe contenere una vasta attività probatoria. Ma – è stato notato – ciò non migliora necessariamente la qualità dell’impugnazione, bensì «degrada la funzione “piramidale” del processo, impedendo al secondo grado di giudizio di apportare un effettivo “valore aggiunto” sul piano gnoseologico, posto che il secondo giudice può, nei fatti, replicare gli stessi moduli decisori adottati dal primo giudice» [40].


10. Segue: 8) l’acquisizione del sapere preistruttorio

Il punto più delicato e meno condivisibile nella sentenza in commento riguarda la possibilità, attribuita al giudice di appello nel caso qui trattato, di «lettura degli atti assunti nel procedimento». Insomma, per come formulata, tale frase contenuta nell’annotata decisione sembra attribuire al giudice, alla ricerca della corroboration, il potere di aprire il fascicolo del pubblico ministero e trarre da lì gli elementi conoscitivi utili a suffragare le dichiarazioni del teste assente: «come del resto ha fatto – prosegue la sentenza de qua – la Corte di appello … nel giudizio di rinvio … il ricorso alle letture si giustifica in base al combinato disposto degli artt. 598 e 603, comma 3, c.p.p. … e quindi … fuori dall’ambito applicativo proprio dell’art. 512 c.p.p.». Insomma, l’impossibilità di rinnovare la prova orale, nei casi in cui l’art. 603, comma 3-bis lo richiede, non solo darebbe àdito all’attivazione di ampi poteri istruttori officiosi, ma addirittura consentirebbe il recupero dell’investigazione preliminare [41]. Operazione, quest’ultima, che non trova però base alcuna nell’evocato art. 603, comma 3, c.p.p., né in alcuna altra norma positiva (considerato che si è esclusa espressamente l’operatività, nel caso di specie, dell’art. 512 c.p.p., comunque riguardante solo le pregresse dichiarazioni del teste assente e non anche tutto il fascicolo del pubblico ministero) e che eclissa i principi della separazione delle fasi e del doppio fascicolo; e, con essi, proprio quel principio del contraddittorio probatorio che si intendeva garantire meglio; ripiegando, così, il processo di appello verso il modello inquisitorio, recuperato attraverso una esegesi creatrice, che – a nostro sommesso avviso – pare ispirata dalla scuola del diritto libero.


NOTE