Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Il rimborso delle spese legali sostenute dall´assolto: verso la sperimentazione di una riforma molto attesa (di Lucia Parlato, Professoressa ordinaria di Diritto processuale penale – Università degli Studi di Palermo)


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In seguito a un intenso dibattito, la l. n. 178/2020 ha inserito nel nostro ordinamento un sistema che consente la rifusione delle spese legali sostenute dall’assolto. Questa innovazione – che ha un’importanza non solo economica, ma soprattutto simbolica – ha posto numerosi interrogativi. Alcuni sono stati affrontati da un decreto interministeriale emanato nel 2021, ma altri rimangono aperti. La principale incertezza riguarda il reale impatto di questo strumento e dipende sia dalle scelte giurisdizionali che verranno adottate, sia dalle risorse che risulteranno in concreto disponibili.

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Parole chiave: imputato – rimborso delle spese legali – sentenza di assoluzione.

The reimbursement of legal costs incurred by the acquitted: towards the experimentation of a long-awaited reform

Following an intense debate, Law no. 178 of 2020 has introduced, in our system, a tool aimed at the reimbursement of the legal costs incurred by the acquitted. This innovation – which has not only economic, but above all symbolic significance – has raised several issues. Some of them have been addressed by an interministerial decree adopted in 2021, but others remain under discussion. The main uncertainty concerns the real impact of this instrument and depends both on the jurisdictional choices that will be adopted and on the resources that will actually be available.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. La natura della fattispecie e i valori costituzionali in gioco - 3. L’elenco tassativo delle formule assolutorie interessate - 4. Le ipotesi non contemplate - 5. Segue. …e quelle espressamente escluse - 6. I rapporti con istituti limitrofi e il divieto di sovrapposizioni - 7. L’istituzione di un fondo dedicato e la previsione della “clausola di invarianza finanziaria” - 8. La richiesta: gli adempimenti previsti dalla legge del 2020 - 9. Segue. Condizioni, linee operative, sbarramenti temporali ed economici fissati dal decreto interministeriale del 2021 - 10. La valutazione delle istanze e i criteri di priorità - 11. la procedura di verifica e il mandato di pagamento - 12. I punti deboli della riforma: due incognite per la richiesta e due cautele nel valutarla - NOTE


1. Premessa

Il rimborso delle spese legali sostenute da chi sia risultato innocente, in esito a un procedimento penale, è previsto nel nostro ordinamento solo da breve tempo. In seguito a un intenso dibattito, secondo percorsi per nulla lineari e prevedibili, un gruppo di norme dedicate a questo tema è stato inserito nella c.d. legge di bilancio 2021 (l. 30 dicembre 2020, n. 178) grazie a un emendamento proposto dall’on. Costa [1]. All’interno della legge, i commi da 1015 a 1022 accolgono la disciplina in materia. Se il primo dei commi indicati costituisce il centro della riforma, i successivi fungono da cornice occupandosi del correlato iter procedurale. In chiusura, il comma 1022 circoscrive l’operatività della riforma stessa, riferendola alle sole sentenze di assoluzione divenute irrevocabili dopo la data di entrata in vigore della legge e, dunque, successivamente al 1° gennaio 2021. La rapidità nell’inserimento delle disposizioni in seno all’articolato, durante l’excursus parlamentare, si è tradotta giocoforza in una loro lacunosità. Il silenzio del legislatore su vari profili ha inizialmente inibito del tutto la fruibilità del “nuovo” istituto, nato privo di un’adeguata rete di criteri e modalità applicative. Per rendere esigibile il previsto rimborso, si è reso necessario un intervento aggiuntivo sollecitato dalla stessa legge del 2020, al comma 1019 dell’art. 1 [2]. Il decreto sul quale si riponevano le aspettative è stato emesso il 20 dicembre 2021 dal Ministero della giustizia di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Emanata con ritardo rispetto al termine stabilito (sessanta giorni dopo l’entrata in vigore della legge), la fonte ha mirato a colmare le carenze normative specie sul piano procedurale e operativo [3]. Volgendo per un momento lo sguardo indietro si nota come la riforma, nel suo complesso, sia il frutto di una discussione sviluppatasi negli ultimi decenni e divenuta man mano più vivace, anche in considerazione della comparazione con ordinamenti stranieri [4]. Per un verso, si era affacciato da più parti il proposito di accogliere nel processo penale, mutatis mutandis – il principio di soccombenza che è proprio del processo civile. In tal senso era stato ripetutamente prospettato di far gravare sullo Stato l’obbligo di rifondere [continua ..]


2. La natura della fattispecie e i valori costituzionali in gioco

Nell’utilizzare l’espressione “rimborso”, il legislatore del 2020 ha dato conferma del proprio intento di introdurre un sistema diretto a rifondere all’imputato le spese legali, in considerazione del pregiudizio derivante da un’attività giudiziaria lecita. Ad assumere rilievo, infatti, è proprio un’attività svolta nel rispetto del dettato normativo, culminata nella formulazione dell’addebito penale e rivelatasi poi “ingiusta” essendo l’imputato risultato innocente [8]. In proposito, emerge come la fattispecie ora prevista non debba essere confusa con forme “risarcitorie”, legate ad esempio all’attenzione mediatica o alle conseguenze di carattere lavorativo o professionale suscitate dal procedimento penale. E ciò, anche nella consapevolezza di quanto ne conseguirebbe sul piano dell’onere probatorio, altrimenti gravante sull’assolto [9]. Sulla scorta delle pronunce della Suprema Corte in materia di ingiusta detenzione, del resto, va evidenziato come la sottoposizione al rito penale – anche qualora sfoci in un’assoluzione – non possa assurgere a fatto illecito capace di generare responsabilità aquiliana [10]. La rifusione delle spese si pone come una forma di “ristoro” rispetto a situazioni di ingiustizia sostanziale, ma non formale. Sullo sfondo muove l’idea secondo cui l’accertamento penale, nonostante si svolga nel pieno rispetto delle regole, possa di per sé implicare pesanti oneri per l’imputato. In questo senso, a prescindere dall’ipotesi “estrema” dell’errore giudiziario in senso stretto, svelato in sede di revisione e posto alla base di una riparazione, la previsione normativa del rimborso per un “errore a monte” – che abbia comportato l’inutile avvio del procedimento – serve a stabilire un parziale riequilibrio quantomeno sotto l’aspetto economico. Si atteggia come una sorta di simbolica restitutio in integrum nei confronti di chi sia coinvolto in un procedimento penale risultando innocente, anche se eventualmente condannato in gradi precedenti. In ragione dei suoi risvolti spesso in concreto “afflittivi” [11], accade che il processo rappresenti esso stesso una “pena” per chi vi è sottoposto [12]. E ciò risalta comunque, si voglia o meno [continua ..]


3. L’elenco tassativo delle formule assolutorie interessate

Il rimborso è previsto, dal comma 1015 dell’art. 1 cit., in relazione all’assoluzione con sentenza definitiva [28]. Il legislatore del 2020 ha inteso fissare il perimetro operativo dell’istituto introdotto indicando specificamente le formule assolutorie interessate. In seguito, la scelta è stata confermata nell’ambito del decreto interministeriale del 2021, all’art. 2, sempre con riferimento alle sentenze pronunciate ai sensi dell’art. 129 o dell’art. 530 c.p.p. [29]. Le pronunce segnalate rilevano, dunque, tanto se intervenute in seguito al dibattimento, quanto se emanate in ragione del controllo giurisdizionale che ha luogo in ogni stato e grado del processo rispetto alla sussistenza di “cause di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità”. A legittimare la rifusione delle spese legali è anzitutto la formula “il fatto non sussiste”, seguita da quella determinata dal “non aver commesso il fatto” e, ancora, da quella per cui “il fatto non costituisce reato”, essendo inclusa anche la pronuncia secondo la quale “il fatto non è previsto dalla legge come reato”. Ampiamente liberatorie, le decisioni elencate sono tali da evocare una forma di “soccombenza” dello Stato che viene perciò chiamato a erogare una sorta di indennizzo in relazione all’attività giudiziaria lecitamente svolta e conclusasi con l’assoluzione dell’imputato. La fattispecie del rimborso è, dunque, dedicata per prima cosa a chi venga assolto perché il fatto non sussiste o per non averlo commesso. Basti rammentare, infatti, che l’innovazione nasce per far fronte all’ingiustizia di un sistema in cui chi sia risultato innocente debba essere onerato dei costi della propria difesa tecnica. In quest’ottica, le formule ora indicate – ossia quelle “in fatto” – rispetto ad altre rispecchiano maggiormente l’innocenza dell’imputato. Da un canto, esse escludono che si sia verificata la fattispecie penalmente rilevante, anche a livello di tentativo, oppure dall’altro canto implicano che tale fattispecie non sia riconducibile a una condotta dell’imputato stesso. Diversa è la situazione con riguardo alle pronunce assolutorie perché “il fatto non costituisce reato” e “il fatto non è [continua ..]


4. Le ipotesi non contemplate

Il legislatore ha inteso escludere esplicitamente alcune ipotesi, indicandole nel comma 1018 dell’art. 1 cit. Al di là di quanto previsto da quest’ultimo comma, tuttavia, per individuare il perimetro operativo della fattispecie del rimborso bisogna considerare anche il carattere tassativo dell’elencazione contenuta nel comma 1015 dello stesso articolo, sopra riportata. Ne consegue che le ipotesi non contemplate in quell’elencazione debbano comunque ritenersi estranee alla fattispecie medesima. Tra tali ipotesi non menzionate dalla legge, rilevano quelle di assoluzione per non punibilità o non imputabilità dell’accusato e, a maggior ragione, quelle inerenti a pronunce puramente di rito, come le sentenze che dichiarino la non procedibilità: si pensi, in particolare, al proscioglimento per mancanza della querela. Dal canto suo, l’emergere di un bis in idem processuale – istituto che, in passato, aveva portato per un momento alla ribalta il tema del rimborso delle spese [37] – resta tuttora del tutto trascurato e può «semmai rilevare in un contesto risarcitorio o disciplinare a causa dell’esercizio ab origine ingiusto dell’azione penale» [38]. Riserve vengono manifestate dalla dottrina, inoltre, in relazione alla mancata enunciazione, da parte del legislatore, del caso di proscioglimento per errore sull’identità fisica dell’imputato, ai sensi degli artt. 68 e 129 c.p.p.: le perplessità si basano soprattutto sulla circostanza che la pronuncia in discorso implica un’ingiustizia sostanziale similmente a quanto accade per la formula “per non aver commesso il fatto” (che al contrario determina il rimborso delle spese legali), rispetto alla quale la pronuncia stessa «potrebbe considerarsi una sottospecie» [39]. Vale la pena di precisare inoltre che – tra i casi di non punibilità – anche la decisione assolutoria per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-bis c.p., è estranea all’ambito applicativo dell’istituto del rimborso, in ragione della tassatività della disposizione. Per analoghe ragioni, in mancanza di un’espressa previsione, occorre considerare esclusi dall’area operativa dell’istituto del rimborso tanto il caso di archiviazione, quanto quello di sentenza di non luogo a procedere. Seppure [continua ..]


5. Segue. …e quelle espressamente escluse

Mirando a circoscrivere la portata applicativa dell’istituto, il legislatore ha previsto espressamente al comma 1018 dell’art. 1 cit. un elenco di casi in cui il rimborso non è dovuto, in base a una selezione confermata poi dall’art. 2 del decreto interministeriale del 2021. La scelta delle ipotesi da escludere dall’ambito applicativo della fattispecie del rimborso reca naturalmente difficoltà intrinseche, perché è fisiologicamente esposta a censure in termini di ragionevolezza, volte a determinare un allargamento dei margini di quell’ambito [42]. Si tratta di un aspetto particolarmente delicato, che rappresenta il vero banco di prova rispetto alla legittimità costituzionale dell’isti­tuto della rifusione delle spese: ne è riprova il dibattito sviluppatosi attorno a strumenti riparatori corrispondenti a quello di cui al comma 1015 cit., nel contesto di altri ordinamenti [43]. I tre casi contemplati dal comma 1018 dell’art. 1 cit. e dall’art. 2 del decreto corrispondono a situazioni eterogenee, in cui la pronuncia liberatoria sia non integrale o, comunque, ritenuta dal legislatore non meritevole dell’indennizzo risultante dalla rifusione delle spese legali. Il primo caso di esclusione del rimborso, ai sensi del comma 1018, è quello di assoluzione parziale, che ha luogo qualora l’imputato non sia stato assolto rispetto a tutti fatti contestati, bensì soltanto limitatamente a un capo (o più capi) di imputazione, venendo invece al contempo condannato per altri reati. In base a questa scelta normativa, la circostanza che in uno stesso procedimento penale siano state formulate più imputazioni a carico dello stesso soggetto può potenzialmente ostacolare l’accesso al rimborso, nell’evenienza di esiti processuali diversificati in relazione ai vari capi della sentenza. La previsione trae evidentemente giustificazione dalla circostanza che la pretesa punitiva dello Stato sia stata esercitata giustamente, quantomeno per uno tra i reati addebitati. Da questa premessa consegue che l’imputato debba sopportare per intero l’onere economico delle spese relative alla propria difesa. In definitiva, il legislatore ha inteso evitare rimborsi pro quota [44], da corrispondere scorporando alcune imputazioni e considerando solo quelle sfociate in un’assoluzione tale da legittimare il ristoro in [continua ..]


6. I rapporti con istituti limitrofi e il divieto di sovrapposizioni

L’introduzione di un istituto dai tratti così innovativi implica inevitabilmente, per l’interprete, lo sforzo di considerarne i rapporti con altre fattispecie per certi versi limitrofe. Senz’altro, il rimborso ora previsto va distinto da figure preesistenti che, sulla base di presupposti diversi, interessano ambiti specifici. Occorre anzitutto fugare possibili equivoci e precisare che lo strumento segue logiche del tutto differenti da quelle della responsabilità civile del magistrato, fisiologicamente idonea a coprire solo situazioni-limite, connotate dall’elemento psicologico del dolo o della colpa grave [54]. La fattispecie non può neppure essere assimilata al peculiare sistema che concerne il rimborso delle spese legali in favore dei dipendenti pubblici, caratterizzato da una propria ratio e basato su una connessione dei fatti da accertare nel processo penale, con l’espletamento del servizio e l’assolvimento degli obblighi istituzionali [55]. D’altronde, nel chiarire l’autonomia e l’alternatività delle due diverse sfere coinvolte, il citato decreto interministeriale del 2021 – all’art. 2, comma 2, lett. e) – ha espressamente escluso che chi abbia diritto al rimborso delle spese legali in qualità di dipendente pubblico possa ambire alla rifusione ai sensi del comma 1015 cit. Per altro verso, in base alla legge del 2020 e al successivo decreto, bisogna evitare di confondere il piano del rimborso delle spese ex comma 1015 cit. con quello del “patrocinio a spese dello Stato”, inteso nella sua dimensione tradizionale e al di là di quanto disposto dal già menzionato art. 115-bis t.u. n. 115/2002 per i casi di legittima difesa c.d. domiciliare o di eccesso colposo nella stessa legittima difesa. Basti ricordare che tale istituto mira a fare sì che difensori – oltre che consulenti tecnici e investigatori privati – remunerati dall’erario operino al fianco di persone accusate, oppure offese dal reato, il cui reddito si collochi al di sotto di una soglia minima. Ai fini dell’operatività del “patrocinio a spese dello Stato” – che è prevista, peraltro, a prescindere dall’esito assolutorio del processo – in generale rileva una situazione di “non abbienza”, qualificata in base a un livello di reddito: al di sotto di quel livello sorge il [continua ..]


7. L’istituzione di un fondo dedicato e la previsione della “clausola di invarianza finanziaria”

Per fare fronte all’impegno finanziario sotteso al funzionamento del meccanismo di rimborso delle spese, il comma 1020 dell’art. 1 cit. mira a istituire nello stato di previsione del Ministero della giustizia il Fondo per il rimborso delle spese legali agli imputati assolti. La scelta normativa esprime le preoccupazioni relative all’incidenza economica dell’innovazione e ne costituisce, al contempo, una contromisura. Il Fondo in questione infatti – fissando indirettamente un limite complessivo – è destinato ad avere una dotazione di otto milioni di euro annui (secondo il dato positivo, a partire dall’anno 2021). Questa cifra costituisce il limite massimo di spesa complessiva a carico dello Stato, per il riconoscimento di rimborsi ai sensi del comma 1015 cit. Il tetto cumulativo, così segnato, va considerato unitamente a quello individuale, di diecimilacinquecento euro, il quale funzionerà invece per la quantificazione dell’indennizzo spettante a ogni singolo soggetto che – in considerazione della formula assolutoria ottenuta – risulti meritevole di vedersi riconosciuto il ristoro. Secondo quanto specificato dal proponente dell’iniziativa legislativa in ordine al rimborso, on. Costa – e confermato poi dal decreto interministeriale del 2021 – il riconoscimento della garanzia dipenderà da parametri oggettivi e non da valutazioni in merito al diritto alla rifusione delle spese o alla loro congruità. Ne deriva che sarà proprio la capienza del fondo a costituire il reale limite rispetto al pagamento dei rimborsi richiesti. In base a queste premesse, come si specificherà in seguito, il citato decreto ha creato uno “schema di priorità” a fronte del numero elevato di richiedenti, nell’intento di assicurare il rispetto del principio di uguaglianza [63]. Ѐ proprio facendo richiamo alla suddetta capienza del fondo, d’altronde, che da parte del Ministero della giustizia – prima dell’emanazione del decreto interministeriale del 2021 – erano state manifestate remore rispetto all’attuazione della riforma. Remore riguardo alle quali lo stesso on. Costa non aveva mancato di replicare, puntando sugli allora attesi criteri di priorità e prospettando, se del caso, un nuovo intervento del Parlamento [64]. Il Fondo così istituito è stato posto al centro [continua ..]


8. La richiesta: gli adempimenti previsti dalla legge del 2020

La proposizione della richiesta di rimborso obbedisce a indicazioni specifiche e presuppone determinati adempimenti. Un insieme di aspetti strumentali rispetto all’iniziativa dell’assolto trae origine dal combinato disposto risultante dal comma 1017 dell’art. 1 cit. e dall’art. 3 del decreto interministeriale del 2021 [65]. Prima dell’emanazione di tale decreto, la regolamentazione della fattispecie si mostrava carente, tra le altre cose, proprio quanto agli aspetti operativi inerenti ai tempi e alle modalità della richiesta da parte dell’assolto. Molti erano i dubbi rimasti aperti dopo la legge del 2020, in una situazione di “provvisorietà” che ha, di fatto, ritardato la fruibilità del nuovo istituto. Ora, soprattutto su questi aspetti, la rilevanza dei suoi contenuti rende il decreto parte integrante e fondamentale della disciplina in materia. Nell’affrontare la fitta rete di prescrizioni relative alla richiesta di rimborso, si muoverà dalle indicazioni di sistema provenienti dalla legge del 2020, in alcuni punti ribadite dal decreto, per esaminare poi le autonome precisazioni offerte ex novo da quest’ultimo. Con ciò si seguirà sia un ordine che va da un livello più generale a uno più specifico, sia la sequenza cronologica nella disciplina della materia. Per ottenere il rimborso, anzitutto, il destinatario di una sentenza di assoluzione ai sensi del comma 1015 cit. è tenuto a presentare la fattura del difensore, completa dell’espressa indicazione della causale e dell’“avvenuto pagamento”. Esprimendosi in questi termini, ripetuti dall’art. 3 del decreto, la disposizione dà per scontato che l’onorario sia stato già corrisposto dal richiedente, il quale può rivalersi sullo Stato entro il tetto massimo di cui al comma 1015 medesimo. La circostanza che il rimborso sia subordinato alla presentazione della fattura del difensore, con indicazione della causale e dell’avvenuto pagamento, altresì, dovrebbe fugare il rischio di una duplicazione di rimborsi, rispettivamente ad opera del querelante “soccombente” e da parte dello Stato [66]. Eppure, potrebbe verificarsi che l’imputato non si adoperi per chiedere il rimborso delle spese da parte del querelante [67] e che, senza essersi avvalso di tale facoltà, si rivolga invece allo [continua ..]


9. Segue. Condizioni, linee operative, sbarramenti temporali ed economici fissati dal decreto interministeriale del 2021

Nel regolamentare la procedura di cui alla legge del 2020, il decreto interministeriale ha considerato la richiesta dell’assolto sotto l’angolo visuale dei requisiti per accedere all’istituito Fondo per il rimborso delle spese legali. In questa prospettiva, la fonte del 2021 ha specificato una serie di condizioni. Oltre a ribadire il divieto di sovrapposizioni con altre forme di recupero delle spese, all’art. 3 il decreto ha tracciato alcuni limiti all’accesso al Fondo, con riguardo all’ammontare delle risorse finanziarie esigibili. Un primo limite è caratterizzato da una valenza complessiva e d’insieme, disgiunta dalla posizione dei singoli richiedenti. Il Fondo, infatti, è destinato a erogare i rimborsi soltanto entro la capienza delle risorse annualmente assegnate al capitolo di bilancio n. 1265 dello stato di previsione della spesa del Ministero, ai sensi dell’art. 1, comma 1020, della legge del 2020. Un altro limite, invece, si riferisce a ciascuna istanza di rimborso, la quale è accoglibile esclusivamente fino all’importo massimo di euro diecimilacinquecento. Il citato decreto si è distinto anche per aver fornito delle indicazioni concrete di carattere operativo, circa la proposizione dell’istanza. Sempre alla luce dell’art. 3, la richiesta di accesso al Fondo può essere proposta esclusivamente secondo una modalità digitale: ossia, tramite apposita piattaforma telematica disponibile attraverso il sito del Ministero della Giustizia, utilizzando “le credenziali SPID di livello due”. Quanto ai legittimati a proporre la domanda, occorre che essa sia presentata personalmente dal­l’im­putato o, se del caso, dal titolare della responsabilità genitoriale o della rappresentanza legale. Mentre, nell’ipotesi di morte dell’imputato l’istanza può essere proposta da uno degli eredi nell’inte­resse di tutti gli aventi diritto alla successione. Con ciò, il decreto ha inteso superare una tra le incertezze lasciate irrisolte dalla legge del 2020. In ordine ai contenuti della richiesta, il citato art. 3 del decreto impone che essa includa alcuni elementi, ai sensi dell’art. 46, d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445: in particolare, i dati anagrafici e il codice fiscale dell’imputato assolto (se diversi da quelli del richiedente), le indicazioni relative alla decisione [continua ..]


10. La valutazione delle istanze e i criteri di priorità

Nelle more del decreto interministeriale del 2021, si avvertiva l’indeterminatezza degli oneri probatori gravanti sul richiedente, nonché dei poteri istruttori riservati all’organo decidente. A parte le incertezze sulla decisione inerente all’an del rimborso, emergeva il bisogno di criteri orientativi in ordine al quantum del rimborso medesimo, da stabilire entro il tetto massimo fissato dal comma 1015 cit. Durante l’attesa dell’intervento governativo, hanno assunto rilievo i chiarimenti resi dal deputato da cui l’iniziativa legislativa del 2020 ha preso il nome, l’on. Costa, il quale ha tenuto a escludere ogni vaglio giurisdizionale sul diritto al rimborso e sulla congruità di quest’ultimo, dovendo la procedura essere governata da “criteri oggettivi” [74]. La principale criticità è stata però riconosciuta sin da allora nella capienza del Fondo dedicato, in considerazione del preventivabile numero elevato di richieste di rimborso [75]. In questo senso, è spettato al predetto decreto interministeriale creare una scala di priorità tra i richiedenti – tenendo conto del principio di uguaglianza – da applicare in ragione della plausibile incapienza del Fondo stesso. Ciò posto, prima della formulazione del decreto erano già ricavabili – dal comma 1019 dell’art. 1 cit. – due coordinate per quantificare le spese da rimborsare: da un canto, il numero di gradi di giudizio cui l’assolto sia stato sottoposto, dall’altro canto, la durata del processo. Sin da subito si è auspicato che tali criteri non risultassero esclusivi. Altri fattori, invero, meriterebbero di concorrere nell’in­dividuazione del quantum da corrispondere: tra questi, senz’altro, la complessità delle attività difensive e probatorie svolte, nonché la tipologia delle fattispecie criminose addebitate [76]. Sulla falsariga di queste coordinate, la disciplina contenuta nell’art. 4 del decreto interministeriale tende a sciogliere il nodo inerente alla limitata capienza del Fondo. In quest’ottica, viene determinato un ordine di priorità articolato su tre livelli, sempre tenendo conto del giudice che ha pronunciato la sentenza (a seconda delle impugnazioni proposte) e del complessivo protrarsi della vicenda giudiziaria. Tale ordine pone in posizione privilegiata le [continua ..]


11. la procedura di verifica e il mandato di pagamento

A norma dell’art. 5, comma 1, del decreto interministeriale, un controllo di effettiva corrispondenza tra quanto dichiarato nelle istanze e quanto emerge dalla documentazione ad esse allegata viene effettuato da parte del Ministero tramite il proprio personale e – in forza di una apposita convenzione – tramite quello di Equitalia giustizia S.p.A. Le istanze proposte – ai sensi dell’art. 5, comma 2, del decreto – vengono «escluse dall’ordine di precedenza», laddove siano prive dei requisiti per accedere al Fondo (di cui al sopra menzionato art. 2 del decreto stesso), oppure qualora non vi sia corrispondenza tra quanto dichiarato e gli allegati, o tra quanto dichiarato e gli accertamenti svolti. Un importante sbarramento – posto dall’art. 5 del decreto – impedisce che possano essere ripresentate, da un canto, le istanze che siano state escluse dal rimborso per carenza dei presupposti o per mancata corrispondenza tra quanto dichiarato e gli allegati, oppure tra quanto dichiarato e gli accertamenti svolti; dall’altro canto, le istanze non validamente presentate e persino quelle che siano state ostacolate dall’esaurimento delle risorse assegnate, per l’anno di riferimento, al capitolo 1265 dello stato di previsione della spesa del Ministero. Alla luce del decreto interministeriale, conclusa l’attività di verifica, il Ministero approva l’elenco delle istanze da accogliere, con decreto del Capo Dipartimento per gli affari di giustizia. Di ciascuna istanza viene indicato l’importo rimborsabile, disponendone la relativa pubblicazione nella medesima piattaforma digitale sulla quale le istanze sono presentate. Decorsi quindici giorni, viene ordinata l’emissione del conseguente mandato di pagamento. Il profilo più pratico, che riguarda il conferimento delle somme dovute, ha da sempre costituito oggetto di discussione. All’interno del dibattito che ha preceduto l’introduzione dell’istituto, infatti, erano state prospettate varie soluzioni. Ritenendola l’opzione più “minimalista” e “fattibile”, era stata ipotizzata la previsione di un sistema di detrazioni fiscali [77], insieme ad altri espedienti riparatori o agevolazioni fiscali [78]. Ai sensi del comma 1016 dell’art. 1 cit., tuttavia, si è optato per la previsione di un rimborso da corrispondere tramite [continua ..]


12. I punti deboli della riforma: due incognite per la richiesta e due cautele nel valutarla

Sin da una prima lettura della normativa in tema di rifusione delle spese, il principale motivo di delusione è stato ravvisato nei limiti di carattere economico di cui la fattispecie soffre [79]. Il mancato successo degli antecedenti propositi di introdurre figure di rimborso delle spese legali in favore dell’assolto, d’altronde, era derivato plausibilmente proprio da ragioni di bilancio che in concreto ostacolano la realizzazione di progetti di un simile impatto finanziario [80]. La consapevolezza dell’enorme impiego di risorse sotteso alla creazione della fattispecie, peraltro, aveva indotto talvolta – in relazione alle precedenti iniziative di riforma – persino a evidenziare il rischio di una conseguente riduzione dei casi di assoluzione: «pur di evitare di intaccare le casse dello Stato» [81]. Attraverso il sistema della rifusione delle spese si è mirato a raggiungere un obiettivo ambizioso, ispirato al principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., superando le comprensibili remore legate ai corrispondenti oneri statali [82]. Come già segnalato, l’ammontare delle somme rimborsate non può oltrepassare il limite di diecimilacinquecento euro. La maggiore insoddisfazione, tuttavia, non deriva tanto da questo tetto massimo, di per sé penalizzante, quanto dalla evenienza che – per una fisiologica incapienza ciclica del Fondo – la richiesta possa essere irrimediabilmente rigettata, senza che sia concessa una sua reiterazione. L’aspirazione a un rimborso può incontrare essenzialmente due diverse incognite, non governabili dall’istante. La prima si riferisce al momento del passaggio in giudicato della sentenza, in base al quale vanno calcolati i termini per la presentazione della domanda. La seconda, invece, riguarda le richieste proposte durante lo stesso periodo, perché dal loro numero e dalla loro portata dipende l’arco di tempo più o meno ampio in cui le risorse del Fondo si esauriscono. Tutto ciò – considerata la complessità della procedura – tra l’altro accredita l’impressione che, anche per la proposizione dell’istanza di rimborso delle spese, possa risultare necessaria un’assistenza tecnica tale da poter generare altri oneri economici. Inoltre, il sistema così costellato da intralci e preclusioni aprioristiche può [continua ..]


NOTE