Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Sistema delle fonti di diritto e conflitto ermeneutico fra le due Corti (di Roberto Rampioni)


La Corte di giustizia dell’Unione Europea chiarisce che la interpretazione offerta dell’art. 325, paragrafi 1 e 2, TFUE impone al giudice nazionale la disapplicazione delle disposizioni interne in materia di prescrizione nel limite in cui tale disapplicazione non comporti la violazione del principio di legalità per la insufficiente determinatezza della legge applicabile o per la applicazione retroattiva di una normativa che impone un regime di punibilità più severo di quello vigente al momento della commissione del reato.

La Corte di giustizia elude, invece, il principale interrogativo proposto dalla Corte costituzionale: se sia riconoscibile alla Corte di giustizia un potere normativo diretto anche in materia penale e, più in generale, se sia attribuibile alla regola coniata in sentenza dal giudice valore di fonte normativa o se, invece, il cd. diritto giurisprudenziale vivente sia in contrasto con i «principi supremi» dell’ordinamento costituzionale italiano.

Sources of law and hermeneutic conflict between the two Courts

The European Union Court of Justice explains that the interpretation offered by art. 325, paragraphs 1 and 2, TFUE imposes at the national judge to disapplicate the internal laws in matter of prescription as long as the disapplication doesn’t violate the legality principal for insufficient law determination or for retroactive application of the rule that imposes a punishment standard more severe than the one in force at the moment of the crime commission.

The Court of Justice, instead, evades the main quaestion proposed by the Constitutional Court: if it’s recognizable to the Court of Justice a direct rule making power also in criminal law and, in general, if it’s imputable at the rule formed in sentence value of law source or, instead, if the jurisprudencial rights comes in conflict with the «supreme principles» of the Italian constitutional system.

 
GLI INTERROGATIVI DELLA CONSULTA E LE RISPOSTE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA: TREGUA ARMATA PIUTTOSTO CHE COSTRUTTIVO DIALOGO Alle tre questioni pregiudiziali sollevate dalla Corte costituzionale con la nota ordinanza n. 24 del 2017 [1] la Corte di giustizia – Grande Sezione – di Lussemburgo in data 5 dicembre 2017 replica: – col rilevare, in via preliminare, che il procedimento di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE –prescelto dalla Consulta – vale ad instaurare un «dialogo da giudice a giudice», «strumento di cooperazione» che “mira ad assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione nonché la coerenza, la piena efficacia e l’autonomia di tale diritto”; – coll’esaminare congiuntamente le prime due questioni ad essa sottoposte, quelle cioè relative al già affermato [2] dalla Corte di giustizia obbligo di disapplicazione della normativa nazionale, vuoi nell’ipo­tesi in cui “tale omessa applicazione sia priva di una base legale sufficientemente determinata”, vuoi per il caso che “nell’ordinamento dello Stato membro la prescrizione è parte del diritto penale sostanziale e soggetta al principio di legalità”, così che possa profilarsi – nella lettura della Corte di giustizia – un’operatività retroattiva della «regola applicabile»; – col dichiarare, conclusivamente, che “l’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso impone al giudice nazionale di disapplicare, nell’ambito di un procedimento penale riguardante reati in materia di imposta sul valore aggiunto, disposizioni interne sulla prescrizione, rientranti nel diritto sostanziale nazionale, che ostino all’inflizione di sanzioni penali effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea o che prevedano, per i casi di frode grave che ledono tali interessi, termini di prescrizione più brevi di quelli previsti per i casi che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato, a meno che una disapplicazione siffatta comporti una violazione del principio di legalità dei reati e delle pene a causa dell’insufficiente determinatezza della legge applicabile, o dell’applicazione retroattiva di una normativa che impone un regime di punibilità più severo di quello vigente al momento della commissione del reato” [corsivo dell’autore]; – coll’affermare, peraltro, che “non è necessario rispondere alla terza questione, quella con la quale si è inteso chiedere alla Corte di giustizia se la sentenza dell’8 settembre 2015 “debba essere interpretata nel senso di imporre al giudice penale [continua..]

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Fascicolo 2 - 2018