Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Rassegna bibliografica (di Alessandra Sanna)


N. Triggiani (a cura di), Informazione e giustizia penale. Dalla cronaca giudiziaria al “processo mediatico”, Bari, Cacucci, 2022, 1-709 pp.

La convivenza tra stampa e processo penale costituisce un pilastro dello Stato costituzionale di diritto. Un nesso fondamentale collega l’art. 21 all’art. 101 Cost.: vi si evince che il popolo ha diritto di sapere come viene amministrata la giustizia in suo nome e come i giudici, soggetti soltanto alla legge, esercitano il loro potere di jus dicere.

L’informazione sulla giustizia penale, che deve tendenzialmente riguardare l’intero procedimento, svolge, dunque, un insostituibile ruolo di garanzia in un sistema democratico.

segue

Il nodo è rappresentato dalle modalità in cui si realizza la fondamentale funzione perché sono assai complicate le connessioni tra la giustizia e la sua narrazione mediatica. Questa attualmente è uno specchio che non si limita a riprodurre la realtà riflessa, ma spesso ne rimanda un’immagine deformata. Talvolta, poi, incide sulla realtà giudiziaria rappresentata, modificandola. Emerge qui una delicatissima questione: l’irrinunciabile presidio democratico (la conoscibilità del modo con cui si rende giustizia) comporta il rischio che questo non soltanto venga rappresentato e percepito in maniera distorta, ma che, in qualche misura, possa esserne alterato. Detto altrimenti, la giustizia senza il suo racconto mediatico sarebbe diversa. Il ponderoso e approfondito volume a cura di Nicola Triggiani tenta di dipanare la complessa matassa, raccogliendo la sfida di confrontarsi con le multiformi sfaccettature del tema, in cui convergono profili costituzionali, processuali, sociali e deontologici. Ed è la ristrettezza prospettiva, incapace di comprendere la molteplicità dei fattori coinvolti, ad aver determinato l’inadeguatezza della disciplina codicistica in materia. Eppure, il legislatore aveva, agli artt. 114, 115, 329 c.p.p. 1988, dedicato una puntuale e articolata regolamentazione ai temi del segreto investigativo e dei limiti alla pubblicazione degli atti. Quelle norme, però, sono state immediatamente travolte dalla prassi, a riprova che «lavorare chini sulle disposizioni che regolano pubblicabilità e segretezza degli atti senza alzare lo sguardo verso il loro concreto operare, senza prestare attenzione al loro uso strumentale, ancor più che inutile è fuorviante». Dopo oltre trent’anni dall’entrata in vigore del codice di rito del 1988 occorre cercare di comprendere lo “stato reale” del rapporto tra mezzi di comunicazione e processo penale, nonché le deformazioni originate dalle prassi applicative. Allo scopo gli Autori ritengono indispensabile ripartire proprio dalle norme che attualmente regolamentano questo rapporto, così da individuare i possibili correttivi. È urgente, in specie, se non eliminare, quanto meno attenuare gli effetti distorsivi e perversi dei c.d. “processi mediatici”. D’altro canto, bisogna scongiurare il rischio che un’eventuale riforma normativa in un settore così sensibile per la democrazia possa rappresentare un rimedio peggiore del male. Dinanzi ai tanti effetti collaterali dell’attuale rappresentazione mediatica è, infatti, ricorrente la tentazione di rinunciare ad essa, prevedendo di introdurre un divieto di divulgazione degli atti sino alla fase pubblica del dibattimento. Ma se è inconcepibile oscurare la cronaca giudiziaria, la strada obbligata passa per la ricerca di un punto di equilibrio tra [continua..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login

inizio