Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte di giustizia Ue (di Elisa Grisonich e Veronica Tondi)


La Corte di giustizia ribadisce e precisa le sue posizioni sul diritto all’informazione e sulla tutela giurisdizionale effettiva del ricercato

(Corte di giustizia UE, Quarta Sezione, 30 giugno 2022, causa C‑105/21)

di Elisa Grisonich

Nella sentenza C-649/19 del 28 gennaio 2021 (C. giust. UE, 28 gennaio 2021, C-649/19, IR, in questa Rivista, 2021, p. 533), la Corte di giustizia aveva, per la prima volta, chiarito «l’articolazione tra la direttiva 2012/13/UE e la decisione quadro 2002/584/GAI nonché i suoi requisiti relativi alla tutela dei diritti fondamentali applicati al sistema del mandato di arresto europeo» (così, conclusioni dell’Avvocato generale Priit Pikamäe, presentate il 30 settembre 2020, C-649/19, IR, in questa Rivista, 2021, p. 41).

A distanza di quasi un anno e mezzo da questa decisione, con la sentenza in commento, i Giudici di Lussemburgo sono tornati a pronunciarsi in materia, contribuendo ulteriormente a precisare la portata delle garanzie procedurali dei destinatari di un euro-mandato.

segue

Considerato lo stretto legame visibile tra i due approdi appena richiamati, merita offrire un breve inquadramento del primo, per poi sondare nel dettaglio il secondo, oggetto della presente analisi. La prima pronuncia aveva rappresentato una decisione di non poco conto, in quanto dalla stessa era trapelata un’interpretazione restrittiva delle garanzie difensive del ricercato previste nelle cosiddette “direttive di Stoccolma”. A venire in rilievo, nel caso concreto, era stata l’emissione di un m.a.e. processuale in Bulgaria nei confronti di un soggetto accusato di partecipazione a un’organizzazione criminale finalizzata alla commissione di reati tributari. Dopo l’annullamento disposto dal tribunale bulgaro (in particolare, il Spetsializiran nakazatelen sad – Tribunale speciale per i procedimenti penali, Bulgaria) di un primo euro-mandato, siffatto giudice aveva sentito l’esigenza di ottenere chiarimenti da parte della Corte di giustizia, prima di adottarne un secondo. Era così seguita l’attivazione del meccanismo di cui all’art. 267 TFUE, al quale i Giudici di Lussemburgo avevano risposto, escludendo l’applicabilità al destinatario di un mandato di arresto europeo di alcune disposizioni della direttiva 2012/13/UE, tarate sugli accusati e non, invece, esplicitamente rivolte ai ricercati. A essere preclusa era stata, in particolare, l’operatività, rispetto al ricercato, degli artt. 4, § 3, 6, § 2 e 7, § 1, direttiva n. 13/2012, i quali dettano, rispettivamente, l’obbligo di consegnare una comunicazione scritta al prevenuto in vinculis contenente le informazioni in merito alla facoltà stabilita dal diritto nazionale «di contestare la legittimità dell’arresto, ottenere un riesame della detenzione o presentare una domanda di libertà provvisoria» (art. 4, § 3); il diritto del medesimo di essere informato dei motivi della restrizione della libertà personale e dell’ipotesi delittuosa per cui è indagato o imputato (art. 6, § 2); nonché, infine, il dovere di mettere a sua disposizione la documentazione essenziale «per impugnare effettivamente, conformemente al diritto nazionale, la legittimità dell’arresto o della detenzione» (art. 7, § 1). Nella medesima pronuncia, la Corte di giustizia aveva, altresì, negato una qualsiasi invalidità della decisione quadro 2002/584/GAI, derivante da tale interpretazione, alla luce degli artt. 6 e 47 Carta di Nizza. Come si è anticipato, a ridosso di questo approdo, i Giudici di Lussemburgo sono stati, ancora una volta, interpellati sul punto. Da qui, dunque, l’emanazione della sentenza in discorso, la quale è frutto di un secondo rinvio pregiudiziale formulato dallo stesso giudice che aveva richiesto il precedente intervento della Corte, sulla scorta della medesima [continua..]

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