Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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L´efficienza costituzionalmente orientata e la digital transformation della giustizia penale (di Roberta Rizzuto, Dottore di ricerca – Università LUMSA di Palermo)


Fin troppo spesso si sente parlare di un’opera di bilanciamento tra il rispetto dell’assetto individual-garantista sotteso al concreto funzionamento della giustizia penale italiana e l’esigenza imperante di adeguare, rinnovandone alcuni tratti strutturali, la macchina processuale all’inarrestabile rivoluzione digitale. Nondimeno, ci si chiede sino a che punto sia rispondente al vero che la digital trasformation della giustizia penale italiana sia, inesorabilmente, destinata a entrare in rotta di collisione con il sostrato di garanzie e principi sui quali la stessa da sempre poggia. Ci si domanda, in altre parole, se sia sul serio necessaria la ricerca di una via mediana tra l’impronta garantista dell’apparato giurisdizionale e il bisogno di una sua informatizzazione o se, al contrario, adottando le giuste precauzioni, la digitalizzazione può non soltanto convergere con, ma altresì rafforzare ulteriormente i fondamenti del processo penale italiano.

Parole chiave: Pandemia da Covid-19 – processo penale telematico - remote justice.

The constitutional efficiency and the digital transformation of the criminal justice

All too often one hears talk of a balancing act between the respect for the individual-guarantee structure underlying the concrete functioning of the Italian criminal justice system and the prevailing need to adapt, by renewing certain structural features, the procedural machinery to the unstoppable digital revolution. Nevertheless, one wonders to what extent it is true that the digital transformation of Italian criminal justice is inexorably destined to collide with the substratum of guarantees and principles on which it has always been based. In other words, one wonders whether the search for a median way between the guaranteed imprint of the judicial apparatus and the need for its computerization is seriously necessary or whether, on the contrary, by taking the right precautions, digitalization cannot only converge with but also further strengthen the foundations of the Italian criminal process.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Il trinomio efficienza-razionalità-qualità - 3. Il processo penale telematico - 4. La remote justice: verso la variazione fisiognomica del procedimento penale - 5. L’ineluttabilità del cambiamento entro i confini costituzionali del due process - NOTE


1. Premessa

Circa due anni fa l’Italia, alla stregua del mondo intero, è stata (s)travolta dall’emergenza pandemica da SARS-CoV-2. La dilagante diffusione del Covid-19, oltre ad avere comportato una radicale trasformazione della quotidianità dei singoli individui, ha inciso sensibilmente sulla sfera pubblica: numerosi sono stati, infatti, i suoi risvolti pratici sull’economia statale nonché sul tradizionale funzionamento delle istituzioni attraverso le quali vive e opera lo Stato. Nonostante sia fuor di dubbio che la pandemia abbia messo a dura prova tanto l’economia quanto la solidità funzionale dell’intero ordinamento, non può negarsi che i provvedimenti adottati, a livello sia interno [1] sia sovranazionale, allo scopo precipuo di farvi fronte, hanno offerto – e tutt’oggi continuano a farlo – svariate potenzialità di ricostruzione sistemica senza precedenti. In tal senso, basti pensare al cd. “Recovery fund”, ovverosia a quel complesso di somme che l’Unione Europea ha stanziato nell’ambito del programma Next Generation EU, in funzione della fuoriuscita degli Stati membri maggiormente in difficoltà dal guado generato dal Covid-19 e, altresì, del rilancio dell’economia europea all’insegna della transizione ecologica, della digitalizzazione, della competitività, della formazione nonché, infine, dell’inclusione sociale, territoriale e di genere. Destinazioni, quelle del secondo blocco appena citato, che, in maniera non poi così tanto velata, s’intersecano con il conseguimento di standard apprezzabili in materia di Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals-SDGs). La possibilità che la recentissima “stagione eccezionale”, formalmente conclusasi in data 31 marzo 2022, si riveli – cosa che, in verità, sta già accadendo – una valida occasione per sottoporre l’esistente ad alcune variazioni strutturali e, più nello specifico, alle modifiche suggerite dall’esperienza pratica maturata durante l’emergenza epidemica sembra trovare una conferma in quanto accaduto in passato [2]. Negli anni Novanta, difatti, il quadro normativo processual-penalistico è stato più volte ritoccato in corrispondenza al verificarsi di situazioni altamente insidiose per la stabilità ordinamentale: si pensi, [continua ..]


2. Il trinomio efficienza-razionalità-qualità

Sempre più di frequente si assiste a continui richiami all’efficienza giudiziaria [12], la cui vera essenza, però, sembra oggi essere divenuta inafferrabile o, comunque, di difficile individuazione. La crescita esponenziale dell’attenzione riservata a tale nozione, difatti, si è tradotta in una proliferazione di accezioni della medesima così tanto diverse tra loro a tal punto che il suo significato pare oramai essere stato dai più travisato o, quantomeno, sfumato e fatto coincidere con altre e già note categorie dogmatiche, che però finiscono col tradirne la reale portata e rilevanza. La sinonimia con l’efficacia da un lato e l’effettività dall’altro, ossia con due nozioni che, pur nella loro ontologica diversità, si pongono in stretta correlazione con essa, sono soltanto due delle distorsioni prodotte dall’inarrestabile interesse che, sia a livello nazionale sia oltralpe, si nutre nei confronti dell’efficienza processuale [13]. Quel che, però, desta maggiore preoccupazione è la sua sovrapposizione al diverso principio, di rilevanza costituzionale (art. 111, comma 2, Cost.) e convenzionale (art. 6 § 1 Cedu), della ragionevole durata del processo [14], che, in verità, riesce a coglierne soltanto una sfumatura. Come meglio si comprenderà a breve, è proprio da questa visione riduttiva, che si sta affermando prepotentemente tra i banchi parlamentari (e non solo), che occorre prendere le distanze: essa, infatti, oltre a mortificare la caleidoscopica complessità del­l’ef­fi­cienza giudiziaria, sembra esporre, anziché sottrarre, la giurisdizione penale al rischio di una, quantomeno parziale, involuzione. È, pertanto, giunto il momento di provare a fare un po’ di chiarezza. Del resto, gli scenari dischiusi dall’emergenza pandemica da Covid-19 nonché, più di recente, dalle risorse monetarie messe a disposizione dall’Unione Europea al fine di consentire all’Italia – e, in generale, a tutti gli Stati membri – di risalire la china, come già anticipato, suggeriscono (rectius, impongono) di non persistere sulla via dell’inerzia dinanzi all’imperversare di interpretazioni dell’efficienza della macchina processuale che, oltre a essere di dubbia correttezza, non è escluso possano, nel [continua ..]


3. Il processo penale telematico

L’emergenza epidemica da SARS-Cov-19, oltre ad avere generato gravi rischi sistemici, si è presto rivelata, un «formidabile laboratorio di sperimentazione» [30] sia di istituti nuovi sia di forme di utilizzo di meccanismi già esistenti ulteriori rispetto a quelle tradizionali. Avuto riguardo al profilo di nostro principale interesse, v’è da dire che la pandemia ha determinato una diffusione senza precedenti della cd. giustizia digitale, intesa quale summa delle differenti potenzialità funzionali offerte dalla tecnologia [31]. Se, infatti, in una primissima fase il Governo, allo scopo di contenere il numero dei contagi, ha impresso un blocco alla realizzazione delle attività giurisdizionali non urgenti, in un secondo momento ha, invece, optato per il riconoscimento di inediti spazi operativi a istituti e/o meccanismi che, coessenziali ai processi smaterializzati, valevano ad assicurare un’apprezzabile continuità operativa all’enforcement penalistico [32]. Di talché l’apparato giurisdizionale penale, che sino a quel momento sembrava quasi aver vissuto “fuori dal tempo”, essendosi, con costanza e caparbietà, sottratto alla rivoluzione digitale nel frattempo in atto, si è ritrovato ex abrupto a dovere accantonare ogni ritrosia e a “subire” un’inconsueta variazione dei propri comuni schemi operativi [33]. Con ciò non si vuole, di certo, sostenere che nel periodo pre-pandemico alla tecnologia era stata negata ogni possibilità di accesso alla giustizia penale ma, più semplicemente, evidenziare come l’autore delle leggi, animato da un atteggiamento misoneista oltreché miope, sino a tale momento si sia perlopiù limitato ad accordarle angusti, seppure via via sempre più ampi, spazi operativi (si pensi alla videoregistrazione quale forma di documentazione nonché agli strumenti cognitivi a elevato coefficiente tecnologico – cd. digital forensic). Tra l’altro, la Giustizia penale 2.0 [34] coniata dalla legislazione emergenziale non sembra destinata a scomparire, atteso che – ed è qui che risiede l’aspetto di maggior pregio – in qualche misura verrà stabilizzata. Del resto, delle somme del Recovery fund confluite nelle casse dello Stato italiano ben 133 sono i milioni da destinare alla realizzazione di [continua ..]


4. La remote justice: verso la variazione fisiognomica del procedimento penale

Sin qui ci si è soffermati soltanto su uno degli elementi di cui si compone la poliedrica figura della giustizia digitale e, segnatamente, su quello che sembra suscitare il minor numero di perplessità [41], sebbene lo stesso, analogamente alle altre potenzialità funzionali offerte dalla tecnologia e sperimentate durante il periodo pandemico, sfugga sia alle categorie concettuali sia agli schemi operativi tradizionali, di cui oramai siamo assuefatti. Adesso è, però, giunto il momento di spostare l’attenzione sul contenuto della legislazione emergenziale che, forse in assoluto, ha fatto più discutere, ovverosia l’estensione della sfera applicativa dei meccanismi comunemente denominati di partecipazione a distanza alle attività procedimentali [42]. Il fatto che uno dei dibattiti più accesi si sia sviluppato attorno a tale tema non desta particolare stupore, in quanto l’utilizzo di strumentazioni audiovisive per finalità probatorie o meramente partecipative (artt. 146 bis e 147 bis disp. att. c.p.p.) – nato, nell’ambito della giustizia criminale, quale «forma di contrasto nei confronti della criminalità organizzata (specie di stampo mafioso)» [43] e soltanto in un secondo momento, a seguito di una serie di interpolazioni [prima fra tutte quella operata dalla l. 23 giugno 2017, n. 103 (cd. riforma Orlando [44])], giunto a conquistare nuovi scranni [45] – da sempre fa discutere. In limine, v’è da dire che l’autore delle norme emergenziali, animato dal duplice scopo di garantire continuità al funzionamento della macchina giudiziaria e, altresì, di impedire che i tribunali, a causa dell’imperversare su scala globale della epidemia, potessero trasfigurarsi in moltiplicatori di contagi, ha sì dato vita a una smaterializzazione processuale senza precedenti ma ha, altresì, ricollegato la sua operatività all’andamento della curva epidemica. Detto altrimenti, la “fortuna” applicativa dei collegamenti da remoto coniati dal legislatore dell’emergenza, lungi dall’essere stata costante lungo l’ultimo biennio, a mo’ di fisarmonica, è (perlomeno in astratto) aumentata e diminuita a seconda del numero dei contagi registrati. Gli ultimi provvedimenti normativi intervenuti sul tema (d.l. 30 dicembre 2021, n. 228 conv., con [continua ..]


5. L’ineluttabilità del cambiamento entro i confini costituzionali del due process

La giustizia digitale, complessivamente intesa, non può essere considerata come una semplice parentesi la cui esistenza è dipesa dal sopraggiungere dell’emergenza pandemica da Covid-19. Al contrario, essa va colta come un’opportunità per accrescere l’assai contenuto livello di efficienza che oggi, in Italia, purtroppo caratterizza il settore dell’amministrazione della giustizia penale. Perché la digitalizzazione possa rivelarsi uno strumento efficace ai fini, dapprima, della implementazione e, in un secondo momento, del consolidamento del livello di efficienza giudiziaria, occorre innanzitutto sgomberare il campo dall’errore concettuale che, purtroppo, offusca gran parte dei giudizi espressi con riferimento alla figura de qua. L’elemento inquinante, in particolar modo, lo si rinviene nella tendenza a operare una netta distinzione tra i singoli elementi di cui si compone il modello della digital justice e, soprattutto, a considerare gli stessi alla stregua di monadi, suscettibili, in quanto tali, di valutazioni di segno diametralmente opposto. Siffatto approccio è doppiamente insidioso, perché, da una parte, sembra subire una qualche influenza misoneistica e, dall’altra, poiché si traduce in visioni parcellizzate del processo penale digitale, così impedendo ai suoi fautori di cogliere e apprezzare la poliedricità della Giustizia criminale 2.0. L’affermazione di visioni riduttive della digital justice è tutt’altro che innocua, concorre al suo mancato successo e, in particolar modo, alla dispersione delle valide opportunità funzionali offerte dalla panoplia di strumenti altamente sofisticati a essa consustanziali. Eppure, come s’è visto, tali istituti, oltre a garantire un riallineamento dei tribunali al tempo in cui operano, potrebbero facilitare la fuoriuscita della giustizia penale dalla condizione di crisi in cui versa da decenni oramai. Ciò che, naturalmente, richiede la realizzazione di riforme strutturali e normative tese, a un tempo, a ovviare all’odierna rigidità dell’assetto organizzativo nonché, d’altra parte, a indicare i confini entro i quali le logiche della smaterializzazione-informatizzazione processuale possono affermarsi e operare senza andare a discapito degli imperativi costituzionali che orientano e delimitano il corretto esercizio delle funzioni [continua ..]


NOTE